– di Vincenzo D’Anna* –
È di queste ore la notizia di un nuovo supposto scandalo scoppiato nel settore dello smaltimento dei rifiuti e nella sanificazione dei plessi ospedalieri. Il campo, per capirci, è quello degli appalti in sanità. Il tutto sarebbe divampato in un combinato disposto ambiente-sanità che in Campania ed in Terra di Lavoro, in particolare, ha sempre camminato di pari passo per quanto riguarda il malaffare. Tuttavia Caserta e la sua provincia per alcuni lustri sono state terreno di scontro tra politica e magistratura, sia per quanto riguarda la percezione dei reati commessi sia per quanto concerne l’azione giudiziaria orientata politicamente, che ha utilizzato le guarentigie delle toghe per non rispondere di alcune improvvide ed infondate iniziative. Queste ultime sempre accompagnate dalle indagini della Dda di Napoli che utilizza massicciamente l’imputazione di “concorso esterno in associazione mafiosa” con la presenza di pentiti. Ebbene tale reato non è previsto nel codice penale ma deriva dalla giurisprudenza (sentenze degli stessi magistrati) e non è tipizzato, nel senso che può essere applicato anche genericamente, per la semplice “messa a disposizione” dell’imputato, senza alcun riscontro fattuale dei vantaggi e dei benefici che questi può aver dato alle associazioni malavitose. Un eclatante caso di questa incongruenza e della interpretazione “a piacere” delle circostanze emerse in dibattimento, è quello che ha visto assolto, per il medesimo reato, il siciliano Raffaele Lombardo e condannato a 10 anni di carcere Nicola Cosentino. Il primo assolto perché non bastava la generica “messa a disposizione”, il secondo condannato perché ritenuta “bastevole”. Insomma chi si ritrova alla sbarra finisce in balia del collegio giudicante e dei suoi umori. Se aggiungiamo l’uso dei collaboratori di giustizia gestiti dai pubblici ministeri e ritenuti credibili anche senza riscontri preventivi, ecco che parlare di “dura lex sed lex” diventa quasi un eufemismo. Basta peraltro ricordare la falcidia di quasi tutto il ceto politico del centrodestra casertano e gli esiti penali di quelle imputazioni a carico di persone ben note e votate, ma poi uscite completamente assolte, per stabile che esista un retaggio storico giudiziario del quale tener conto. Ovviamente la premessa finora fatta non intende confutare alcunché di quanto sospettato dai magistrati, quanto indurre chi quei fatti commenta oppure legge, con gran clamore di stampa, a mantenere una certa cautela. È già capitato in passato che certa stampa abbia assunto per vere le ipotesi delle Procure e così le ha proposte ai lettori dando vita ad una gogna mediatica che di per se stessa è vile ed intollerabile. Allo stesso modo vili ed intollerabili furono i silenzi e le omissioni nelle aule del Parlamento allorquando vanamente fu richiesto di rivedere la legge sui pentiti, chiedendo che questi fossero affidati ad un giudice terzo per una preventiva verifica dei fatti e della attendibilità dei collaboratori di giustizia, e nel contempo tipizzare il fumoso reato di concorso esterno. Sentire oggi il ministro di Giustizia annunciare una riforma in tal senso apre il cuore alla speranza, in un Nazione, la nostra, spesso depredata due volte dai malviventi e dall’ingiustizia. Ma veniamo ai fatti di cronaca che hanno dato la stura a queste riflessioni. La notizia in questione è quella che vede imputate una trentina di persone tra le quali ovviamente spiccano i nomi di ex politici regionali e di un sindaco di un piccolo Comune, che solidalmente ed a vario titolo, avrebbero orientato gli appalti in ambito ambientale e sanitario. La moglie di uno di questi ex consiglieri regionali, già condannato per reati connessi alla malavita e ritiratosi a vivere appunto in quel piccolo Comune, il cui sindaco è stato inquisito, sarebbe stata assunta proprio da quel primo cittadino. Per l’altro ex componente del parlamentino regionale campano, in odore di candidatura europea, non si conosce nel dettaglio quale sia il coinvolgimento. Sul registro degli indagati, segue una pletora di imprenditori e faccendieri non noti al grande pubblico. Ora, se teniamo conto (a voler dare retta alle voci di dentro) che molti amministratori locali o loro parenti sarebbero risultati vincitori nel maxi concorso per 140 posti bandito dall’amministrazione provinciale, oppure collocati in Enti partecipati, il
Problema diventa sistematico. Testimonianza che il nesso tra istituzioni e clientele politiche, favoritismi e nepotismi pare non essersi dissipato affatto in Terra di Lavoro. D’altronde imperversa ancora un atavico modo di fare politica di taluni consiglieri regionali e provinciali, legati politicamente, s’intende, a filo doppio con il governatore Vincenzo De Luca, i quali “fanno e disfano” in provincia, realizzando un’eterna transumanza di eletti, di personaggi politici periferici in cerca di protezione, anche con l’utilizzo di concorsi e gestioni particolari negli enti economici oppure nei famigerati consorzi e stazioni appaltanti. Sempre i ben informati raccontano, forse millantando, di nomi, in quelle graduatorie di assunti, di gente molto prossima a magistrati: una sorta di lassez faire, laisser passer ed un quieto vivere per tutti. Fandonie, Maldicenze e fantasie? Chiunque se lo augura!. Resta però il malcostume che resiste impenitente da tempo e senza alcuna cautela, che purtroppo dequalifica l’intero contesto della politica casertana e che non giova a nessuno. Malaffare o giustizia spettacolo? Lo diranno il tempo ed i processi, quando verranno.