MILANO – Gli infermieri lombardi del Nursing Up, con il sostegno dei colleghi da tutto il Nord Italia, nella mattina del 29 maggio, si sono riuniti in una Assemblea Plenaria, presso l’Auditorium Don Bosco, con la partecipazione del Presidente e del Segretario Generale del sindacato.
L’obiettivo è quello di guardarsi negli occhi, per chiedere che la Lombardia faccia sentire il suo peso sulle scelte del Governo Nazionale e della Conferenza delle Regioni, in tema di valorizzazione delle professioni in Italia, e per affrontare nodi i quotidiani spinosi dell’infermieristica Lombarda.
Si è tenuto poi un simbolico presidio di protesta davanti alla sede del Governo locale. La giornata si è chiusa con un appuntamento decisivo. Una delegazione del sindacato ha incontrato l’assessore Welfare, Guido Bertolaso.
«La situazione dei professionisti in Italia, e ancor più nella sanità lombarda, ad oggi, è davvero preoccupante. Si registra una drammatica fuga di personale, per la maggior parte infermieristico, dal nostro SNN, in particolare verso le nascenti realtà private, dal momento che stanno aprendo sul territorio numerosi centri multi specialistici, dove l’infermiere viene retribuito in modo certamente più consono alle sue aspettative.
Così esordisce Antonio De Palma.
In un contesto del genere, il professionista più svolgere anche un lavoro meno massacrante, rispetto a quegli ospedali pubblici dove un operatore sanitario, in servizio magari da 25-30 anni, comincia a sentire il peso dei turni di notte e della carenza di personale che pesa come un macigno su chi resta sul campo.
In questi centri specialistici ci sono turni più flessibili, ed oltre alla paga certamente più adeguata alle nostre competenze, il professionista può lavorare dal lunedì al venerdì, a volte anche il sabato, ma non si ritrova a fare le notti, e può trascorrere più tempo con la propria famiglia.
Sempre in termini di fuga dalla sanità pubblica locale, come abbiamo più volte denunciato, nei territori di Como, Varese, Sondrio, si registra un pericoloso esodo di infermieri verso la Svizzera, dove si può partire anche con stipendi netti di 3mila euro mensili.
Solo nell’ultimo triennio hanno lasciato i nostri ospedali, per quelli elvetici, ben 350 professionisti.
Per guadagnare qualcosa in più, gli infermieri sono costretti ad effettuare i rientri in servizio, che però sono davvero sottopagati, con la Regione Lombardia, solo per fare un esempio, che retribuisce 30 euro all’ora lordi, ovvero 15 euro netti.
Difficile immaginare che si possano accettare condizioni del genere.
La recente indennità di specificità infermieristica, seppur frutto di un importante riconoscimento, e arrivata con l’ultimo contratto grazie ad una nostra battaglia, non può farci sentire certo appagati.
Gli infermieri e le ostetriche chiedono legittimamente uno stipendio adeguato agli standard europei, almeno 2500 euro netti, e per arrotondare il proprio magro salario si trovano oggi costretti a rientrare in servizio nei giorni di riposo, che sono sacrosanti per il recupero psico-fisico del professionista, oltre che indispensabili per trascorrere tempo con i propri cari.
Gli ospedali pubblici si svuotano sempre di più, le realtà concorsuali vanno deserte e le università fanno registrare una netta diminuzione di accessi ai bandi, nonostante l’aumento dei posti disponibili, nelle regioni del nord, Lombardia in primis , questo avviene sempre di più.
La nostra è una professione, continua De Palma, come quella dell’ostetrica/o, che restano straordinariamente affascinanti, ma perdono sempre di più di appeal agli occhi delle nuove leve, per non parlare poi del drammatico fenomeno delle aggressioni nelle corsie che non accenna a placarsi, in particolare nei pronto soccorsi, dove si registra la rabbia dei pazienti e dei loro parenti, che mina ulteriormente, la serenità degli infermieri e che trasferisce, alle potenziali nuove leve, l’immagine di una professione che sarebbe meglio non intraprendere.
Solo una libera professione senza vincoli e senza lacci e lacciuoli potrà rappresentare una svolta epocale, lo diciamo da tempo, e l’attuale normativa, legata al Decreto Bollette, non può essere il traguardo a cui ambiamo.
Gli infermieri e le ostetriche italiani sono stanchi e logorati, dice ancora De Palma. La situazione è allarmante.
Non dimentichiamo poi la carenza di personale che attanaglia gli ospedali, quelli del nord Italia e Lombardi in primis: per chi resta sul campo, nella sanità pubblica, i turni sono massacranti.
Il fabbisogno assistenziale è, in tal senso, un’altra questione delicatissima: è inconcepibile un rapporto di un infermiere ogni 12-13 pazienti, nei reparti di base.
Per non parlare poi della preoccupante carenza di ostetriche.
Non c’è, poi, come se non bastasse, garanzia di quei legittimi 15 giorni di ferie previsti da contratto, ed anche questo accade in tutto il nord Italia, con punte intollerabili in Lombardia. Incredibile ma vero.
Un infermiere stressato, un infermiere stanco, un infermiere che lavora su turni di 12 ore, un infermiere che non beneficia delle sue ferie, è un infermiere che non è in grado di lavorare al meglio, mettendo anche a rischio la qualità del proprio intervento assistenziale.
Questa Assemblea Plenaria ha lo scopo di far emergere la denuncia e di sensibilizzare le istituzioni, e per raccontare ancora una volta, alla collettività, il nostro disagio, quello di una sanità non più a misura di infermiere», conclude De Palma.