ROMA – Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani ricorda con commozione le figure di Giuseppe Mizzi, Antonio D’Onufrio e Emanuele Piazza.
Tre giovanissime vittime, tre simboli della legalità, tre cittadini perbene strappati alle loro famiglie.
Giuseppe Mizzi, detto Pino, fu assassinato a soli 39 anni in un agguato di mafia nel rione di Carbonara, quartiere periferico di Bari, mentre tornava a casa il 16 marzo del 2011. Pino era nato a Bari il 23 dicembre del 1972. Era un grande lavoratore e teneva molto all’educazione dei suo due figli. Aveva alcuni hobby tra cui quello di stare accanto alle persone bisognose come gli anziani; insomma era un uomo buono e gentile. Fu ucciso perché scambiato per qualcun altro.
Antonio D’Onufrio fu assassinato invece nell’1989 a Palermo. Proprietario terriero appartenente all’aristocrazia del quartiere Ciaculli ebbe modo di interagire con la Criminalpol palermitana proponendo informazioni strategiche relative alle indagini sui latitanti. Per tale ragione fu giustiziato seguendo le regole mafiose che vengono applicate a coloro che osano riferire quanto invece deve rimanere occulto: dopo una raffica di mitra gli fu inferto un colpo di pistola in bocca.
Le ricostruzioni di alcuni collaboratori di giustizia permisero finalmente di elaborare alcune ipotesi sulla tragica fine di Emanuele Piazza e sulle dinamiche che portarono al suo assassinio, avvenuto il 16 marzo 1990 a Capaci; lavorò per alcuni anni nella polizia; successivamente fu arruolato nei servizi segreti SISDE e in tale contesto probabilmente maturarono le condizioni che ne comportarono la morte – Egli improvvisamente scomparve dalla sua abitazione in circostanze che per svariato tempo rimasero misteriose, a causa della difficoltà nel reperire informazioni in merito. In seguito agli accertamenti caparbiamente perseguiti dai familiari, si giunse alla conclusione che Emanuele era stato sciolto nell’acido.
Il CNDDU, impegnato ormai da anni, in prima linea, contro l’illegalità e l’irresponsabilità civica, nella divulgazione dei fatti storici e nella conservazione nella memoria collettiva dei protagonisti della società civile, continua a proporre nomi e vicende di cittadini esemplari nelle scuole italiane perché dalle aule si propaghi un’onda di partecipazione e resilienza legalitaria, sollecitando i docenti a sensibilizzare costantemente i propri studenti sulle storie e le vicende che hanno interessato i martiri della legalità.