I SIBLINGS, FRATELLI DI RAGAZZI DISABILI

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Per molto tempo lo studio delle conseguenze collegato alla presenza della disabilità all’interno delle famiglie si è concentrato sui genitori, in particolare sulla madre. Solo a partire dagli anni Ottanta la ricerca scientifica ha indirizzato lo sguardo ai fratelli, realizzando una pluralità di studi, di impostazione prevalentemente clinica, che miravano a evidenziare gli effetti della presenza del bambino fragile sullo sviluppo dell’altro fratello

La maggior parte delle indagini svolte in questo campo ha approfondito lo studio del legame fraterno in presenza di specifiche tipologie di disabilità, in quanto fino allo scorso decennio il focus delle ricerche sul rapporto tra fratelli nelle famiglie con disabilità, mirava a individuare sia i fattori che mediano la relazione in oggetto, sia le possibili conseguenze negative. In molti casi i ricercatori avevano tentato di spiegare la relazione fraterna con un bambino in situazione di disabilità utilizzando unicamente il punto di vista di un componente, ovvero il fratello con sviluppo tipico; mentre in altri studi, precedenti agli anni Ottanta, erano stati utilizzati il racconto e la valutazione materna della relazione tra i figli. Inoltre, la partecipazione a queste ricerche era volontaria: è probabile che vi abbiano partecipato solo coloro che, da adulti, erano in grado di parlare serenamente della propria fanciullezza.

Gli anni Novanta segnano uno spartiacque rispetto all’approccio di studio che caratterizza questo filone di ricerca: con sempre maggiore frequenza infatti alcuni studiosi affermano che «la relazione fraterna con un ragazzo disabile non sia per sua stessa natura negativa e patogena» e che i risultati contraddittori siano in realtà indicatori del fatto che, pur nella consapevolezza che i genitori e i fratelli di bambini disabili possano avere delle difficoltà di adattamento tuttavia quest’ultimo non solo è possibile, ma può avere anche un esito positivo.

La capacità di una famiglia di adattarsi alla condizione di disabilità di un suo componente, sviluppando la capacità di resilienza, si può definire come il risultato delle proposte cominciate, degli sforzi e delle risorse messe in campo, per raggiungere un nuovo livello di equilibrio, armonia, coerenza e funzionamento di fronte all’evento critico sopraggiunto. Tuttavia crescere con un fratello disabile è un’esperienza che suscita sentimenti forti e contrastanti, e può lasciare delle tracce profonde. Il vissuto di dolore della fratria rispetto alla fragilità di uno dei suoi membri non è pari a quello dei genitori, ma esiste e non è un fenomeno trascurabile.

Durante l’infanzia potrà connotarsi come frustrazione dovuta al fatto che il fratello non può giocare come gli altri, mentre con il passare del tempo determinerà l’insorgere di una serie di domande sempre più chiare e meno confuse.

In molte testimonianze si trova il racconto di un’esperienza connotata da una varietà di sentimenti in cui si mescolano la convinzione di non appartenere a una famiglia normale, la vergogna di avere un fratello o una sorella diversi dagli altri, la tristezza di essere oggetto di un’attenzione ridotta da parte dei genitori; ma anche l’entusiasmo di poter aiutare il proprio fratello, l’orgoglio nel vedere le sue conquiste, la possibilità di giungere, dopo aver rielaborato la propria esperienza, a individuare le potenzialità legate al crescere con un fratello disabile.

Ecco che i siblings, ossia fratelli di ragazzi disabili, raccontano le proprie esperienze dimostrando una maturità superiore a quella dei coetanei: “Quando Marcello è nato- si racconta Lucia- io avevo sei anni e non mi ricordo di essermi accorta inizialmente di lui con la sindrome di Prader Willy, con qualcosa che non andasse, perché per me Marcello è stato sin da subito mio fratello. Non mi ricordo neanche la sindrome quale fosse. Mi hanno sempre detto che dovevo stargli vicino, che aveva bisogno di più aiuto. La sindrome di mio fratello, me la ricordo da più grande. Una cosa che mi porto dentro è che tutti erano concentrati su di lui, anche se mi dicevano sempre che aveva bisogno di me e che io dovevo esserci. “



Il legame fraterno, ancor più in presenza di un soggetto con disabilità, può essere una opportunità preziosa per lo sviluppo dell’identità dei soggetti coinvolti, solo se lasciati liberi sia di sperimentare lo speciale rapporto che li unisce, sia di farlo evolvere senza eccessive ingerenze da parte degli adulti. Se questi ultimi lo connotano troppo rapidamente o interferiscono frequentemente nelle sue dinamiche, rischiano di impedirne la funzione formativa.

L’attribuzione di etichette da parte dei genitori quali «tu sei fragile», «non puoi difenderti senza di me», «tu sei il fratello responsabile», restringono di fatto lo spazio di relazione e di confronto tra i fratelli.

Giovanni, fratello minore di Francesco è affetto da disabilità intellettiva e motoria, racconta che quando lui era piccolo, al fratello è stato impedito di tenerlo in braccio per paura che potesse farlo cadere. Cresciuto, i genitori gli hanno vietato di fare giochi movimentati nel dubbio che Francesco non fosse in grado di misurare correttamente la sua forza e potesse fargli male. Tutto ciò ha portato Giovanni ad affermare che i suoi genitori con il pretesto di proteggerci, ci hanno impedito di diventare fratelli.







4 Commenti

  1. Semplicemente un articolo scritto da chi conosce la materia.
    Grazie per quest’altra conoscenza in materia.

  2. I siblings devono essere forti e “leggeri”. Loro non possono pesare sulla famiglia, non possono. Loro devono essere forti, perché c’è già una persona fragile. Devono tenere dentro tutto ciò che fa male, lasciare che questo male li logori tutto, fegato, polmoni, cuore…l’importante è che non esca nulla. Non possono aggiungere altri problemi, non possono piangere liberamente perché c’è già abbastanza dolore. Devono piangere in bagno, la notte mentre tutti dormono o sotto la doccia. I siblings amano follemente i loro fratelli, farebbero di tutto per farli stare bene….ed è così che spesso si ritrovano a mettere la loro vita in standbay per organizzare la loro vita. Esistono, ma non vivono la loro vita. Un amore grande, unico, eterno. Spesso, però, poi molti decidono di non avere figli un po’ perché temono di avere un bimbo non sano e un po’ perché sono stanchi. Sì, stanchi e anche tanto. I soblings, infatti, fanno anche da genitori, ma non solo genitori del/la fratello/sorella disabile, ma genitori anche dei genitori. Li è stato detto di essere forti ed è per questo che quando un genitore è stremato, loro devono dargli forza. Ma questa forza è una forza apparente. Del resto da dove possono prendere questa forza?!
    Ci sono anche elementi positivi nella vita dei siblings, siblings comeome ad esempio il senso di responsabilità, di maturità, ma gli elementi negativi purtroppo sono di più.
    Il rapporto tra fratelli invece è molto bello, perché è fatto di amore, solo amore…Amore puro.

  3. Che dire ..
    Quando vi è in famiglia una persona con disabilità, diventano tutti i componenti coinvolti … ovvio che i fratelli e le sorelle crescono con rapidità diventano attenti alle piccole cose

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