di Mariantonietta Losanno
«L’ideale sarebbe quello di formattare gli individui fin dalla nascita limitando le loro abilità biologiche innate. In secondo luogo si continuerebbe il condizionamento riducendo drasticamente l’istruzione, per riportarla ad una forma di inserimento professionale. Un individuo ignorante ha solo un orizzonte di pensiero limitato e più il suo pensiero è limitato a preoccupazioni mediocri, meno può rivoltarsi. […] Affronteremo gli spiriti con ciò che è futile e giocoso. È buono, in chiacchiere e musica incessante, impedire allo spirito di pensare». La riflessione del filosofo Günther Anders si può ricollegare alla presa di coscienza (lucidissima) di Ugo Gregoretti nel suo Omicron. Il protagonista della pellicola è Angelo Trabucco, un uomo inizialmente creduto morto ma in realtà posseduto da Omicron, un abitante del pianeta Ultra, intenzionato ad impadronirsi della Terra. Limitare l’accesso al sapere (senza violenza diretta, ma con persuasione) consentirebbe di creare operai straordinariamente efficienti e uomini completamente inesistenti. È un mondo infetto quello raccontato da Gregoretti; un mondo di alieni, inibiti nell’intelligenza e nella volontà, ma con capacità meccaniche al di sopra della media umana. Per aumentare i ritmi lavorativi, d’altronde, l’unica possibilità è annullare la coscienza morale per installare quella operaia. Non possedendo facoltà intellettive, infatti, gli uomini diventerebbero operai modello. E ciò che è fondamentale – in questo processo – è la disposizione alla disciplina, esercitando un potere (meno visibile e più persuasivo) capace di inscriversi nei corpi rendendoli docili, addestrati, esercitati e sorvegliati. Gli stessi uomini descritti da Michel Foucault nel suo Sorvegliare e punire.
È fondamentale chiedersi come mai il cinema di Gregoretti risponda alla definizione della parola sottotraccia. Dimenticato, nascosto, inesplorato. Eppure, il modo in cui ha raccontato il lavoro attraverso la sua intera filmografia (Contratto, Apollon, una fabbrica occupata, I nuovi angeli, per fare alcuni esempi) richiama – in modo immediato – opere come La classe operaia va in paradiso di Elio Petri, Norma Rae di Martin Ritt. O cineasti come i fratelli Dardenne (Due giorni, una notte o il più recente Tori e Lokita), Jean Luc-Godard (Tout va bien), Ėjzenštejn (Sciopero!) e – naturalmente – Ken Loach. Gregoretti è stato uno dei pochi (se non il solo) che ha saputo mettere in dialogo il fare cinema e il fare televisione con coscienza politica e profonda cultura; la sua filmografia (nonostante la brevità va considerata come un unicum) ha anticipato le riflessioni successivamente approfondite – ad esempio – in Essi vivono (1988), di John Carpenter. Post-mortem, però, è stato – naturalmente – tanto compianto: lacrime (virtuali) di coccodrillo o memoria debole?
La metafora che Gregoretti sviluppa in Omicron (sotto forma di film di fantascienza) rende evidente come il meccanismo perfetto di produzione consista nel rendere gli uomini al pari di creature alienate e mercificate. Inferme, inconsistenti, anestetizzate da qualsiasi contenuto sovversivo. Tutto questo allo scopo di aumentare il fatturato e di esercitare più facilmente un potere altrimenti costretto a scontrarsi con forme di opposizione più o meno corredate da spiegazioni/giustificazioni di natura filosofica o scientifica. Nella prefazione di Alberto Astor Rosa a Passione e ideologia di Pier Paolo Pasolini si descrive il movimento di interesse verso un oggetto che è di natura sempre passionale, quasi fisica; a questo segue l’intelligenza, che si assume il compito di sistemare i risultati di quel primo approccio in quadri definiti e sensati. Passione e ideologia: la congiunzione non è un’endiadi (passione ideologica o appassionata ideologia), né una concomitanza (passione e al tempo stesso ideologia). Vuole essere – se non avversativo – almeno disgiuntivo: prima passione, ma poi ideologia. La passione, per sua natura analitica, lascia il posto all’ideologia, per sua natura sintetica. Da qui, si può dedurre come proprio annullare l’intelligenza possa produrre uomini simili a pedine utilizzabili nel processo di autoriproduzione capitalistico. Pedine, o meglio robot, golem (l’“alieno” di Omicron viene accusato di essere fatto di ferro), privi di pensiero (si potrebbe anche aprire una riflessione sul dualismo mente-corpo di Cartesio), di emozione. Il sapere deve restare elitario. Non serve conoscere l’Odissea o la Divina Commedia («È scandalistico», commenta l’alieno costruito da Gregoretti), né Simone de Beauvoir, Alberto Moravia, Gabriele D’Annunzio. Trabucco li sfoglia meccanicamente senza leggerli, sono troppo lunghi, troppo superflui.
«Abolizione dei sentimenti, della volontà, della pietà, della dignità e di altre malattie infettive ereditarie di origine preistorica», è uno dei punti – il terzo – della riforma approvata dai “padroni” in Omicron. Gregoretti li deride realizzando un’opera che rimane aliena alla massa. L’uomo è antiquato. Ora ci sono le macchine.