“UN PUR ESPRIT”, MIA HANSEN-LØVE: UN ALTRO SPIRITO, QUELLO POETICO 

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di Mariantonietta Losanno 

%name “UN PUR ESPRIT”, MIA HANSEN LØVE: UN ALTRO SPIRITO, QUELLO POETICO «Ogni disordine ha un suo ordine interno e misterioso. Forse è l’andatura della mente, forse quella del ricordo, forse è l’aspirazione alla semplicità. In ogni caso, è qualcosa di sfuggente che non vuole essere imbrigliato in un piano: come un animale o un albero della foresta, non addomesticati, inutili, nel senso che non si curano di avere uno scopo, sono in vita e (gli) basta». È così che la poetessa Chandra Livia Candiani spiega Questo immenso non sapere, il suo libro “disordinato” che si presenta come un invito alla sovversione. Mia Hansen-Løve costruisce (o meglio prosegue nella costruzione già avviata) la sua riflessione poetica in soli tre minuti, nello stesso modo “disordinato”. Un pur esprit è  un invito all’osservazione – quella attenta – e allo stupore – quello inatteso.

All’inizio ci sono solo suoni. Degli uccelli, l’acqua di una cascata, il fruscio degli alberi. Poi avvertiamo gli spazi e le persone, mettiamo a fuoco. C’è una ragazza che cammina in un parco senza soffermarsi troppo sul resto. Corre, si ferma, poi riprende. Si guarda intorno, ascolta i rumori (non più suoni) amplificati. Il suo punto di vista diventa sfocato, (ci) guarda in camera. Sono proprio gli stralci di quotidianità a riempire lo schermo (molto più dei dialoghi); le diverse storie della regista parigina, infatti, si poggiano sui silenzi, sugli sguardi, sui gesti accennati. Tutto grazie ad uno spirito nuovo – puro – e poetico, capace di trasformare in altro(i) quello che (non) tocca e quello che (non) sente. Perché anche non avvertire in maniera tangibile cose e persone è un modo per conoscere.

%name “UN PUR ESPRIT”, MIA HANSEN LØVE: UN ALTRO SPIRITO, QUELLO POETICO Quello che caratterizza il Cinema di Mia Hansen-Løve è il “passaggio di tempo”. Il fatto, cioè, di utilizzare il tempo per raccontare la vita. Il che, immediatamente, riporta a Ingmar Bergman, nonché uno dei riferimenti per eccellenza della regista di Un Beau matin, a cui ha dedicato anche un film. «L’ispirazione è qualcosa che proviene dall’esterno mentre ciò che io faccio viene da dentro. Può nascere da riflessioni provocate dalla vita, da cose che capitano, da cose che la gente racconta. Tutta questa straordinaria qualità del reale. Nessuna ispirazione, dunque. Soltanto applicazione», ha spiegato Bergman spesso a Stig Björkman e Olivier Assayas (compagno di Mia Hansen-Løve) in Conversazioni con Ingmar Bergman. È tutto qui, allora. Nulla da dimostrare, solo stare al mondo, sperimentare, imparare ad essere consapevoli. Per raccontare, poi, il tutto con profondità e delicatezza. Bastano tre minuti, un piccolissimo pezzo di bosco che (forse) c’è sempre stato, ma che non è mai stato osservato da uno spirito puro. Si apre un universo minimo ed infinito. Infinite vicende, mutamenti, forme, sempre più piccole man mano che lo sguardo si limita a vedere.

Mia Hansen-Løve, in Un pur esprit (disponibile su Mubi), (ci) consegna – e (ci) insegna – la sua arte della decifrazione. Tutto quello, cioè, che serve per muoversi in luoghi non misurabili, per sentire senza paura della parola o del silenzio. «Perché ogni parola è menzogna, ogni gesto falsità, ogni sorriso una smorfia», dice la dottoressa ad Elisabeth in Persona di Bergman. C’è un linguaggio nuovo da imparare. In soli tre minuti.