PRAGA, LA PRIMAVERA DIMENTICATA

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–   di Vincenzo D’Anna*   – 

A cosa servono i media e la libera stampa in una nazione come la nostra, dove la cultura è affidata ad una scuola devastata dal pedagogismo d’accatto e dalle mistificazioni delle teorie didattiche di giganti della cultura come don Lorenzo Milani? Interrogativi leciti attorno ad un sistema che ha ridotto l’insegnamento ad un meccanismo “marginale”, rispetto al compito dell’accoglienza e della parificazione sociale: invece di alzare i banchi, le cattedre sono state abbassate ed il corpo docente, sempre più pletorico, si è ritrovato inquinato da schiere e schiere di asini “addottrinati”!! Fin troppo chiaro il principio di fondo: i nostri istituti sono diventati ammortizzatori sociali, meta ideale per disoccupati con titoli di studio, il gran rifugio del cosiddetto “posto fisso” – con appena 28 ore di impegno settimanale in classe – quasi sempre sognato come allocato nei pressi di casa. Un quadro amaro e desolante quello appena tratteggiato, che non suscita più scalpore alcuno nelle famiglie degli alunni per il semplice fatto che buona parte dei genitori si schiera contro la selezione ed il merito ed in favore dei loro amati e benemeriti “bamboccioni”. Ed allora perché scandalizzarsi per il fatto che in questo caravanserraglio si siano cancellate materie fondamentali di studio come la Geografia e la Storia? Di cosa lamentarsi se si sia chiuso un occhio finanche sulla conoscenza e la comprensione della lingua italiana? L’accantonamento della Storia innanzitutto è forse la pietra tombale più grave calata sull’istruzione, perché chi non conosce il passato non può nemmeno comprendere il presente e preparare il futuro!! Storia e Geografia non sono corollari ad altri insegnamenti, bensì materie fondamentali per valutare gli eventi che interessano l’umanità intera. Solo studiandole, infatti, solo approfondendole, potremo “afferrare” il senso completo dei fatti che caratterizzano la cronaca quotidiana : quella dei diritti civici e delle libertà conquistate!! L’ignoranza induce  a considerare il patrimonio di valori e di diritti come acquisito e non come conquistato con sacrificio per essere poi concesso  in usufrutto ai posteri. Alcuni giorni fa, il 20 agosto, è ricorso l’anniversario della fine della cosiddetta “Primavera di Praga”. Con questo termine si intende la stagione riformista e social-libertaria vissuta nell’allora Cecoslovacchia  nel 1968, iniziata il giorno dell’elezione di Alexander Dubček alla guida del partito comunista di quel Paese, fino, appunto, al 20 agosto di quell’anno, quando il tentativo di sottrarsi ai rigori liberticidi del socialismo reale ( marxismo), imposti come dottrina dalla Russia sovietica,  fu stroncato dall’invasione dai carri armati di Mosca e dei propri alleati del “Patto di Varsavia”. Un intero popolo si ribellò, come era già avvenuto in analoghe circostanze nel 1956 in Ungheria (dove il tentativo di riformare il socialismo voluto del premier Imre Nagy, fu soppresso nel sangue). Insomma: nel giro di poco più di un decennio, da Varsavia a Praga, la conquista delle libertà politiche e civili di nazioni che volevano sottrarsi al modello marxista ed all’egemonia dell’URSS, fu soffocata con la forza. A Praga, in particolare, si registrò anche un episodio che fece inorridire il mondo libero occidentale: un giovane studente cecoslovacco, Jan Palach, si diede diede fuoco nella centralissima piazza San Venceslao, come gesto di protesta contro quella ignominia politica e umana. Un giorno camminando per Napoli, nei pressi della piazza Santa Maria di Fuorigrotta, adiacente alla stazione ferroviaria di Mergellina, buttai l’occhio su una stradina anonima intitolata appunto a quell’eroico ragazzo. Ebbene, nessuno tra quanti in quel momento mi stavano accompagnando, alcuni con studi liberali e tanto di laurea nel cassetto, seppe dirmi chi mai fosse quella persona alla quale quella stradina era stata intitolata!! Compresi in quel momento che la società italiana stava virando verso l’ignoranza e che sia i canali di comunicazione, sia la scuola stessa erano ormai inutili ad acculturare le nuove leve. Oggi siamo all’apoteosi dell’ignoranza, alla sfacciata rivendicazione di questo “stato mentale” che l’ignoranza  possa essere  dalla tecnologia dell’era digitale e dei social network. Strumenti, questi, che ci aiutano, sì, a cercare facilmente in rete quel che vogliamo sapere, ma che non ci insegnano affatto cosa effettivamente cercare e cosa realmente imparare. Siamo dei ciechi accompagnati da un aggeggio elettronico che ci guida.

*già parlamentare