ROMA – Pazienti letteralmente fuori controllo, un piano del Viminale certamente inefficace, con i presidi delle forze dell’ordine ad oggi insufficienti nelle grandi strutture sanitarie metropolitane, soprattutto agenti totalmente assenti dopo la mezzanotte, con i pronto soccorsi che diventano “porto franco” di sbandati, tossicodipendenti, ubriachi e cittadini esagitati.
Dalla Campania alla Lombardia abbiamo vissuto l’ennesima settimana di terrore per gli infermieri. Basta una scintilla e potrebbe davvero scapparci la tragedia.
«L’abbiamo nuovamente sfiorata nell’ultima settimana. Siamo arrivati ai coltelli e ai manganelli nelle corsie dei pronto soccorsi. A Nocera Inferiore, grande comune campano, solo pochi giorni fa, un paziente è stato bloccato con un manganello pieghevole in tasca. Lo ha brandito per ore contro gli infermieri.
All’alba di sabato 12 maggio, erano le 6 del mattino, al pronto soccorso del Niguarda, siamo a Milano, una paziente, una donna di 27 anni, in evidente stato di agitazione, ha minacciato gli infermieri con un coltello per poi cominciare a dare in escandescenza e a ferirsi da sola.
La polizia è arrivata sul posto solo perché allertata dal personale sanitario. A quell’ora, in un pronto soccorso grande come quello del Niguarda, può succedere di tutto. Medici e infermieri dopo la mezzanotte si ritrovano letteralmente abbandonati a se stessi.
Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.
«Non esiste un solo ospedale, lo possiamo affermare con cognizione di causa, che da Nord a Sud garantisce la presenza continuativa di un agente dopo la mezzanotte. E con “i favori del buio” nei pronti soccorsi può accadere davvero di tutto.
Eppure il Ministero degli Interni aveva promosso a gran voce il presunto aumento dei presidi delle forze dell’ordine».
Nel 2020 si è cercato di arginare questa problematica attraverso la legge 113 del 14 agosto “Disposizioni in materia di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni”, approvata praticamente all’unanimità ed entrata in vigore il 24 settembre dello stesso anno. Una legge su cui, dice De Palma, fummo chiamati anche noi a dire la nostra in Parlamento. In sostanza la normativa ha previsto che le ipotesi in cui le lesioni siano cagionate al personale esercente una professione sanitaria o sociosanitaria costituiscono una circostanza aggravante speciale che inasprisce le pene (art. 583 quater codice penale).
Pertanto, in caso di lesioni gravi è prevista la reclusione da quattro a dieci anni e in caso di lesioni gravissime da otto a sedici anni. Inoltre, anche fra le aggravanti comuni (art. 61 del codice penale) è stato inserito un riferimento al personale sanitario e sociosanitario.
L’inasprimento delle pene, per una situazione che è ormai divenuta a tutti gli effetti un’emergenza sociale avrebbe dovuto rappresentare un passo importantissimo e un segnale dell’impegno dello Stato per la tutela degli operatori sanitari. Tuttavia, a quasi tre anni dall’approvazione, questa normativa, che per la verità non abbiamo mai giudicato davvero positivamente, non ha sortito alcun effetto positivo sulla riduzione delle aggressioni nei confronti degli operatori sanitari. A cosa serve di fatto inasprire le pene a fatti già avvenuti?
Proprio per questo si continua a discutere della possibile approvazione di una ulteriore normativa che renda tutti gli operatori sanitari pubblici ufficiali, per il momento di fatto lo sono solo i medici, opzione che in sede di approvazione della legge 113/2020 era stata scartata. Infatti, secondo il legislatore se da una parte tale qualifica avrebbe tutelato gli operatori sanitari vittime di reati con pene più dure a carico dei responsabili e con la procedibilità d’ufficio per un numero maggiore di casistiche; dall’altra avrebbe attribuito loro maggiori responsabilità, con un bilanciamento sproporzionato.
Poco o nulla pare essere mutato nemmeno con il recente decreto sulla procedibilità d’ufficio.
La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto legislativo 31/2024 che modifica il codice penale in tema di procedibilità d’Ufficio per il reato di lesioni personali e di procedibilità a querela del reato di danneggiamento, almeno per il momento, si sta rivelando infruttuoso.
«Se questo voleva e doveva essere un deterrente per fermare le aggressioni, fin qui non è cambiato nulla, dice ancora De Palma. Il fenomeno delle violenze è in costante ascesa e ha assunto una brutalità spaventosa. Siamo di fronte ad una vera e propria piaga sociale.
E se siamo arrivati alle armi nei pronto soccorsi, è sintomo di un reale male di vivere, di una rabbia che va arginata sul nascere solo con la presenza degli agenti, 24 ore su 24, e sette giorni su sette», chiosa De Palma.