– di Alfredo Grado –
Ciascuno di noi avrebbe il diritto di esprimere la propria opinione. Dico “avrebbe” perché in realtà sarebbe meglio astenersi quando dietro quel diritto si nasconde il gusto del disprezzo. E quando parlo di disprezzo mi riferisco a quel sentimento negativo prodotto dalla convinzione di essere superiori. E si, perché il disprezzo si colloca al fianco di altre emozioni, come la rabbia e il disgusto.
Come ampiamente dimostrato da diverse ricerche scientifiche, in alcune situazioni sociali la rabbia va di pari passo con il disgusto e il disprezzo, facendo in modo che tutte quelle emozioni siano coinvolte nella stessa valutazione sociale. Ma allora perché esprimere cotanto astio nei confronti di chi ha scelto il male?
Parafrasando C. G. Jung potrei dire che ciascuno di noi cerca un modo di confrontarsi con la propria ombra, ma al contempo ne prende le distanze. Non è forse vero che se siamo a disagio con la nostra rabbia o la neghiamo arriviamo a sentenziare che gli altri sono collerici?
La riflessione non fa una grinza, ma non credo basti a giustificare i sentimenti riservati all’ex reggente del clan di Lauro, Cosimo, morto a soli 49 anni lo scorso 13 giugno presso la struttura penitenziaria milanese nella quale era detenuto in regime di 41 bis dal lontano 2005. Dico questo perché non può essere additata una scelta, soprattutto perché dietro una scelta c’è sempre una motivazione, bella o brutta che sia, e dietro quella motivazione c’è sempre un essere umano, depositario o prigioniero della sua storia. Non può essere condannata una scelta quando, malgrado il potere che detieni, non si è amati da nessuno. Quando in vita hai già ricevuto la condanna più temibile, quella della solitudine. Diversamente, possiamo continuare a sfogarci e prendercela con quanti hanno insanguinato la nostra terra, ma non credo che questo metterà l’animo di tutti in pace. Potremmo iniziare a sperare in qualcosa di diverso allorquando il tempo speso per disprezzare gli altri lo usassimo per salvare quei ragazzi che stanno per fare proprio quella scelta, e ne sono tanti! Potremmo iniziare a sperare in qualcosa di diverso qualora capissimo che l’ascolto dei nostri figli o dei nostri studenti crea un legame invisibile, fatto non solo di orecchie, ma anche di cuore e di occhi.
“Si chiamava Cosimo Di Lauro. Fu un camorrista spietato, vigliacco, sanguinario. Un vero terrorista. Nessuno mai lo amò” (da un messaggio di Don Maurizio Patriciello).