L’ESTETICA DEL MASOCHISMO OSSESSIVO: RAINER WERNER FASSBINDER E PAUL VERHOEVEN

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di Mariantonietta Losanno

%name L’ESTETICA DEL MASOCHISMO OSSESSIVO: RAINER WERNER FASSBINDER E PAUL VERHOEVENIl corpus cinematografico di Rainer Werner Fassbinder è impressionante – quasi leggendario – se si considera in rapporto al tempo in cui è stato realizzato, cioè in soli tredici anni di attività: trenta lungometraggi, tre cortometraggi, due film televisivi superiori alle tre ore e due serial superiori alle dieci, cinque riprese di spettacoli teatrali. A tutto questo si aggiungono i lavori drammaturgici e radiofonici. Questa «mitologia» non è sfuggita ai mass media, che hanno focalizzato l’attenzione sull’aura scabrosa (che caratterizza anche Michael Haneke) che ha sempre circondato il regista e il suo «clan». Fassbinder è stato l’espressione forse più esemplare del Nuovo Cinema Tedesco, non tanto da un punto di vista stilistico o di poetica (d’altra parte l’affinità tra Fassbinder, Herzog, Wenders, Schlömdorff è stata negata a più riprese da ciascuno degli interessati, che si sono definiti tutti dei grandi individualisti), quanto da un punto di vista produttivo. L’influenza del regista tedesco nella produzione hanekiana è sondabile attraverso più di un’opera. Una tra queste, forse più emblematica, è “Liebe ist kälter als der Tod”, primo lungometraggio di Fassbinder, dedicato a Chabrol, Rohmer e Straub. “L’amore è più freddo della morte” (traduzione italiana del titolo) perché l’effetto e il bisogno dell’altro, costretti nello schema dei rapporti sociali borghesi, si trasformano in una gelida disperazione senza orizzonti, che lascia soltanto il tempo di reagire senza dare una ragione di quello che si sta facendo.

Lo squallore della vita interiore dei personaggi è pari solo a quello dell’ambiente in cui vivono: locali poveri e asettici, resi ancora più insopportabili dal bianco accecante della fotografia. Fassbinder – come Haneke – accompagna lo spettatore, un passo dopo l’altro, verso lo scoppio finale della violenza. Alcuni elementi esplicativi appaiono qua e là (così come in “Funny Games” è possibile notare alcuni indizi come la caduta del cellulare di Susanne Lothar/Naomi Watts in acqua o i guanti dei due invasori/drughi): lo squallore della vita familiare, la volgarità degli ambienti, il linguaggio caratterizzato da un’apparente banalità. La presenza di Fassbinder in Haneke sta proprio nel fatto che le loro opere non cercano colpevoli: le cose si dipanano una come conseguenza dell’altra e il Male, che sembra connaturato alla condizione quotidiana, non potrà avere che il fatale esito di un atto gratuito.

%name L’ESTETICA DEL MASOCHISMO OSSESSIVO: RAINER WERNER FASSBINDER E PAUL VERHOEVENSe Fassbinder è stato caratterizzato da un’aura scabrosa, Paul Verhoeven ha generato una vera e propria contestazione. Il suo ultimo film “Benedetta” (2021), presentato in anteprima al Festival di Cannes, tra peccati sessuali e blasfemie ha suscitato scandalo e indignazione. Basato su una storia vera, l’opera distrugge il senso comune delle cose; le zone d’ombra del desiderio stimolano la carne, al punto da stravolgere i concetti di oscenità e pudore. Anche lo spettatore è spinto ad analizzare e confessare le proprie zone d’ombra: “Benedetta” non fa sconti religiosi o bigotti: è tutto estremo, è tutto vitale perché brutale.

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