Hans Asperger utilizzò il termine “autistichen psycopathen” per definire un disturbo con sintomatologia simile a quella descritta da Kanner per i suoi soggetti, ma con capacità cognitive nettamente superiori. Risentendo in maniera cospicua delle teorie di Bleuer sulla schizofrenia, l’autore ipotizzò che alla base del disturbo ci fosse un’anomalia dell’affetto e/o dell’istinto. Si trattava infatti di bambini, in età da 6 a 11 anni, con un buon linguaggio e buone capacità cognitive, ma con interessi ristretti e stereotipati e con scarsa empatia e difficoltà a capire i messaggi sociali. Li descriveva come saccenti, piccoli professori ma con difficoltà nell’uso delle espressioni facciali e dei gesti, nella modulazione della voce e nel rispondere appropriatamente ai messaggi non verbali dei loro interlocutori. Erano inoltre goffi, con scarsa consapevolezza dei movimenti del loro corpo nello spazio. La caratteristica più ovvia in tali bambini era il danneggiamento dell’interazione sociale bilaterale. Questo non era primariamente dovuto al desiderio di sfuggire al contatto sociale; il problema sorgeva da una mancanza di abilità nel capire ed usare le regole che governano il comportamento sociale. Il grado di abilità a riconoscere queste regole varia fra persone normali, ma quelle affette dalla sindrome di Asperger mostravano un’ingenuità particolare, mancanza di intuito ed empatia. Asperger ammise che c’erano molte somiglianze tra la sua sindrome e “l’autismo infantile precoce” di Kanner. Nonostante questo, ritenne anche che fossero diversi perché considerò l’autismo un processo psicotico, e la propria sindrome come un tratto di personalità stabile. L’espressione “autismo di Kanner” viene oggi spesso utilizzata per indicare bambini che presentano caratteristiche classiche, nucleari. Asperger notò invece che il disturbo era molto più frequente nei maschi che nelle femmine, spingendosi addirittura ad asserire che la psicopatia autistica è un’estremizzazione dell’intelligenza e del carattere maschili.
La teoria di Asperger differiva in tre importanti aree da quella precedente di Kanner: 1. Linguaggio: i bambini di Asperger avevano un eloquio scorrevole e un buon vocabolario, mentre in Kanner non si aveva linguaggio o esso non era usato in maniera comunicativa. La comunicazione non verbale è danneggiata in entrambi i casi. Nell’autismo, nei primi anni, può non esserci l’uso di gesti per comunicare; nella sindrome di Asperger tende ad esserci un uso improprio dei gesti per comunicare. In entrambe le condizioni, è caratteristica l’intonazione monotona. 2. Motricità: i bambini di Kanner risultavano impacciati solo rispetto a compiti di motricità complessa; secondo Asperger essi lo erano in entrambi, motricità complessa e semplice. 3. Capacità di apprendere: Asperger definiva i bambini pensatori astratti, mentre Kanner riteneva che essi mostrassero prestazioni più elevate mediante apprendimenti meccanici. Al termine dei lavori si configurarono due quadri diagnostici distinti: l’autismo di Kanner e la Sindrome di Asperger, che compare nel DSM-IV.
Il DSM-IV definisce la Sindrome di Asperger secondo delle difficoltà:
- difficoltà qualitative nel rapporto sociale, manifestandosi con almeno due tra le seguenti:
- difficoltà marcata nell’uso di comportamenti non verbali multipli, come il guardarsi negli occhi, le espressioni facciali, la postura corporea e i movimenti per regolare le interazioni sociali;
- impossibilità a sviluppare relazioni appropriate tra persone di pari livello;
- mancanza di ricerca spontanea per condividere divertimenti, interessi, o obiettivi con altre persone (difficoltà nel mostrare, portare o indicare oggetti d’interesse alle altre persone);
- mancanza di reciprocità sociale ed emotiva;
- modelli di comportamento stereotipati e ripetitivi, manifestati da almeno uno dei seguenti:
- raggiungimento di un’occupazione mentale con uno o più modelli stereotipati e ristretti d’interesse, che sia anormale nell’intensità e nell’attenzione;
- aderenza apparentemente inflessibile a specifici rituali o comportamenti non necessari;
- movimenti corporei stereotipati e ripetitivi (come agitare mani e dita o altri movimenti);
- persistente ed eccessivo interesse per parti di oggetti;
- il disturbo crea difficoltà notevoli nelle aree sociali, professionali o altre aree d’importanza notevole per la vita di tutti i giorni;
- non esiste un significativo ritardo nelle abilità linguistiche;
- non esiste un significativo ritardo nello sviluppo cognitivo o nelle capacità appropriate all’età di aiutarsi e di avere un
- comportamento adatto alle circostanze (tranne che nelle interazioni sociali) e curiosità per l’ambiente esterno
- nell’infanzia non ci sono motivi di ritenere che si tratti di una forma di schizofrenia o di un altro Disturbo pervasivo dello sviluppo.
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Articolo interessante e utile a scoprire il mondo complesso dell’autismo!
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Grazie come sempre, per arricchire anche noi leggendo i tuoi articoli.
BUON ANNO 2024
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