DALLA RECITA CHE ESCLUDE ALLA SCUOLA CHE DIMENTICA: L’INCLUSIONE QUESTA SCONOSCIUTA

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“Paese che vai usanza che trovi”, citava così una vecchia frase anzi una di quelle frasi fatte per ricordare che, in realtà, ci sono il rispetto per le proprie tradizioni e la considerazione per le proprie origini.

È normale quindi che ogni abitante simpatizzi per la propria città di appartenenza e di conseguenza anche per la propria regione.

In ogni città, in quasi tutti gli istituti comprensivi, si utilizza una formula che è molto simpatica ed è diventata di uso comune soprattutto tra le insegnanti della scuola dell’infanzia ossia quella di premiare i bambini uscenti con la toga ufficiale, il tocco e pergamena simbolica come segno dell’avvenuto successo scolastico a conclusione del “primo ciclo di studi”.

In effetti, pensandoci bene è così perché i piccoli bambini della scuola dell’infanzia che hanno concluso un percorso di tre o quattro anni, salutano compagni e docenti in vista del prossimo anno scolastico che li vedrà impegnati tra i banchi di scuola, in modo serio e responsabile per l’affrontare il quinquennio della scuola primaria.

E la festa finale dei saluti, commossi ed emozionati di genitori, che scattando foto ai propri figli guardandoli con orgoglio dà il via ad una serie di riti che sono ormai utilizzati in tutte le scuole dell’infanzia, private, paritarie e pubbliche.

Questa dovrebbe essere la regola di cui dovrebbe beneficiare ogni bambino come giusto che sia, perché tutti i bambini sono uguali e dovrebbero vivere momenti di gioia condivisa indipendentemente dalla presenza o meno di qualche diversità e/o disabilità.

Ecco la formula “dovrebbero” purtroppo non sempre segue l’affermazione  “è così per tutti, nessuno escluso”, perché quando ad escludere è proprio la scuola, che come agenzia educativa dovrebbe preservare e tutelare il diritto all’inclusione di tutti i bambini, soprattutto i diversamente abili o i portatori di disabilità o bambini con bisogni specifici, la notizia risulta essere incredibilmente brutta e deludente, mista ad un senso di incredulità e di lecito dubbio.

Eppure è accaduto in una scuola di Pisa, in Toscana, che un bambino, di cinque anni non solo non è riuscito a partecipare allo spettacolo conclusivo con i suoi coetanei, nonostante la presenza dei docenti e della docente di sostegno, ma non è stato neanche chiamato alla fine per la premiazione, per la consegna del diplomino a conclusione del ciclo della scuola dell’infanzia, esattamente come sarebbe dovuto essere insieme ai suoi compagni di classe.

Questa è la storia di Giuseppe, autistico di cinque anni, un bellissimo bambino la cui madre racconta la sua esperienza e lo fa attraverso il mio blog:

“Quel pomeriggio Giuseppe doveva partecipare con i suoi compagni di classe allo spettacolo conclusivo di fine anno con alcune canzoni e balletti nel giardino della scuola. A causa del maltempo, lo spettacolo è stato spostato nei locali interni alla scuola, più rumorosi e ridondanti pertanto avevo prospettato alle docenti la possibilità di non far partecipare mio figlio allo spettacolo perché ero certa che avrebbe avuto una serie di comportamenti problema in quanto non riesce a processare le informazioni che arrivano tutti insieme e quindi avrebbe iniziato a piangere.

Si sarebbe spaventato, me lo sentivo. Le docenti tutte hanno insistito affinché Giuseppe partecipasse allo spettacolo. Purtroppo si è verificato quello che io sospettavo e avevo preannunciato. Giuseppe si rifiuta di partecipare e scoppia a piangere, io provo ad allontanarlo da quei rumori. Portato in un’altra stanza, quando tutto sembra meno rumoroso e meno chiassoso perché ormai lo spettacolo si è concluso, mio figlio si calma ed io aspetto che le maestre mi chiamino per premiare mio figlio. Mi accorgo che tutti sono andati già via e che le maestre esplicitamente mi dicono di aver dimenticato di chiamare Giuseppe per la vestizione con il saio, il tocco e la consegna del diploma finale!”

Ecco, l’avevano dimenticato, perché Giuseppe è un numero ed è considerato tale, non è un bambino, non è un’identità, non è una persona. Non l’hanno chiamato, punto!

Cosa è Giuseppe? Cosa rappresenta questo bambino autistico per la scuola che non lo considera, soprattutto nel momento in cui avrebbe dovuto trattarlo come gli altri in quel barlume di normalità di cui avrebbe avuto diritto soprattutto il bambino e poi la famiglia?

Come si è potuta sentire la madre nel sentire l’insegnante che senza un minimo di competenza emotiva e di dignità, professionale e umana, priva totalmente di empatia, ha confermato di essersi dimenticata di chiamare Giuseppe e quindi di premiarlo?

Quale messaggio è potuto arrivare ai docenti dopo che sono stati richiamati dalla referente per l’inclusione per la totale mancanza di attenzione alla peculiarità di Giuseppe a prescindere dal suo autismo?

Ma la domanda più forte è: ma se Giuseppe fosse stato vostro figlio, vostro nipote, vostro insomma?

