di Mariantonietta Losanno
Nel maggio del 1977 il capolavoro di Ettore Scola veniva presentato al festival di Cannes. È senza dubbio un film intenso e significativo che dopo quarant’anni non perde il suo valore. È una storia (o meglio l’intreccio di due storie, quella storica e politica, e quella sentimentale all’epoca ancora più complessa), che non può non restare impressa, è una realtà che non lascia indifferenti, è un prezioso documento storico testimonianza di un’epoca.
6 maggio 1938: Hitler è in visita a Roma. Subito dopo i titoli i testa, gli spezzoni dei cinegiornali dell’Istituto Luce ci mostrano le immagini di quel memorabile giorno. Fervono i preparativi della trionfale accoglienza, gente d’ogni quartiere affluisce ai Fori Imperiali, mentre la radio si appresta a celebrare il fatidico avvenimento. Anche la radio, oltre ad avere come scopo l’intrattenimento e l’informazione, funge da strumento di guerra, in quanto offre un’opportunità propagandistica che un regime totalitario non poteva lasciarsi scappare. Moglie e madre modello, Antonietta (Sophia Loren) mette in ordine le divise del marito e dei sei figli, prossimi ad unirsi alla sfilata. Lei rimane a casa, intenta alle faccende domestiche. Ma nonostante non partecipi all’evento, anche per lei quel giorno si trasforma in “una giornata particolare”: per un caso fortuito conosce Gabriele (Marcello Mastroianni), annunciatore dell’Eiar (trasmissione radiofonica fascista), fresco di licenziamento. Sarà un’occasione del tutto casuale, la fuga del pappagallo di casa, a portare Antonietta a bussare alla porta del suo dirimpettaio. Dopo questo primo incontro sarà Gabriele ad andare da lei, con la scusa di regalarle un libro per il quale poco prima lei aveva mostrato un grande interesse. Colpita soprattutto dai modi eleganti e dalla cortesia che mostra quell’uomo, agli antipodi rispetto all’atteggiamento volgare e rozzo del marito, Antonietta si intrattiene a parlare con quello sconosciuto tanto affascinante e gentile, tanto da invitarlo a bere un caffè, e ha modo anche, nel corso della conversazione, di esprimere tutta la sua ammirazione nei confronti del Duce, mentre Gabriele non nasconde invece critiche e perplessità. Sopraggiunta la portinaia, Antonietta viene a conoscenza di alcune dicerie sul conto del suo occasionale ospite. Gabriele decide di confessarle la sua omosessualità. Inizialmente sbigottita e offesa, Antonietta reagisce con violenza, ma alla fine si lascia convincere dalla sua sincera confessione. Ritornano entrambi nei loro appartamenti. A questo punto però, è Antonietta a sentire il bisogno di raggiungere di nuovo Gabriele, non solo per scusarsi per la sua reazione, ma anche per confidargli la sua frustrazione, la sua profonda amarezza. Trovandosi abbracciati, verranno trascinati al rapporto d’amore, mentre fuori echeggia l’inno delle SS. Finita la parata, la gente fa ritorno a casa. Antonietta ascolta distrattamente il marito, ordina la cucina. Resta a leggere qualche pagina del libro de “I tre moschettieri” regalatole da Gabriele, mentre si accorge che due agenti lo stanno prelevando per portarlo al confino. Rassegnata, ritorna in camera da letto dal marito.
Siamo nell’epoca della totale intolleranza. Due individui umiliati e offesicercano di prendere coscienza della propria individualità, totalmente repressa e schiacciata. È la storia che annienta l’individuo. Una storia crudele, che precede lo scoppio della seconda guerra mondiale, che non è più soltanto un conflitto fra forze armate, ma una guerra totale, ideologica, il racconto di una follia umana. Collocare nel 1938 questa storia di solitudine e amicizia, di emarginazione e solidarietà, amplifica la portata della vicenda. Emerge il continuo contrasto tra il vissuto e la storia, tra i sentimenti e le convenzioni, tra le ragioni dell’individuo e quelle della politica. L’incontro tra due diverse solitudini ha cambiato le persone, ma non ha cambiato la storia. Nonostante questo, la trasgressione c’è stata, almeno nella memoria di chi l’ha vissuta. È la rassegnazione ad avere un ruolo prescritto ad andare in crisi: il dovere di lavorare e la reclusione domestica per lei, il dovere di andare al confino e l’impossibilità di lavorare per lui. L’esperimento temerario di due interpreti chiamati a ribaltare gli stereotipi a cui devono gran parte della loro popolarità riesce perfettamente, si evince dagli sguardi, dai gesti e dai particolari, quanto le loro personalità interagiscano precisamente insieme.
“Una giornata particolare” si dimostra efficace e coraggioso nel voler demolire gli aspetti più aberranti della dittatura, che investe e persuade, attraverso il mito del Duce, ogni aspetto dell’individuo. Non sono solo due personaggi emblematici, Antonietta è la donna tipica del regime, relegata ad un ruolo inesistente nella società, Gabriele è la voglia di evadere, di esprimere dignitosamente la propria essenza, ma sono anche la rappresentazione drammatica e esaustiva di una pagina della nostra storia.
È un dover rendere omaggio e ricordare un film del genere, soprattutto per noi italiani. Oltre ad essere un atto di ribellione e di denuncia, è una pellicola ancora attuale, per quanto oggi non ci sia la dittatura fascista, ma la presenza di altri tipi di dittature diverse, ma non per questo meno dannose e pervasive.