– di Vincenzo D’Anna* –
Si sono appena concluse le elezioni per il rinnovo del Consiglio regionale del Molise. Il test non ha certo assunto un valore significativo rispetto a consultazioni con numero complessivo di votanti più elevato. Tuttavia il responso dell’urna è apparso lo stesso eclatante con il centrodestra che è arrivato a sfiorare addirittura il 65 percento dei consensi contro il 36 per cento del centrosinistra e del M5S. Certo si tratta di un responso circoscritto ad una piccola regione (la penultima, per estensione territoriale, subito dopo la Valle d’Aosta) quasi sempre in mano al Centrodestra, ma che stavolta si era recata ai seggi con una novità rispetto alle al passato. A perdere, infatti, non è stata “solo” la classica coalizione imperniata attorno al Pd bensì l’unione di Centrosinistra e Grillini, uniti in quel “campo largo” da mesi invocato dalla dirigenza dem come la panacea di tutti i mali, la scelta risolutiva e vincente per abbattere gli avversari delle destre. Ebbene, tale formula non ha pagato, almeno in questa circostanza, con grave nocumento alla nuova strategia delle alleanze pronosticata come sicuro deterrente contro le ultime sconfitte dei partiti di Schlein e Conte. In particolare il Movimento di quest’ultimo che ha racimolato uno striminzito 7 percento: ben lontano dalle percentuali delle Politiche, forse un cupio dissolvi che marcia di pari passo con l’avvicinarsi della data ultima di erogazione del Reddito di Cittadinanza. Insomma sta per venir meno lo specchietto per le allodole con il quale, sopratutto nel Meridione d’Italia Giusepe Conte ha rianimato le esangui percentuali elettorali dei 5 Stelle. Lo stesso dicasi per l’effetto novità sul quale il partito del Nazareno ha decisamente puntato scegliendo di affidarsi alla leadership della milionaria Elly Schlein vestita da povera, sia pure con un accostamento cromatico adatto degli abiti come si conviene. Il vecchio adagio che due debolezze non facciano una forza ha trovato, in Molise, la sua puntuale conferma. Tuttavia non si tratta solo di formule da proporre agli elettori disillusi, ma a ben vedere di una vera e propria assenza di proposte e progetti politici delle Sinistre di Governo capaci di dare una sterzata alle minestre riscaldate che il Pd insiste a voler propinare. Un partito, quest’ultimo, che ha esaurito la spinta propulsiva perché ha visto dissolversi per strada i presupposti ideologici e programmativi di un tempo, logorati dal cambiamento dell’universo di riferimento politico elettorale con il quale fare i conti. Non più marxisti, non più socialisti, certamente non liberali, ancorché Bersani si affanni ad autodefinirsi tale, non si sa, oggi, cosa i Dem siano diventati. Secondo uno che di “Sinistra” se ne intende, Fausto Bertinotti, quegli stessi presupposti sono definitivamente tramontati: i blocchi sociali e sindacali che facevano da cinghia di trasmissione del partito erede del Pci, sono esauriti; la classe operaia si è trasformata in ceto piccolo e medio borghese. Nel tourbillon del cambio di sigle e di segretari non c’è stato un nuovo approdo, una nuova visione socio economica al passo con i tempi nuovi. Sì, occorrerebbe dire ai Dem, spingendoli ad una sincera analisi retrospettiva, che il Liberalismo ha vinto la partita sull’egualitarismo, che solo società libere e liberali possono portare a far crescere quelli che sono nati indietro. Che la libertà può creare l’uguaglianza, o, per meglio dire l’equità, ma non viceversa, nel senso che una società di eguali non può avere margini di libertà per gli individui. Filosofia? No, politica!! E che sia politica lo si deduce dal fatto che in società sempre più liquide e complesse, veloci ed irriflessive, ignoranti quanto basta, la politica non può affermarsi senza una identità valoriale. Che la Sinistra si sia aggrappata, in quel vuoto ideologico, al giustizialismo, al moralismo, allo scandalismo, al proporsi come mediazione o terza via, insieme alle sue mosche cocchiere di giornali e di giornalisti, non ha portato alla risoluzione del problema. Senza una nuova identità, senza una sincera e risolutiva abiura del passato e l’approdo verso lidi moderni, in una società capitalistica che va adeguata e moderata non criminalizzata, non se ne esce. Battersi per l’uguaglianza delle opportunità, non degli esiti di una vita uguale per tutti, combattere le sperequazioni della speculazione finanziaria e le nuove povertà non è un affare da filosofi bensì da politici!! Mettersi nelle mani di una Schlein che ritorna a vecchie dicotomie e proposizioni politiche barricadiere, è un segno di debolezza. Chi non può guardare avanti è necessariamente necessitato ad avere malinconia del passato ed a guardarsi indietro. Accostare poi le proprie sorti a quelle dei rivoluzionari farlocchi a cinque stelle, alleandosi con un partito che ha bisogno di un comico come garante, di coltivare l’odio sociale contro chiunque viva agiatamente, è un errore grossolano ed è così che, dovendo vincere col campo largo, si è perso anche a Campobasso!!