– di Francesca Nardi –
Non ci sarà mai una morte che non definiremo “improvvisa” a causa del rifiuto ostinato, di chi lotta per allontanarne il verificarsi, nel suo ibrido significato, né una morte sarà mai così priva di cause, da essere definita “improvvisa”, il cui autentico e compiuto senso, è appunto l’assenza di cause. Alla notizia della “morte improvvisa” di Navalnyi, il disgusto ha superato la pietas e persino il dolore è stato travolto da un fiotto amaro di sdegno. “Disgusto e Sdegno”, istinti residuali di ciò che fu la piena coscienza di sé, cui spetta l’ultima licenza prima di cedere risucchiati da ciò che, per rendere presentabile la volgarità del mercato dell’informazione, si chiama mainstream e dall’abominio cronicizzato del politically correct. Oggi, con quel che resta della luce morente, generosamente concessa dal grande fratello, assistiamo infine, alla fase terminale del vilipendio della libertà che, senza ragione né logica alcuna, l’ordine mondiale aveva decretato in danno di un uomo, per accondiscendere ai capricci del potere di un altro. (al particolare intrigante dell’ordine mondiale ci si arriva nel tempo, dopo analisi frustranti e faticose, su ciò che si annida negli spazi e nelle pause) La morte di Navanlyi non ha nulla d’improvviso, se non lo squarcio che la grandinata di rancore, ha provocato nel silenzio imposto. Nel 2024, mentre le coreografie più avanzate e le ipotesi più inverosimili, ci sbattono da un polo al suo opposto, lasciandoci entusiasti fino al delirio o stecchiti dalla più orrenda delle paure, in virtù delle diverse opinioni sulla intelligenza artificiale, noi, de facto, accettiamo che si vieti il libero pensiero, che qualcuno scopra la parete di fondo dell’aberrazione mentale e ne sperimenti fisicamente e psicologicamente gli effetti, che esistano allo scopo prigioni di ghiaccio, che si infliggano torture inenarrabili e sovente invisibili, che si decretino condanne medioevali, si impongano privazioni e punizioni primitive a chi non vive in posizione prona e… non perché la sua struttura ossea non glielo permetta e… non perché sia afflitto da paralisi cervicale ma vivaddio!,…perché non vuole!, e con scienza e coscienza evita di utilizzare il secondo lobo del cervello che, immaginiamo deputato a convogliare le energie nella genuflessione. Nel 2024, a distanza di 55 anni dall’orgoglioso allunaggio ad opera di una società evoluta, così evoluta da far giustizia sommaria fin da allora della parte migliore di sé, nel 2024 noi continuiamo ad avallare de facto ciò che di mostruoso avviene, per opera di alcuni compagni di viaggio…L’orrore che, attraverso parole come queste, mostreremo di nutrire nei confronti della morte improvvisa di Navalnyi, è soltanto un altro abominio che fa il pari con i cartelli che invocano la libertà per Assange, candidato ad un’altra morte improvvisa. Qualcuno dice che non si può far nulla e quello è uno Stato sovrano…e se ad una madre è negato l’ultimo abbraccio al figlio morto, noi avremo la possibilità di tornare sull’argomento e scrivere…scrivere…ciascuno con la piena facoltà di rendere più o meno gradevole il prodotto … perché noi siamo liberi…liberi di scrivere ciò che non arrechi disturbo agli interessi politici di qualcuno, rispettando non già i nostri sentimenti umanitari ma quei sentimenti altrui che siano direttamente proporzionali al mercato azionario X. La morte improvvisa è quella destinata ai dissidenti ma è anche la giusta metafora, applicabile al destino di tutti coloro, che allontanandosi dal sistema, iniziano il loro percorso di morti viventi. Hasta la vista!