“AMOUR BRAQUE”, ANDRZEJ ŻUŁAWSKI: LUI, LEI, L’ALTRO(VE) 

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di Mariantonietta Losanno 

Qual è la misura dell’amore? Qual è il grado di sopportazione, il limite tollerabile? E ancora, di quanto dolore ci si può “riempire”? Żuławski cede ad una violenza assoluta, rassegnandosi; Amour braque – liberamente ispirato a L’idiota di Dostoevskij – è un’ammissione di colpe, una manifestazione di arrendevolezza. 

62E6A5BA 0138 4761 8BAD 66F5E7901D05 300x169 “AMOUR BRAQUE”, ANDRZEJ ŻUŁAWSKI: LUI, LEI, L’ALTRO(VE) La pellicola racconta la storia di un rapinatore (Mickey), che conosce Léon (un po’ diverso da quello di Besson), un fuggiasco ungherese che si innamora della sua donna, Marie (Sophie Marceau). I due diventano amanti e vengono coinvolti in una serie di crimini. Sin dalle prime scene, Amour braque è un susseguirsi di violenza – i primi istanti ci ricordano Alex e i suoi drughi – in cui è chiaro che non ci possano essere sopravvissuti: anche chi resta vivo non sopravvive. Żuławski è mosso da un unico intento: suggerire una riflessione sull’arte intesa come dicotomia tra amore e violenza. Lo ha dimostrato anche ne L’importante è amare, in cui un “Ti amo” veniva pronunciato da un’attrice a cavalcioni su un cadavere, sul set di un film porno. Ed è ancora l’autodistruzione quello che muove i personaggi in Amour braque: «Il perire si presenta come un autodistruggersi, come un’istintiva scelta di ciò che è destinato a distruggere», ci insegna Nietzsche. In questo meccanismo di autosabotaggio, il regista di Possession non concede spazi di evasione: non è consentito non bruciarsi, né non sanguinare. Neppure rimanere illesi, nonostante ci si provi a difendere. Morire e amare diventano due concetti complementari, come se l’uno non potesse sfuggire all’altro; come se per “far amare”, bisognasse anche “far morire”. 

%name “AMOUR BRAQUE”, ANDRZEJ ŻUŁAWSKI: LUI, LEI, L’ALTRO(VE) In questo «gioco balordo degli incontri», così descritto dalla parola poetica di Konstantinos Kavafis, Żuławski costruisce un massacro; oltre a quello che coinvolge Mickey, Léon e Marie, se ne innestano altri, di altra natura e intensità, in cui è sempre la violenza – e il sangue – a legarli insieme. Amour braque (in italiano Amore balordo) si presenta come un campo di battaglia, in cui ci si “sporca”, ci si imbruttisce (nonostante, ad un certo punto, si esorti ad arrendersi alla bellezza, la stessa che Dostoevskij pensava potesse salvare il mondo) e ci si incattivisce. 

In un mondo così crudele, senza protezioni, in cui “si ama di dolore”, sarebbe più semplice “lasciarsi morire”, lasciandosi aiutare. Non c’è nessun modo che impedisca di svuotarsi e di affogare. «Si soffre davvero, come a teatro», suggerisce Żuławski. È l’annichilimento (come quello di Béla Tarr?) il punto di origine e di arrivo: nel  mondo in rovina (come quello di Lopushansky?) di Amour braque non ci resta che “morire”. Ed è così che il monito si può trasformare in: «L’importante è morire»