“ZOO LOCK DOWN”, ANDREAS HORVATH: OSSERVARE L’IMMOBILITÀ

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di Mariantonietta Losanno 

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Presentato alla 26esima edizione di Festival Cinemambiente Zoo Lock Down di Andreas Horvath ci riporta al recente passato e alla pandemia.

La pandemia – in riferimento, soprattutto, al primo lockdown – ha inevitabilmente stabilito delle priorità. Dei lavori prioritari, delle necessità da anteporre ad altre. La realtà degli zoo è stata sicuramente relegata ad un livello inferiore, meno essenziale. La possibilità che (ci) offre Andreas Horvath, fotografo e regista austriaco, è quella di osservare da vicino – quasi riuscendo a toccare con mano – il mondo degli animali, anch’esso immobile a causa del COVID-19. Zoo Lock Down è un’indagine accurata di tanti piccoli movimenti di diverse specie animali. Il modo in cui si rilassano, girovagano indisturbati, entusiasti di essere liberi di godersi la loro quotidianità. Una dimensione così privata viene resa pubblica: un paradosso?

%name “ZOO LOCK DOWN”, ANDREAS HORVATH: OSSERVARE L’IMMOBILITÀCi sono scimmie, coccodrilli, pesci, lemuri, leoni, bradipi. C’è sempre chi si prende cura di loro, chi dà loro da mangiare, chi si occupa della loro crescita e della loro salute. A questa immobilità si immagina possa associarsi un silenzio assoluto, data la mancanza di spettatori. Eppure, prevalgono i suoni – amplificati – e i versi degli animali, spesso concitati, non morbidi. Poi il regista utilizza un espediente, che sembra quasi reale: inserisce la traccia audio degli spettatori assenti. Si sentono, così, risate o pianti dei bambini, persone che si muovono o si cercano, rumori dei passi. Questo escamotage consente un lavoro diverso di immaginazione; è possibile visualizzare le migliaia di persone che occupano gli spazi deserti, anche solo dai loro suoni. Si possono percepire persino le sensazioni, sembra tutto così reale. Quegli stessi spazi, però, sono in realtà vuoti. Siamo stati tutti fermati. È stata rallentata la corsa, bloccata, blindata. Abbiamo ubbidito, per il bene di tutti (ci ha unito anche la percezione del destino comune), ma pensando ognuno per se stesso. Quello che si immagina sentendo quelle “interferenze”, allora, cos’è? Quello che sarebbe accaduto se ci fossero state realmente delle persone, o quello che sarebbe accaduto se la pandemia non avesse cambiato gli equilibri? Provocando, cioè, un’alterazione di alcuni concetti, come quelli di “spazio”, “solitudine”, “aggregazione”. %name “ZOO LOCK DOWN”, ANDREAS HORVATH: OSSERVARE L’IMMOBILITÀ

Andreas Horvath – incuriosito – si limita ad osservare (senza invadere spazi di libertà) i gesti e le espressioni degli animali. Ci si domanda se per gli animali sia stata una liberazione appropriarsi degli spazi (propri) o se la presenza di visitatori non fosse, in realtà, una violazione della loro intimità. Quali sono e quali potrebbero essere le soluzioni per consentire loro di vivere meglio? Di sentirsi liberi anche di fronte a tanti spettatori, di non sentirsi padroni dei luoghi che abitano, che non devono essere occupati per il gusto di farlo, ma con consapevolezza. Un rinoceronte è intento a passeggiare solitario dietro una staccionata, alcune scimmie, invece, si avvicinano alla macchina da presa. Sembrano sereni, in pace con loro stessi. Lo sembravamo – all’epoca – anche noi (un “noi” che sta realmente per tutti), durante quello stesso periodo? Cos’era realmente – sia per le persone che per gli animali – quello stato d’animo, una sensazione di pace o un sintomo di solitudine?