ALL’OMBRA DELLA REGGIA

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  danna ALLOMBRA DELLA REGGIA 

–   di Vincenzo D’Anna*   –                           

Precise e scapigliate, roboanti ed assertive le parole a sostegno delle immarcescibili certezze: quelle profferite da Vincenzo De Luca, vulcanico governatore della Campania, innanzi allo scheletro del costruendo policlinico di Caserta. Progettata nel secolo scorso, e non ancora realizzata, la cittadella sanitaria, intitolata a Luigi Vanvitelli, è un gigantesco fantasma che si staglia in lontananza, ricordo perenne di quanto sia grande il divario tra il dire ed il fare in questa sonnolenta provincia. Fin dagli albori la localizzazione del complesso diede la stura a velenose polemiche. Non furono pochi infatti coloro i quali obiettarono sulla salubrità della zona prescelta, ad un tiro di schioppo dalle cave e dagli stabilimenti cementizi in località San Clemente (cava Moccia) e Maddaloni (con il colosso Cementir). La posa della prima pietra risale ad oltre venticinque anni or sono: un quarto di secolo costellato di intralci burocratici, rimpalli di competenze e responsabilità, varianti in corso d’opera che hanno fatto lievitare e non di poco, i costi preventivati, provocando cause di ogni tipo tra le imprese esecutrici e la pubblica amministrazione. Il ministero dell’Università quello della Salute e la Regione Campania sono stati i protagonisti a vario titolo di questa vera e propria odissea che ha viste coinvolte almeno tre grandi imprese: quella vincitrice della gara e quelle subentrate successivamente. Il comune denominatore delle controversie dei conseguenti blocchi dell’attività edilizia, è consistito nelle perizie di variante che, a quanto pare, si sono rese necessarie per i vizi e le inadeguatezze progettuali dell’opera. A quanto pare, infatti, quanti progettarono l’ospedale nel secolo scorso sotto-dimensionarono i calcoli forse per farli combaciare con le risorse disponibili all’epoca. Non ci addentreremo nell’intricata controversia ormai affidata alla farraginosa macchina della giustizia italiana (nei suoi vari livelli di competenza). Ci limiteremo, in questa sede, a constatare che lo zelo nel non voler derogare ai progetti iniziali assentendo le varianti in corso d’opera, anche quelle oggettivamente necessarie, più che un risparmio ha determinato, con il trascorrere del tempo, ulteriori e maggiori aggravi di spesa. Inoltre, innanzi a questo colossale esempio di incapacità e di inefficienza gestionale a nessuno è mai stato chiesto di darne conto innanzi alla magistratura. Almeno a quella penale. In Terra di Lavoro, le toghe, spesso orientate politicamente, sono intervenute pesantemente prendendo anche qualche eclatante abbaglio. Parlamentari, consiglieri regionali e provinciali, sindaci di grandi e di piccoli Comuni sono finiti alla sbarra per questioni che, innanzi a tale sperpero, apparivano di dimensione infinitesimale. Tuttavia la parcellizzazione delle responsabilità ed il ginepraio che ne è scaturito hanno dato poco appiglio ai solerti pm perché si potesse sbattere un mostro in prima pagina, con il solito clamore alimentato dalla conferenza stampa della Procura intervenuta ed il corollario di trionfalismo e notorietà per gli inquirenti. Eppure a Santa Maria Capua Vetere ci si è dati da fare in questi lustri con non pochi provvedimenti giudiziari ed altrettanto hanno fatto, meritoriamente, i magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia. Per questa faccenda, però, solo silenzi ed oblio. Nel frattempo infuria la campagna elettorale con i candidati noti e meno noti e i big calati da Roma, che se le danno di santa ragione non lesinando accuse agli avversari. Tuttavia anche lorsignori soffrono di amnesia e neanche lo trattano questo scabroso argomento. Fa da pariglia alla questione Policlinico, quella della costituenda arteria viaria Caserta Benevento: un progetto praticamente sconosciuto che rischia di trasformarsi in leggenda mitologica. Da dove siano partiti i lavori, quando saranno completati ed a quanto ammonta il costo di questa altra colossale opera rispetto a quanto, circa venti anni, addietro stanziato dal CIPE per realizzarla, non è dato sapere. Anche su questo argomento tacciono sia i candidati locali sia i ministri ed i capi partito pronti a sfidarsi sul territorio. A questo punto una domanda sorge spontanea: ma questi ritardi, il plumbeo silenzio calato su queste opere si sarebbe mai verificato se le realizzazioni fossero state localizzate a Napoli oppure a Salerno? E questa manica di questuanti locali che, politici in sedicesimi, hanno ottenuto un collegio uninominale o posti appetibili nelle liste plurinominali dei partiti che contano elettoralmente, hanno o no consapevolezza di questi problemi? Avranno una dimensione culturale e capacità fattuali, se eletti, di aprir bocca almeno nelle aule parlamentari visto che oggi ignorano e tacciono? Se la politica riuscisse a recuperare l’interesse ed il consenso di cittadini avveduti che non barattino il loro voto, tali argomentazioni sarebbero il vero discrimine per orientare il consenso elettorale. All’ombra della reggia c’è un barlume di consapevolezza?

*già parlamentare