Sotto la definizione di disabilità intellettiva sono indicati quadri clinici con diversa eziologia, caratterizzati da significative limitazioni che investono sia il funzionamento intellettivo che il comportamento adattivo. L’elemento caratterizzante è rappresentato da una intelligenza che risulta significativamente inferiore al livello atteso rispetto ai parametri normativi definiti tenendo conto dell’età, dello stato socio-economico e del contesto socio-culturale. Fornire una definizione di intelligenza è difficile. Si è ipotizzato esistano più tipi di intelligenza come l’intelligenza astratta, sociale e pratica. Nella pratica clinica per la sua misurazione sono utilizzati diversi tipi di test. I più diffusi sono i test della serie Wechsler. Il numero di prove del test superate permette di valutare, mediante il ricorso a tavole opportunamente elaborate, il Quoziente Intellettivo. Il giudizio finale per l’attribuzione di una significativa limitazione del funzionamento intellettivo è di tipo clinico. Per poter formulare la diagnosi di Disabilità Intellettiva deve anche esserci una limitazione del comportamento adattivo, cioè l’insieme dei comportamenti che permettono all’individuo di adattarsi all’ambiente in cui vive. Vi rientrano le aree della comunicazione, cura di sé stessi, abilità domestiche e sociali, capacità di usare le risorse della comunità, autonomia, abilità nel provvedere alla propria salute e sicurezza, abilità accademico-scolastiche, abilità lavorative e relative alla gestione del tempo libero. Le significative limitazioni del funzionamento intellettivo e del comportamento adattivo che insorgono da adulto, quindi dopo i 18 anni, vanno indicate come demenze o disturbi neuro cognitivi. Si tratta quindi di processi di disorganizzazione di funzioni che erano adeguatamente strutturate nel corso dello sviluppo. Altra implicazione legata al datare l’esordio prima dei 18 anni è quella di voler conferire a questa disabilità le caratteristiche proprie dei disturbi del neuro sviluppo. L’intelligenza viene così considerata come una funzione complessa che si organizza progressivamente nel corso dell’età evolutiva. Questa modalità deficitaria assume espressività variabile nelle diverse fasi dello sviluppo, in rapporto alla maturazione e modifica nel tempo delle circostante interne e esterne al soggetto. Su piano clinico-comportamentale emerge un costante gap tra quello che ci si aspetterebbe che il bambino facesse in rapporto all’età e ciò che il bambino realmente fa. La frequenza della Disabilità intellettiva è valutata dal 2 al 5% della popolazione.
Articolo scritto con assoluta e ormai consolidata chiarezza come nemmeno uno specialista spesso riesce ad esporre.
Purtroppo per noi genitori è una realtà con cui fare i conti ogni istante di ogni singolo giorno.
Cosa dire di più… fortuna che esistono persone,rare, come Maria Rosaria,le quali squarciano il buio con la luce della loro dedizione e intelligenza,mettendola al servizio di chi vive la condizione,e anche di coloro i quali non la vivono.
Spunto molto riflessivo, per un analisi costante nella disabilità intellettiva.
Complimenti come sempre e grazie che ci dedichi tanti articoli, di cui arricchiscono la nostra mente in materia disabilità.
Avere una disabilità intellettiva o rapportarsi con chi ne ha una non è senza dubbio una cosa semplice, ma la scienza però è immensa, perciò non bisogna mai disperare.
Grazie, Dottoressa.
Articolo interessante come sempre grazie
Mi piace la tua esposizione, chiara e semplificata anche per I meno addentrati nella problematica. Intanto mi chiedo quanti bambini rimangono nel proprio isolamento, perché chi gli è vicino, non ha coscienza che si può migliorare la qualità della vita ai meno fortunati!
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