ROMA – Una pericolosa paralisi, una “crescita zero o quasi” che rappresenta, in questo particolare momento storico, il dato certamente più preoccupante che emerge analizzando i dati ufficiali del personale infermieristico (parliamo di infermieri prima di tutto perché sono loro a mancare all’appello e non certo i medici!) che ci vengono forniti ogni anno dal Ministero della Salute e che si riferiscono ad oggi al biennio precedente a quello attuale (ovvero abbiamo nelle mani i dati del 2022).
Proviamo a confrontarli con quelli del 2021 e quelli del 2020 e ancora quelli del 2019.
2022 – infermieri dipendenti SSN 268.013
2021 – infermieri dipendenti SSN 264.768
2020 infermieri dipendenti SSN 264.686
2019 infermieri dipendenti SSN 256.429
Cosa emerge da tutto questo? Che certamente rispetto al fabbisogno di professionisti sanitari della popolazione italiana, sempre più crescente, una popolazione che come noto viaggia verso il costante invecchiamento, non c’è affatto quel picco di crescita di professionisti dell’assistenza di cui avremmo bisogno.
I dati parlano chiaro: ad oggi, gli infermieri dipendenti che lavorano nel nostro SSN sono appena 12mila in più, ed è evidente che non è questa la risposta di cui abbiamo bisogno in termini numerici.
E’ questa la disamina che giunge dai vertici del Coina, Coordinamento Infermieristico Autonomo, attraverso la voce di Marco Ceccarelli, il Segretario Nazionale.
«Tutto questo equivale a dire, sottolinea Ceccarelli, che tra gli inevitabili pensionamenti, da una parte, quindi le uscite dei professionisti che terminano il proprio percorso lavorativo, e i nuovi laureati in netto calo rispetto al passato, ma soprattutto tra fughe all’estero e dimissioni volontarie, ma soprattutto tra concorsi che vanno per la maggior parte deserti per le offerte economiche decisamente poco soddisfacenti, e alla luce di una politica, nazionale e regionale, che non spinge affatto sull’acceleratore delle assunzioni, come dovrebbe essere e come i sindacati si aspettano, e cerca strade traverse e tortuose che non aiutano la stabilità del sistema (vedi il piano di assunzione di professionisti stranieri e ancora la ricerca di figure surrogate come il caso dei famosi Super Oss del Veneto), il nostro SSN, per quanto riguarda la carenza degli infermieri, che rappresenta la piaga numero uno da risolvere, non ha compiuto affatto passi in avanti negli ultimi 4 anni!
«E’ evidente che siamo nella condizione di dover denunciare nuovamente le politiche fallimentari, sia quella nazionale che quelle regionali, in relazione ad un risanamento della carenza infermieristica che di fatto non sta avvenendo e che non sembra affatto destinato a delinearsi.
Dove sono i capillari piani di assunzione, da Nord a Sud, finalizzati a fornire nuove dotazioni agli organici?
Dove è quel massiccio investimento, nelle nostre risorse umane, che il Governo osa definire unico, asserendo che nessun altro esecutivo, prima di questo, aveva investito tanto negli uomini e nelle donne della sanità?
Dove sono gli abbattimenti dei tetti di spesa e soprattutto dove sono le linee guida per ridurre le liste di attesa delle nostre realtà sanitarie?
Ma soprattutto dove è quella valorizzazione economica e contrattuale che i professionisti dell’area non medica attendono legittimamente da tempo?
Se oggi, continua Ceccarelli, siamo alle prese con una “crescita zero” del Sistema Salute, è evidente che non andremo lontano, e che lo squilibrio che si è creato tra le uscite dei professionisti e un ricambio generazionale per lo più assente, ci condurranno inevitabilmente verso una voragine di infermieri che si tradurrà, dai qui ai prossimi tre anni, in una perdita del 30% di professionisti.
Possiamo davvero permetterci tutto questo alla luce delle nuove sfide da vincere?».