– di Christian Mancini –
Nell’articolo 27 della Costituzione Italiana si sancisce chiaramente che la pena inflitta al criminale non deve contravvenire al senso di umanità e, soprattutto, deve avere come obiettivo la rieducazione del colpevole. Questo principio fondamentale, tuttavia, viene spesso ignorato nel sistema penale italiano, con gravi conseguenze per la società nel suo complesso.
Secondo alcuni esperti del diritto, coloro che hanno il potere di garantire il rispetto di questo principio si aggrappano a scuse insensate per evitarne l’applicazione. Frasi come “non c’è lavoro per gli onesti, figuriamoci per i delinquenti!” o “i criminali non cambiano mentalità” vengono utilizzate per giustificare l’inerzia delle autorità nell’affrontare il problema.
Secondo gli esperti Riccardo Vizzino e Adriano Spagnuolo Vigorita di questa mancanza di attenzione è evidente: grazie anche alle depenalizzazioni e alle frequenti riduzioni delle pene, i criminali pensano di poter eludere la giustizia e godersi un “soggiorno gratuito” dietro le sbarre. Questo atteggiamento crea un circolo vizioso in cui la società nel suo complesso è la vera vittima.
Inoltre, le truffe nel settore assicurativo causano danni non solo alle compagnie, ma anche agli onesti cittadini che si vedono costretti a pagare premi più alti per compensare le perdite. Questi criminali, oltre a commettere reati, danneggiano l’intera società.
La mancanza di percorsi adeguati di rieducazione e reinserimento per i detenuti peggiora ulteriormente la situazione. La maggior parte dei detenuti non riceve un’adeguata formazione per prepararli al reinserimento nella società, il che li rende più propensi a tornare alla criminalità una volta fuori dal carcere.
È importante, dunque, attuare politiche penali che rispettino i principi costituzionali e che mirino veramente alla rieducazione e al reinserimento sociale dei criminali. Solo in questo modo si potrà rompere il circolo vizioso della criminalità e proteggere la società nel suo complesso.