AVERSA – Nota stampa da parte di Pasquale Iorio, di Piazze del Sapere, che continua a domandarsi per quale motivo non sia ancora arrivata la beatificazione per Don Peppe Diana: “Nella sua bella intervista rilasciata il 19 marzo 2021 su Repubblica, la sorella Marisa Diana pose un interrogativo alla Diocesi di Aversa: per quale motivo procede così a rilento la procedura per la beatificazione di don Peppe Diana, diversamente da come è avvenuto in Sicilia con don Puglisi, massacrato dalla mafia. Nel corso del dialogo con Raffaele Sardo, Marisa ricorda che questo era anche un auspicio, una speranza della madre, che purtroppo è deceduta senza vedere realizzato il suo/sogno.
Per la verità anche noi, sia pure da un’ottica laica e culturale, da tempo ci siamo posti questa domanda che abbiamo avanzato in diverse occasioni, anche in un incontro pubblico alla Feltrinelli con don Sagliano (coautore di un libro su don Peppino, definito “solo un prete”). In quella occasione ci rispose che c’erano problemi tecnici per avviare il percorso, in particolare di costi necessari a sostenerlo. Per la verità questa motivazione ci è apparsa poco convincente, per cui oggi in occasione del 30 anniversario della barbara esecuzione di don Peppino riproponiamo il quesito alla chiesa, cioè alla Diocesi di Aversa, ma anche alle associazioni ed alle istituzioni (a partire dal comune di Casal di Principe) di sollecitare la procedura necessaria. A tal fine si può costituire un comitato promotore, sotto la direzione della Diocesi, così come è stato fatto in Sicilia a suo tempo. Come ci ricorda don Rosario Giuè autore di un libro fondamentale su don Diana, dal titolo evocativo “Il costo/della/memoria”. Finora ancora non è stata fornita una risposta chiarificatrice, nemmeno una spiegazione convincente a questo interrogativo avanzato anche dalla sorella e dalla madre di don Peppe. Per questi motivi oggi ritorniamo su questo tema, che a noi appare decisivo per ricordare in modo degno – non solo con richiami retorici – un martire simbolo della lotta per la legalità democratica, per il riscatto civile e religioso delle nostre terre. In primo luogo sono chiamati a rispondere quelle associazioni che più di ogni altro portano avanti questa battaglia, a partire da Libera e dal Comitato don Diana, a cui si può affiancare anche la rete delle Piazze del Sapere e del FTS Casertano, delle istituzioni locali per rilanciare un fronte unitario della mobilitazione contro la camorra. Così come è avvenuto con tante buone pratiche per l’uso sociale produttivo dei beni confiscati nella zona aversana, ma anche in altre realtà della Regione Campania. In una bella nota Antonio Fontana ha ricordato gli anni giovanili e l’amicizia con don Peppino. In conclusione anche lui sottolinea: “Un aspetto non chiaro del comportamento della chiesa nei confronti di don Diana, è il ritardo incomprensibile della “pratica” di beatificazione. Io non sono credente e poco interessato a che sia fatto beato, ma la grandissima parte dei cattolici casalesi e non, dopo trent’anni di attesa, si domanda perché mai la chiesa non ha avviato la pratica o almeno non se ne sa niente, anche negli ambienti vicini alla curia vescovile. Si deve supporre che il “prete ribelle”, il seguace del gesuita Pintacuda, il prete anticamorra… il nostro don Peppe non trovasse consensi all’interno della curia e tra i prelati locali, timorosi di esporsi sulle vicende criminali. Forse non si saprà mai che cosa ha impedito, finora di arrivare a una conclusione sulla beatificazione, ma sono convinto, come diceva anche Peppe, che la chiesa locale di allora era poco determinata nella condanna della camorra”.