di Mariantonietta Losanno
6 – Norma Rae di Martin Ritt (1979)
Anni ’70, Alabama (sud degli Stati Uniti). Norma Rae lavora in una filanda dove le condizioni di lavoro sono terribili. In mancanza di un sindacato, le paghe, i ritmi di produzione, gli orari, e le condizioni igieniche e sanitarie sono dettate dai cinici padroni e dirigenti. Ma Norma Rae reagisce con l’aiuto di un sindacalista venuto da New York. La sua è una battaglia diversa, perché in questo caso parliamo di una donna, il che le comporta l’opposizione di una serie di luoghi comuni e pregiudizi con cui è difficile fare i conti. È un’eroina, una donna forte e coraggiosa che cerca con tutte le sue forze di cambiare una realtà sociale immobile da troppo tempo. È una donna vera, che affronta ingiustizie e sconfitte, ma che con tenacia raggiunge i suoi obiettivi. L’emancipazione femminile è lontana anni luce, i neri sono discriminati, i diritti civili inesistenti. Un film che permette di immedesimarsi in tipi di eroi giusti, umani, che lottano nel quotidiano.
7 – Full Monty di Peter Cattaneo (1997)
L’industria siderurgica di Sheffield (Gran Bretagna), a partire dagli anni ’90, è stata pesantemente colpita dalla crisi. Due disoccupati si ingegnano per trovare degli espedienti per andare avanti, all’inizio tentano di guadagnare qualcosa con piccoli furti, fino a avere un’idea geniale: dar vita a uno spogliarello maschile, coinvolgendo altri disoccupati, ognuno alle prese con i propri tentativi di sopravvivenza. Il film è capace di rendere con un’ironia al limite, tra il sarcasmo e il surreale, la drammaticità della situazione che sei uomini (soggetti tipo della generazione) vivono. Oltre al tracollo finanziario c’è quello emotivo. Ma non ci si perde d’animo, ci si mette in gioco, e si tenta qualsiasi rimedio pur di farcela. Sono messe a nudo (termine più che adatto al contesto) le frustrazioni di tanti disoccupati che faticano ad andare avanti, ma non solo: c’è tanto coraggio, ostinazione e un pizzico di sfrontatezza. Che serve sempre.
8 – Riff Raff di Ken Loach (1991)
Londra 1990. Steve riesce a trovare un lavoro in un cantiere edile, dopo un breve periodo in carcere per furto. Le relazioni tra il datore di lavoro e gli operai sono brutali, i diritti dei lavoratori totalmente calpestati e, in più, le condizioni del cantiere li sottopongono a pericoli costanti. Steve si innamora di Susan, una ragazza sbandata e aspirante cantante. La loro storia sembra alleviare la pessima qualità del lavoro, ma non regge le tensioni di una vita senza alcun ideale. Loach mostra la visione realistica della Gran Bretagna nel periodo di Margaret Thatcher, dove si lavorava al limite della sopportazione fisica e mentale. Il finale del film rappresenta la volontà di reagire con ogni mezzo alle politiche padronali autoritarie. Un film duro, impegnato, diretto. Un’immagine di Londra da non dimenticare.
9 – Omicron di Ugo Gregoretti (1963)
L’operaio Angelo Trabucco viene ritrovato morto sulla riva del Po. Al momento dell’autopsia si rianima e comincia a muoversi : il suo corpo, in realtà, è stato impossessato da Omicron, un extraterrestre che prepara l’invasione della Terra. Questo alieno sviluppa una serie di capacità meccaniche e per questo viene riassunto in fabbrica. Non possiede facoltà intellettive, il che lo rende un operaio modello. Si può mettere in atto il meccanismo perfetto di produzione: sfruttare un infermo per aumentare il fatturato. Se gli si risvegliasse l’intelligenza e la parola non potrebbe essere manovrato allo stesso modo. Il film di Gregoretti è una metafora sotto forma di film di fantascienza: Trabucco è una creatura alienata e mercificata, un uomo inesistente. È una pellicola in grado di mostrare quanto sia infetto il nostro pianeta e quanto ci si possa spingere oltre qualsiasi limite pur di aumentare i ritmi produttivi, per annullare la coscienza morale e “installare” quella operaia.
10 – Due giorni, una notte di Jean-Pierre e Luc Dardenne (2014)
Sandra ha solo due giorni e una notte per convincere i suoi colleghi di lavoro a non votare a favore del suo licenziamento, in cambio però sono costretti a rinunciare a un bonus di produzione. È una vera e propria corsa contro il tempo, e Sandra impiega tutte le sue forze, bussando casa per casa ad ogni singolo collega per non perdere il lavoro. Ma com’è è possibile convincerli? C’è chi si nega, chi ha paura, ma anche chi ha la capacità di sostenerla. Sandra è un personaggio così vero, è una donna fragile, ma che trova lo stesso la forza di reagire senza umiliarsi. L’esito della battaglia diventa superfluo, quello che conta è la volontà di battersi, con dignità e coraggio. Il finale del film senza alcuna colonna sonora permette di sentire solo il dolore di fondo. I sentimenti che i fratelli Dardenne riescono a suscitare sono veri, profondi, tangibili. Un film intimo, necessario, essenziale.