L’INCOMPIUTA

0

   –   di Vincenzo D’Anna*   –   

È noto agli amanti della musica che diversi grandi compositori abbiano avuto la loro grande “incompiuta”. Tra questi Mozart, Puccini, Bach, Mahler e Schubert hanno lasciato opere incomplete a causa della morte sopraggiunta, ancorché alcune di esse siano ancora oggi rappresentate nei teatri di tutto il mondo. Famose arie di tali composizioni, seppur non complete, vengono cantate dai più famosi artisti e tra questa la Turandot di Giacomo Puccini nota al grande pubblico per la famosa “all’alba vincerò”. Sulle “incompiute” circola anche un divertente aneddoto che Mino Martinazzoli, ultimo segretario nazionale della Democrazia Cristiana, raccontava per ironizzare sull’agire dei manager di talune aziende statali, allorquando questi venivano chiamati a risanarne i disastrati conti. Uno di questi era stato invitato ad un concerto musicale ove si rappresentava la famosa incompiuta di Schubert ma non potendovisi recare delegò il capo del personale a presenziare in sua vece. Quest’ultimo accettò di sostituire il suo capo ripromettendosi, all’indomani del concerto, di presentargli una canonica relazione scritta. Cosa che fece puntualmente scrivendo: “durante il concerto ho osservato che non tutti i maestri di musica sono necessari per l’esecuzione dell’opera rappresentata; sia i fiati che i violini, infatti, sono pletorici e spesso inoperosi, il che consiglierebbe di tagliare il numero dei musicisti che ben potrebbero eseguire l’opera in numero minore. L’opera stessa potrebbe essere accorciata cancellando le pause che la caratterizzano, di modo che si possa risparmiare tempo prezioso. Se così avesse fatto il compositore, oltre ai risparmi, avrebbe anche avuto il tempo di completarla e renderla compiuta”. L’aneddoto ovviamente non ha niente a che fare con l’opera di Schubert ma rende a dimostrare come spesso l’efficientismo e la smania di tagliare i costi procuri effetti risibili se non paradossali. Se un manager di tal fatta, col suo capo del personale, fosse stato designato a realizzare la grande incompiuta della Provincia di Caserta, ovvero il policlinico universitario che giace da decenni incompiuto, lungo l’Appia nell’insalubre zona delle Cave e dei cementifici adiacenti, nel tratto tra Maddaloni e Caserta, forse l’opera si sarebbe potuta ultimare. E tuttavia visto il ginepraio giuridico e fattuale nel quale l’opera oggi ancor si trova, neanche con la logica di quel direttore il plesso avrebbe visto finalmente la luce. In verità il Belpaese è cosparso, da Nord al Sud, di mostri di cemento, di opere progettate ed iniziate nel secolo scorso e lasciate all’incuria ed agli oltraggi del tempo. Ma che addirittura sia incompiuto, da un trentennio, un policlinico universitario, essenziale per una già operativa facoltà di Medicina e Chirurgia, è cosa fuori da ogni logica. Un monumento allo spreco di pubblico danaro, l’apoteosi della revisione continua dei prezzi e dei costi, il trionfo del groviglio inestricabile creato dalla burocrazia e dall’incapacità politica ed amministrativa, la vittoria dell’oblio e del disprezzo per le necessità sanitarie di un’intera provincia. Un calvario senza fine costituito dal palleggio di responsabilità tra Stato e Regione, competenze parcellizzate tra Ministeri e Rettorato universitario, tra Provveditorato alle opere pubbliche e pronunciamenti giudiziari innanzi ai tribunali amministrativi, civili e penali. Ben tre le grandi aziende costruttrici che nel tempo si sono avvicendate nei lavori. Diverse le gare d’appalto senza mai venirne definitivamente a capo. Di inaugurazioni dei nuovi cantieri di completamento, in pompa magna, se ne sono viste almeno un paio, accompagnate dalle solite mirabolanti rassicurazioni fornite dalle autorità intervenute sul posto, quasi sempre alla vigilia delle tornate elettorali. Comune di Caserta, Regione Campania, Università degli Studi, Ministeri competenti, organi tecnici e di controllo sui lavori, hanno costruito un dedalo di irresponsabilità nel quale si consuma ogni buon proposito e la volontà di venirne a capo. La stessa colpa in vigilando scontano i politici ed i rappresentanti delle istituzioni della provincia di Terra di Lavoro o di quel che ne rimane, stante la completa subalternità di quel ceto politico ai veri capi bastone che decidono, inaudita altera parte, negli alti consessi regionali e governativi. Ci sarebbe da chiedere a questi nostrani orecchianti della politica se per caso siano come i fiati ed i violini superflui dell’orchestra narrati nell’aneddoto innanzi citato, se la comunità casertana ne possa, cioè, fare a meno per non perdere tempo ad interrogare muti astanti, vecchi e nuovi occupanti della poltrona parlamentare e dei seggi regionali e provinciali . Quell’opera incompiuta potrebbe, invece, rappresentare un monumento a perenne memoria per i posteri della loro palese incapacità.

*già parlamentare