ROMA – «Con la serenità, ma nel contempo anche la coerenza e la fermezza che ci contraddistinguono, visto che l’Assessore Bertolaso continua a difendere a spada tratta il progetto delle sue missioni all’estero per reclutare professionisti sanitari stranieri (si parla di minimo 500 in arrivo dall’America Latina entro fine anno) e si è lamentato dell’azione di critica di sindacati come il nostro, asserendo che invece starebbe lavorando ad una svolta epocale, a questo punto ci sentiamo in dovere di replicare alle sue dichiarazioni.
Bertolaso ci fa sapere, ancora una volta con toni trionfalistici, che ha in mente un progetto unico nel suo genere che addirittura ci renderebbe il primo paese europeo ad attuare un percorso di quel tipo.
L’Assessore al Welfare della Regione Lombardia promette che i professionisti sanitari stranieri che arriveranno in Italia non serviranno solo a tappare le falle della carenza di personale (ci consenta Bertolaso di nutrire seri dubbi in tal senso!).
Anzi, il progetto prevede addirittura una cooperazione bilaterale con paesi come Argentina e Paraguay. I professionisti saranno formati in modo adeguato una volta giunti in Italia, non saranno gettati nella mischia dalla sera alla mattina, lo assicura Bertolaso, e dopo qualche anno potranno tornare nel proprio paese natio, forti dell’esperienza accumulata, per essere sostituiti da altri che farebbero il medesimo percorso».
Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.
«Ci permetta Bertolaso di volerci vedere chiaro. Lo scorso dicembre, gli infermieri arrivati dall’America Latina e inseriti subito nell’Asst Varese furono formati per sole 4 settimane! Un solo mese di corso di lingua italiana caro Bertolaso!.
Vorremmo ricordarle che la Germania, prevede, per un professionista sanitario italiano, al pari della Norvegia, un corso di lingua locale di ben 9 mesi con una full immersion di 6 lezioni a settimana.
Se Bertolaso afferma che saremo il primo paese europeo che non attuerà una politica “aggressiva” nei confronti di nazioni che rischiano di perdere in massa i propri professionisti, indebolendo ulteriormente, come fa il Regno Unito, i già precari sistemi sanitari che li caratterizzano, ci chiarisca allora i dettagli e i contenuti di questo innovativo progetto di formazione che addirittura prevede che gli infermieri, arricchiti della propria esperienza italiana, tornino un giorno a casa propria per rappresentare un valore aggiunto per il proprio Paese.
Ci scuserà Bertolaso se nutriamo un ulteriore fortissimo dubbio: ammesso e non concesso che la Lombardia intenda investire ingenti risorse per formare questi infermieri, invece paradossalmente di utilizzarle per valorizzare i propri, vorremmo innanzitutto sapere quanto durerà il corso di lingua italiana e soprattutto se accanto ad esso i professionisti sudamericani studieranno anche il nostro non banale alveo normativo sanitario.
Può toglierci, Bertolaso, ogni dubbio sul fatto che, come accaduto già con l’esempio di Varese, non verranno messi subito a contatto con i pazienti, dal momento che urge coprire carenze di personale che si aggravano giorno dopo giorno in una Lombardia che è al primo posto per mancanza di infermieri (ben 9mila)?
E poi, è tanto sicuro l’Assessore che, una volta concluso il percorso di lavoro pro tempore in Italia, questi professionisti decideranno davvero di tornarsene a casa, dove la crisi sociale è forte, e gli stipendi molto più bassi di quella che noi chiamiamo soglia di povertà?
E da ultimo, non certo per importanza, è così certo, Bertolaso che, dopo qualche mese di lavoro in Italia, questa gente, che non ha alcun legame con la nostra terra, non decida di spostarsi di soli 30 Km dalla Lombardia, ed andare a lavorare nella zelante, generosa ed ospitale Svizzera?», conclude De Palma.