Quando la censura è di sinistra

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di Vincenzo D’Anna*
E’ celebre il racconto mitologico di re Mida, colui che aveva ricevuto dal dio Dionisio la capacità di trasformare in oro tutto quello che toccava. Ebbene, la sua straordinaria capacità è diventata una locuzione famosa per descrivere chi è particolarmente fortunato o dotato negli affari e nelle cose della vita. In politica questo “tocco magico” che trasforma il male in bene, appartiene agli uomini che militano nella sinistra italiana. Ancorché siano ormai da decenni orfani del credo marxista e del fallimento dello Stato degli uguali, costoro non hanno ancora rinunciato alla presunzione di una superiorità etica o meglio ancora di una doppiezza morale. Tranne qualche frangia residuale di comunisti e socialisti, la maggior parte di questi si è addirittura messa a professare – per quanto in maniera confusa e contraddittoria – il credo liberale frutto di fresche e parziali letture, arrivando finanche a definirsi maestri e pretendendo di volerne verificare la corretta cognizione in coloro che la praticavano in tempi non sospetti, vale a dire quando i nostri cari sinistrorsi si muovevano sotto il simbolo di falce e martello. Una storia che viene da lontano  alimentata dal folto gruppo di intellettuali, artisti, registi, uomini di spettacolo che nel dopoguerra erano diventati organici al partito  di Palmiro Togliatti. Combriccole salottiere, arricchite di libri, film e premi letterari, illustravano il comunismo come l’unico sistema capace di redimere l’umanità dalle ingiustizie sociali. Spesso lo facevano per darsi un tono da contestatori e da radical chic nell’epoca in cui la Democrazia Cristiana governava il Belpaese. Iconica la definizione di Ennio Flaiano: “sono comunisti perché mangiano il pesce con il coltello”. Ed è così che sia in vita che in morte i “compagni” ricevevano attestasti di superiorità morale e politica a prescindere dalle contraddizioni e dagli errori di cui pure era stata costellata la loro esistenza. Tutti gli altri? Venivano considerati alla stregua di esseri che vivevano una condizione sub culturale ed etica. Insomma: brutti, sporchi e cattivi. Un altra modalità di santificare quelli di sinistra era quella di farne delle icone, dei modelli riveduti e corretti di quelli che erano stati una volta, ormai mondati e trasfigurati nella loro vera essenza. Ripuliti da ogni colpa ed errore. Per dirla tutta: alzati sugli altari dalla chiesa di via delle Botteghe Oscure ed elevati al rango di simboli da imitare da parte delle masse. Queste icone avevano un continuo ricambio ed un aggiornamento costante partendo da personaggi meritevoli come ad esempio Antonio Gramsci e Giuseppe Di Vittorio per poi scadere con figure vuote e farlocche come “il plagiatore” Roberto Saviano oppure qualche pubblico ministero d’assalto, puntualmente finito nelle liste del partito rosso. E’ anche accaduto che si guardasse all’estero, prendendo ad esempio quei personaggi che meglio si prestavano al momento contingente della politica italiana. E’ stato questo il caso di Luiz Inácio Lula da Silva, attuale presidente del Brasile. Sindacalista marxista, poi diventato socialdemocratico dopo la caduta del muro di Berlino, Lula è stato eletto per ben tre volte alla carica più importante del paese sudamericano. Nel 2016 però fu coinvolto in un’inchiesta giudiziaria, l’Operação Lava Jato (Operazione Autolavaggio), con l’accusa di aver ricevuto denaro dalla Petrobras e favori da parte di alcune imprese. In quel tempo alla presidenza c’era una sua compagna di fede politica, Dilma Rousseff, la quale, per sottrarlo alle indagini, gli conferì la carica di ministro. Tale nomina fu però annullata per vie giudiziarie e per Lula finì male. Condannato, in primo grado, a 9 anni di carcere per corruzione, riuscì lo stesso a fare politica. In appello, però, si vide comminare ben 12 anni di pena. Sentenza poi confermata anche in cassazione. A quel punto non gli rimase altro da fare che consegnarsi alla polizia e finire dietro le sbarre. Nessuno fiatò in Italia. Nessuno disse niente. Le elezioni presidenziali in Brasile? Furono vinte dalla destra di Jair Bolsonaro, guarda caso, subito accusato di essere stata la vera causa occulta delle disgrazie del “compagno” Lula. Il neo premier fu letteralmente bersagliato dai giornali e dai partiti della sinistra che lo sottoposero ad una costante fuoco di fila fatto di critiche e delegittimazioni. Lula, alla fine, fu considerato “candidabile” dalla suprema corte potendo così tornare in libertà dopo meno di due anni trascorsi in carcere. Ritornato in campo, rivinse di un soffio le elezioni contro Bolsonaro e si riaccomodò a palacio do Planato, con  rinnovato candore, come  se nulla fosse accaduto. In questi giorni il redivivo Lula, ha ordinato la chiusura del social X (ex Twitter), dopo aver imposto agli altri social di render noti gli aderenti. Il provvedimento è scattato dal momento in cui Elon Musk, proprietario del noto social network, non ha soddisfatto la richiesta di nominare un rappresentante legale nel paese sud americano. In soldoni: il proletario ed ex sindacalista premier brasiliano ha…oscurato uno dei canali social più utilizati sulla faccia della Terra. Il motivo? Critica e disdoro verso le istituzioni ( Lula ed il suo governo )!! Pensate se una decisione del genere fosse stata presa da un politico di destra: apriti cielo!! Dagli al fascista oscurantista e nemico della libertà!! Eppure nel Belpaese attraverso i social e le fake news organizzate da Casaleggio e Grillo,  c’è stata una forza politica – il M5S – che è addirittura assurta al potere. E sempre tramite la rete il governo Meloni viene continuamente “bastonato”. Possibile che non un politico né un sodale della nota ditta Travaglio & C. abbia aperto bocca!? I “ sinceri democratici”, come amano definirsi quelli di sinistra, non si curano più della libertà di stampa? Possibile che quando la censura viene da sinistra tutto è lecito?Passerà molto altro tempo perché questa particolare genia, che ha governato per anni senza il conforto delle urne, possa allinearsi alla politica che rinuncia all’azione solo del discredito altrui ed all’ausilio della magistratura politicizzata.
*già parlamentare