(f.n.) – “C’era una volta un re…seduto sul canapè…che disse alla sua serva: raccontami una storia…e lei incominciò…c’era una volta un re…etc etc…”…Ebbene, da qualche tempo, in ossequio alla trasparenza e all’orgoglioso desiderio, nonché dovere, di informare il popolo sovrano, circa le brillanti iniziative che l’efficientissimo protettorato Sanità & Affinia guida Gubitosa, pone in essere o meglio, avrebbe in mente di porre in essere, l’astuto Amedeo Blasotti, Dg dell’Asl casertana, sembra offrire di sé un’immagine virtuale che ricorda un re satollo e soddisfatto, che ama riascoltare le sue gesta… E noi siamo contenti… anzi entusiasti che nella sconfinata fucina di menzogne, interessi trasversali, cofecchie politiche e via col tango argentino figurato, si pensi a salvare almeno la faccia ed una tranche di immagine…E pertanto si mettono assieme al residuo di coscienza, le cosiddette “carte a posto”, attraverso una pioggia salutare di atti e deliberazioni, la cui lettura, soddisfi tutti coloro che, fortunatamente immuni sia dal desiderio di conoscere a fondo il sistema, sia dalla necessità di confronto, tra il deliberato, l’annunciato, il dato per scontato ed il relativo corrispondente pratico, si limitano a leggere, applaudire e a passare oltre. Ebbene…un esempio calzante di “chiacchiere de facto avvacanti” in bella copia, regolarmente protocollate e con tanto di timbro dell’Asl, ci è fornita dalla disposizione della direzione della GRU dell’Asl, a firma dottoressa Concetta Cosentino e dottor Giuseppe Tarantino, relativa all’art.2 co7 CCIA-CCNL Comparto Sanità 2019-2021. Si tratta di una disposizione che fa specifico riferimento all’art.2 co.7 rubricato “Mensa e Pausa” che ribadisce indicazioni precise per i dipendenti, con riferimento alla pausa pranzo, secondo quanto previsto dal contratto. A rendere ancora più incisivo il tutto, ma soprattutto l’obbligo per quanti in indirizzo, a far sì che le norme di legge di contratto vengano correttamente applicate, le due righe finali della disposizione, opportunamente sottolineate. Ebbene …ce la va sans dire che tali disposizioni, dovrebbero avere nella realtà quotidiana, un riscontro addirittura ferreo, a partire dai presupposti che, proprio perché si danno tacitamente per scontati, dovrebbero essere fisicamente evidenti all’interno degli edifici dell’Asl. Tra questi il più elementare consiste nel fatto che, è pur vero che la mensa non è obbligatoria, ma sicuramente lo è uno spazio adibito a refettorio, o no? In particolare quindi, companeros…esiste sì, come si legge nella norma, il diritto alla pausa pranzo nel caso di un turno di lavoro di oltre 6 ore, ma non esiste alcun obbligo di mensa aziendale. Ciò non significa che ogni Azienda, possa sentirsi autorizzata a trascurare in toto, la gestione della pausa pranzo dei propri dipendenti. Ed a questo proposito è appena il caso di evidenziare che il testo unico sulla sicurezza sul lavoro, il decreto legislativo 81/08 prevede l’obbligo per le aziende in cui oltre 30 dipendenti rimangono nell’azienda durante gli intervalli, di fornire all’interno della propria sede uno o più ambienti destinati ad uso refettorio, muniti di sedie e di tavoli…Non è assolutamente nelle nostre intenzioni apparire irriguardosi nei confronti del grado di attenzione e della memoria di chicchessia, ricordando che anche in questa occasione, appare fondamentale ciò che si presume e si dà per scontato, ed in questo caso si tratterebbe delle caratteristiche degli spazi, che l’azienda sarebbe obbligata a mettere a disposizione dei dipendenti, come refettorio…e cioè ambienti in cui si possa consumare un pasto sia pur frettoloso, in maniera confortevole e sicura, con una giusta aereazione, il riscaldamento durante i mesi invernali, illuminazione sufficiente ed un livello decoroso di pulizia e igiene. Inoltre non vi è alcun riferimento all’effettiva fornitura dei pasti…si parla, infatti, di sala pranzo ma non si parla di cucina né di addetti mensa o similari. Si deduce quindi che al di là dell’obbligo per le aziende con oltre 30 dipendenti, il datore di lavoro può decidere di non allestire alcun servizio di mensa aziendale interna. E veniamo a noi…come da disposizione dell’Azienda, si presume che per consumare il proprio pasto il dipendente debba uscire dalla propria sede di lavoro. E nel caso malaugurato che il dipendente in questione si infortuni, fuori dalla sede di lavoro? Chi paga? Cosa succede? Poiché siamo nell’ambito delle supposizioni, visto che non vi è alcun passaggio formale in cui, nella disposizione dell’Azienda, figuri che il dipendente esca dalla sede di lavoro…se lo stesso si infortuna la responsabilità sarà completamente sua, n’est pas? In conclusione…per evitare che il dipendente esca ed incorra in incidenti e soprattutto in considerazione dell’economia generale del lavoro e delle pause, sarebbe opportuno che l’Azienda osservasse le norme ed in questo caso proprio il D.Lgs 81/2023 aggiornato…Invece, come al solito le carte si mettono a posto e poi…tir a’ campà…tanto…a chi pungerà mai vaghezza di controllare? Appunto! E non finisce qui…dal momento che al disagio che si viene a creare all’ora della pausa pranzo, in alcune specifiche UOC, si è rimediato potenziando a dismisura, l’usuale indifferenza nei confronti delle regole e… non potendo ovviamente contraddire con i fatti “le carte a posto”, con cialtronesca solerzia, si è allestito una sorta di cucinotto da campo proprio negli uffici del Personale…Hasta la vista companeros!