Ai posteri l’ardua sentenza ma ai coraggiosi la capacità di guardare oltre… infondo “oltre” è un posto per pochi e quel posto forse non lo meritata, il posto dove l’inclusione si pratica come atto doveroso, come coscienza professionale e deontologica.

Ma dimentico: Giuseppe “non è vostro”!

 

 

11 Commenti

  1. Ho letto più volte l’articolo per capire se avessi letto bene perché mi sembrava un incubo se proviamo ad immedesimarci nei panni di questa famiglia e del piccolo. Che tristezza. Come si può dimenticare un bambino e come si può far finta di non capire che essere autistici non significa essere privi di sensibilità? Grazie dottoressa perché lei ci aiuta con il suo blog a riflettere su noi stessi e su quanto ancora c’è da fare.

  2. Sono letteralmente sfiduciata e demoralizzata x le ” schifezze” che dobbiamo subire!! Parliamo tanto di inclusione, ci riempiamo la bocca e.. poi???

  3. Che schifo! La prima cosa che mi viene in mente! Come si può fare così SCHIFO?! Giuseppe non credo sia stato dimenticato tra l’altro, ma penso che le insegnanti non l’abbiano più chiamato perché temevano che lui potesse “rovinare” la “bellissima” recita. Dire alla mamma che lo avevano dimenticato è stato bruttissimo, anche perché la signora sicuramente avrà pensato che non lo avevano premiato per timore che Giuseppe avesse comportamenti problema…ma usare la parola “DIMENTICATO” è orribile. Come si può dimenticare una persona? E poi, allora, che insegnante sei?! Se invece della recita quel giorno erano in classe e un bambino si allontana per andare in bagno, che fanno lo dimenticano? E magari se è l’ultima ora se ne vanno anche belle belle a casa lasciando un bambino in bagno o in classe? E a una gita? Le mamme devono far indossare ai bambini un bracciale con il GPS per geolocalizzarli? Che bel mondo! Ogni giorno più bello! Ma che bella inclusione o per dire meglio che bell’esclusione.
    Quella donna già stava male per il foglio, mancava solo il colpo finale. Che schifo! Ma mi chiedo: nessun genitore ha pensato a Giuseppe? Come si può! Come cavolo si può continuare la recita? Ma poi, visto che determinate cose destabilizzato Giuseppe, non potevano consegnare solo il diploma? Sempre con queste recite! Se un giorno i bambini vorranno fare i cantanti, i ballerini o gli attori lo faranno…basta recite. Parole di una ragazza che ha sempre sofferto per le recite per via della timidezza. Perché costringere dei bambini a fare certe cose? Solo perché vogliono far passare la Scuola “nome” come una scuola stupenda. Ma sì, certo, continuate a fare recite e recitarelle super, che poi un bambino possa stare male è secondario.
    Bah…
    Mi vergogno sempre di più di vivere su questo pianeta.

  4. Penso che nn ci sia cattoveria, in quel che e’ successo, e srata una distrazione, lo stress, forse proprio perche nn si e’ abituati alle necessarie attenzione dei piu’ bisognosi. Ma accortosi della grave disattenzione bisognava recuperare , anche con una manjfestazione agiuntiva .

  5. Decisione assurda,immotivata, immorale considerato che era presente anche la docente di sostegno.Chissà quanti casi non vengono a galla ,in quanto tenuti nascosti e abilmente occultati.

  6. Ignoranza, pregiudizi e totale mancanza di formazione
    sono alla base di quello che è accaduto.
    In questo caso,il suo nome è Giuseppe ,
    in realtà
    abbiamo centinaia di Giuseppe che potrebbero urlare a gran voce lo stesso.

  7. Giuseppe è di tutti,
    Ma non tutti lo vedono, non tutti si rendono conto che Giuseppe è autistico, ed ha bisogno di sostegno.
    Complimenti per l’articolo

  8. Purtroppo Giuseppe, ha avuto la sfortuna, non solo di essere autistico, ma anche di avere una scuola e delle insegnanti che non sono in grado di sostenerlo.
    Ottimo spunto di riflessione per tutti.

  9. Incommentabile, la scuola e le insegnanti non sono preparate per queste anime di ragazzi, mi rendo conto che c’è pochezza nella materia, o forse ci sono insegnanti non preparate, forse sarà così.
    Ed io chiedo scusa alla famiglia ed a Giuseppe a nome di chi proprio non sa.
    Complimenti come sempre Mariarosaria, i tuoi articoli sono toccanti.

  10. Purtroppo al giorno d’oggi trovare persone non solo competenti nello svolgimento del proprio lavoro, ma competenti nella vita, quella vera, aiutare il più debole, creare empatia, spronarlo nel migliorare non solo didatticamente ma anche nei rapporti sociali dovrebbe essere il sacrosanto diritto di TUTTI.

  11. Giuseppe non è “nostro ” nel senso stretto del termine ma appartiene a noi tutti nel fallimento di quella scuola e di quelle docenti. SDEGNO …si ,questo è quello che provo verso chi ” dovrebbe” operare al primo inserimento nella società di bambini speciali e non …Che brutto avvenire stiamo riservando ai nostri figli,ai nostri nipoti,se ci rendiamo complici di tutto questo senza indignarci,senza protestare?!

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