NAPOLI – Farmaci biologici per l’alopecia areata, una delle più comuni malattie autoimmuni che, nelle forme gravi, porta alla completa perdita dei capelli e interessa il 2% della popolazione generale, vale a dire 1 paziente su 85, in particolare giovani entro i 30 anni. E poi terapie innovative di medicina rigenerativa per il follicolo pilifero – indicate soprattutto per l’alopecia androgenetica, che colpisce circa 4 milioni di donne italiane – e per la caduta di capelli stagionale o legata a fattori scatenanti: tra questi il parto, le diete, gli interventi chirurgici e le infezioni come il Covid.
Questi sono solo alcuni dei temi sotto i riflettori del 97esimo Congresso della Società Italiana di Dermatologia e Malattie Sessualmente Trasmesse (SIDeMaST) in corso a Napoli. Un’occasione per ribadire il ruolo chiave del Dermatologo nella gestione delle patologie degli annessi, vale a dire unghie e capelli: “È un settore esistente da sempre in Medicina che però oggi ha bisogno di essere consolidato e associato alla figura dello Specialista in Dermatologia, soprattutto in onore delle tantissime novità terapeutiche” spiega Giuseppe Argenziano, Presidente SIDeMaST.
Le nuove tecniche diagnostiche non invasive per lo studio delle patologie del cuoio capelluto sono infatti al centro della kermesse napoletana: grazie alla videodermatoscopia e alla microscopia confocale oggi è possibile offrire una diagnosi specifica ai pazienti per garantire loro terapie personalizzate. Ma il Congresso dedica focus anche alle tossicità dermatologiche legate alle oncoterapie, per approfondire e aggiornare le cure contro l’alopecia dei pazienti oncologici. Grande attenzione è dedicata infine alla medicina rigenerativa per il trattamento della calvizie e del telogen effluvium di varia natura e post-Covid. Tali tecniche sono l’ultima frontiera della dermatologia: stimolano infatti, a seconda del procedimento, il follicolo favorendo un aumento della densità e del numero dei capelli e riducendone in modo significativo la caduta.
L’Alopecia areata colpisce circa il 2% della popolazione, 147 milioni di persone nel mondo. Considerata ancora un tabù, crea gravi disagi a chi ne è affetto. Può presentarsi in varie forme e diversi livelli di gravità, da una a più chiazze completamente prive di capelli fino alla caduta di tutti i capelli e dei peli del corpo: “L’alopecia areata è una malattia autoimmune che interessa potenzialmente tutti i follicoli piliferi presenti sul tegumento cutaneo, esitando così in alopecia totale ed universale, che consistono nella perdita di tutti i capelli ed i peli del soma, con grave disagio psicologico. Pertanto in tale patologia si associano sia alterazioni immunitarie sia, nel 75% dei pazienti, dei gravi disturbi psicologici” sottolinea Prof.ssa Bianca Maria Piraccini, Professoressa ordinaria e Direttrice dell’Unità Complessa Dermatologia – Alma Mater Studiorum – Università di Bologna e responsabile scientifico del Corso SIDeMaST “Terapie innovative in tricologia”.
“I circuiti alla base dell’alopecia areata sono le vie di trasduzione JAK/STAT, in particolare JAK 1 e JAK 2 – spiega il Prof Alfredo Rossi, Professore Associato – U.O.C. di Dermatologia Centro per lo studio sulla fisiopatologia degli Annessi Cutanei Sapienza Università di Roma e membro della SIDeMaST – questo nuovo dato patogenetico ha dato il via ad approcci terapeutici dedicati a questa malattia come il Baricitinib, un inibitore orale di Janus Chinasi (JAK), approvato dall’Ema per l’alopecia areata nel luglio del 2022. Questa conquista terapeutica metterà il clinico nella condizione di poter guarire un maggior numero di pazienti e soprattutto disporre di un farmaco prescrivibile per tale malattia”.
Inoltre, aggiunge la Dott.ssa Mariateresa Cantelli, membro della SIDeMaST e Ricercatrice dell’Università Federico II di Napoli dove è responsabile dell’ambulatorio di Tricologia insieme alla Dott.ssa Paola Nappa (Dirigente medico dell’Università Federico II di Napoli e membro della SIDeMaST): “I primi mesi di trattamento con Baricitinib ci hanno dato grande speranza, grazie ad un buon profilo di tollerabilità e ad una buona risposta clinica del farmaco”.
Le patologie del cuoio capelluto mettono in crisi anche le donne. L’alopecia androgenetica, cioè la progressiva perdita dei capelli, generalmente collegata nell’immaginario collettivo al sesso maschile, oggi è infatti molto diffusa anche tra il sesso femminile. Le italiane che ne soffrono – con pesantissime ripercussioni psicologiche – sono circa 4 milioni, circa il 13% della popolazione femminile. La sua comparsa è dovuta a una ipersensibilità dei follicoli piliferi agli ormoni androgeni o a disturbi dell’equilibrio ormonale, in particolare alla variazione del livello degli estrogeni e degli androgeni. Per questo si manifesta soprattutto in menopausa – quando si abbassa il livello degli estrogeni – ma può fare il suo esordio anche in altre fasce di età: “L’alopecia androgenetica può spaventare, soprattutto una donna – spiega la dott.ssa Cantelli – e può avere un impatto psicologico anche molto importante. Nella donna può essere curata e contrastata con una terapia ad hoc. Esistono poi diverse tecniche innovative che possono stimolare i capelli in accompagnamento alle terapie sistemiche e supportare l’attivazione del follicolo pilo-sebaceo e la ricrescita dei capelli”.