Il sindaco di Casal di Principe e l’ex parlamentare del Pd: la proposta di revisione del disciplinare va fermata perché storicamente l’oro bianco appartiene a Terra di Lavoro, stop alle evidenti speculazioni industriali su un prodotto locale di assoluto pregio ed eccellenza
“La filiera bufalina è un pilastro dell’economia italiana e della Campania, oltre che patrimonio di una coscienza collettiva condivisa, grazie innanzitutto agli allevatori, ai caseifici ed alla forza del Consorzio tutela della Mozzarella di Bufala Campana Dop.
La Mozzarella di bufala campana Dop è il secondo Formaggio DOP Italiano ed il primo del Sud Italia e viene prodotto dai caseifici che insistono nell’Area di Produzione, secondo un rigido disciplinare, per il quale la Mozzarella di Bufala Campana deve essere realizzata esclusivamente con il latte prodotto dagli allevamenti di Bufala mediterranea Italiana e nei caseifici che insistono nell’Area della MBC dop, DOVE E’ STATA DIMOSTRATA LA STORICITA’ DELLE PRODUZIONI DI MOZZARELLA DI BUFALA MEDITERRANEA ITALIANA dal 1600 circa”.
Ad intervenire sulla proposta avanzata dall’assessore regionale Caputo, di proporre la revisione del Disciplinare della mozzarella di bufala campana Dop per la necessità di spingere la produzione altrove, sono Renato Natale, sindaco di Casal di Principe, e Camilla Sgambato, dirigente PD.
“Peraltro, i disciplinari Dop vengono approvati con DPCM su richiesta dei produttori di filiera e del consorzio di tutela e su proposta del ministero dell’Agricoltura dopo un iter che vede protagonisti il Consorzio di Tutela, gli allevatori e l’Unione Europea. Il relativo marchio viene concesso in base alla dimostrata storicità delle produzioni.
Per questa ragione, esprimiamo i nostri dubbi sulla proposta avanzata dall’assessore regionale all’Agricoltura, dato che l’area DOP è, come ben sa Caputo, già troppo estesa”, spiegano il primo cittadino di Casal di Principe e l’ex parlamentare democratica.
“Il nostro territorio e la sua produzione sono stati già mortificati dai piani regionali di eradicazione della brucellosi e della tubercolosi bufalina che hanno determinato, negli ultimi 10 anni, l’abbattimento, per sospetta infezione, di oltre 140 mila capi bufalini, risultati, poi, nel 97% sani alle indagini post-mortem, e la conseguente chiusura di oltre 300 aziende, con la perdita di almeno 5.000 posti di lavoro.
Bisogna opporsi alle evidenti speculazioni industriali su un prodotto locale di assoluto pregio ed eccellenza, ed evitare di sottrarre al Casertano il suo primato riconosciuto nel mondo”, concludono Natale e Sgambato.