“L’IMPORTANT C’EST D’AIMER”, ANDRZEJ ZULAWSKI: UNA DISTRUZIONE PIENA DI AMORE

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di Mariantonietta Losanno 

%name “L’IMPORTANT C’EST D’AIMER”, ANDRZEJ ZULAWSKI: UNA DISTRUZIONE PIENA DI AMORELa prima scena di L’importante è amare sintetizza gli intenti di tutta l’opera: un’attrice a cavalcioni su un cadavere, sul set di un film porno, è costretta a dire «Ti amo». Come può convivere l’amore con una tale crudeltà? Nonostante tutto, l’importante è amare. 

Atmosfere oniriche, amplessi surreali, censure, violenza: è assurdo pensare come Zulawski riesca a parlare di amore nelle sue opere. Il suo è un amore inteso come follia, come espressione di quella spudoratezza indicibile che resta impressa per sempre nella mente dello spettatore. Il Cinema che mette in scena Zulawski è “pericoloso e geniale”. Ne L’importante è amare viene rappresentata una passione talmente forte da trasformarsi in un’ossessione: il regista sembra voler indagare quel confine che separa l’amore dalla malattia, l’istinto più nobile da quello più vile. La protagonista di questa vicenda è Nadine Chevalier, un’attrice sulla strada del declino, finita a lavorare nel porno per guadagnarsi da vivere. Sul set incontra e s’innamora del fotografo Servais Mont, nonostante sia sposata con Jacques, attore disoccupato che si fa mantenere da lei. Mont rimane affascinato da Nadine e, nell’intento di risollevare la sua carriera, decide di finanziarle uno spettacolo teatrale (il Riccardo III) arrivando persino ad indebitarsi con uno strozzino. L’incontro con l’attrice riporta Mont ad una rimessa in discussione di se stesso: seppur vissuto con intensità, il suo amore non troverà mai appagamento. La sensazione è che non ci sia mai riscatto, l’amore resta sempre inespresso o irrisolto; i personaggi sprofondano sempre di più nel loro “inferno personale” fatto di ricatti, sofferenze, forme di depressione. Non è un caso, infatti, che l’amore del fotografo nei confronti di Nadine resti sempre accennato e desiderato, ma sempre incompiuto. Zulawski mette in scena un ritratto lucido di pessimismo: oltre a delle profonde riflessione sul cinema e sul teatro, ci sono soltanto sconfitte, sentimenti destinati al disfacimento, rabbia e dolore. E, allora, è ancora vero che “l’importante è amare”? Probabilmente il cinema di Zulawski presuppone una fascia di spettatori “predisposti” ad andare “oltre”, ad immergersi in un’atmosfera opprimente e cupa dove non sempre c’è una via di salvezza. Il filo conduttore però – per assurdo – resta l’amore. Lo sforzo sta nel riuscire ad entrare in contatto con personaggi tanto disperati e autodistruttivi, riuscendo a gestire il grado di disagio e di drammaticità. Essere sopra le righe, dunque, sembra essere la prerogativa essenziale per comprendere il cinema – disperato o addirittura malato – di Zulawski. 

%name “L’IMPORTANT C’EST D’AIMER”, ANDRZEJ ZULAWSKI: UNA DISTRUZIONE PIENA DI AMORE“L’importante è amare” è il primo film girato al di fuori della Polonia: dopo la censura de “Il diavolo”, infatti, Zulawski decise di emigrare in Francia. Il regista cerca di esprimere la frustrazione di una passione che non riesce a concretizzarsi: in un mondo perverso in cui regnano violenza e sopraffazione, i protagonisti sono isterici e le situazioni portate all’eccesso, l’amore resta intatto. Il “male” di Zulawski ha una strana accezione. Così come l’arte, intesa come atto simbiotico e distruttivo. “L’importante è amare” si presenta, allora, come una “distruzione piena d’amore”. È un cinema sofferto e crudele, che tende alla follia, costantemente in bilico sull’orlo di un precipizio: l’importanza risiede nell’ammirare, non nel possedere.