“EDUCAZIONE FISICA” DI STEFANO CIPANI RACCONTA LA SCUOLA, L’IGNORANZA E LA VIOLENZA: È L’ERA – E L’ORA – DI E-DUCAZIONE

0

di Mariantonietta Losanno 

Il sociologo e politologo%name “EDUCAZIONE FISICA” DI STEFANO CIPANI RACCONTA LA SCUOLA, L’IGNORANZA E LA VIOLENZA: È L’ERA   E L’ORA   DI E DUCAZIONE Edward C. Banfield nella sua opera Le basi morali di una società arretrata elabora il concetto di familismo amorale. Individua, quindi, una possibile causa dell’arretratezza nel modo di agire dell’individuo che insegue l’interesse della propria famiglia e mai quello della collettività, applicando regole a-morali, che prescindono le categorie di bene e male. Si tratta di un’espressione patologica, una degenerazione dell’affetto. Un delirio, una spettacolarizzazione. Sono parole comode, queste, in contesti in cui è necessario rivendicare quei confini familiari minacciati da presenze esterne – estranee – che vanno allontanate. O, a seconda dei casi, eliminate, pagate, zittite. Dipende dalla posta in gioco. Esiste il nucleo familiare e poi tutto quello che rimane della società. Esiste un “noi” contrapposto ad un “resto del mondo” verso cui non si prova alcun senso del dovere né si mettono in campo valori di alcun tipo. Va difesa la famiglia. E proprio i genitori – lo sanno tutti – sono disposti a fare e dire qualsiasi cosa pur di proteggere i propri figli. 

Stefano Cipani si misura con un tema complesso che ne racchiude altri altrettanto complessi. Certo, i dettagli poco credibili saltano all’occhio subito, a cominciare dalla fatiscente palestra in cui si incontrano i protagonisti. Si tratta dei genitori di tre alunni di terza media (!) convocati dalla preside per non si sa quale ragione. Fino a quando la motivazione non viene spiegata ognuno di loro fa delle congetture, provando a ricordare una o più colpe recenti. Poi il dubbio viene sciolto: la preside racconta di una violenza (avvenuta proprio nella stessa palestra in cui si trovano) nei confronti di una ragazzina di tredici anni. Una violenza reiterata in cui lo stupro di gruppo è stato anche filmato. I colpevoli sono proprio i figli di quei genitori. Gli stessi genitori che iniziano subito a rivolgere le accuse verso chi ha confessato il fatto e chi, poi, lo ha riportato loro. La ragazzina e la preside sono la causa di quell’incontro che sta facendo loro perdere tempo. Loro hanno voluto che succedesse questo. Loro hanno permesso che si parlasse male dei loro figli. Loro hanno consentito che si accusasse per sfinimento, solo perché non sono state poste le domande giuste al momento giusto. Loro, una sbandata e una mitomane. La prima è stata vista ubriaca ad una festa con un abbigliamento che – intenzionalmente – voleva sedurre, la seconda si è lasciata incantare da racconti deliranti che ha voluto rendere veri. «È ancora un bimbo. È timido», dice una delle madri. Forse quella sbagliata, perché madre di un figlio adottato, non “vero”, come le viene detto da un altro genitore. «Perché ci ha messo tanto tempo a raccontare? Perché non ha urlato la seconda volta che è stata violentata, sapendo cosa stava per accadere?», dice un’altra madre. Un altro padre propone di aprire un gruppo su whatsapp e risolvere la questione così; poi, però, ripensa e arriva ad individuare un’idea ancora più geniale, una somma in soldi idonea a coprire l’accaduto. Somma da dividere tra le due colpevoli, naturalmente. In fondo, i ragazzi si sono solo fatti sedurre, che male c’è a fare l’amore. 

%name “EDUCAZIONE FISICA” DI STEFANO CIPANI RACCONTA LA SCUOLA, L’IGNORANZA E LA VIOLENZA: È L’ERA   E L’ORA   DI E DUCAZIONEIl film, tratto dal testo teatrale La Palestra di Giorgio Scianna, è l’opera seconda di Cipani ed è stato adattato in sceneggiatura dai fratelli D’Innocenzo. Lo stile Carnage (con meno pretese) visto e rivisto non basta ad ignorare la presenza di quei dettagli così poco plausibili. Il fatto che è una preside si rivolga prima ai genitori dei ragazzi accusati (di cui si ha già certezza della colpevolezza) e dopo alla polizia è, infatti, a dir poco inverosimile. E il fatto che la stessa preside si stupisca della reazione di quei genitori è ancora più inverosimile. Ci si affida alle prove attoriali, allora, protagoniste assolute di uno spazio così angusto e malmesso che sembra cadere a pezzi da un momento all’altro. Ed infatti, prima o poi, cade a pezzi davvero. I figli di quei genitori, intanto, aspettano che la “riunione” finisca e nel frattempo giocano a basket all’esterno. Non sono neppure curiosi, neppure origliano i loro discorsi. È tutto sconnesso dalla realtà. Sembra che si tratti di un gioco, ma questo tema – e gli altri connessi – non sono di certo un gioco. E in questo modo le parole perdono il loro valore, sembrando quasi superflue, insignificanti. Proprio le parole che dovremmo (sì, tutti) correggere, imparare ad usare correttamente. Non è un gioco.