CAMPOBASSO – “La nuova legge sui tartufi attualmente in discussione in Commissione Agricoltura al Senato rappresenta un maldestro tentativo di boicottaggio delle eccellenze territoriali della gran parte delle regioni italiane, soprattutto quelle del Sud come il Molise. Per questo, dopo aver condiviso la mia preoccupazione in merito con le associazioni del settore, mi sto attivando perché la stessa venga emendata al più presto”.
Lo dichiara il senatore Fabrizio Ortis il quale, insieme alla collega Rosa Silvana Abate, che siede appunto in Commissione Agricoltura, ha incontrato ieri in videoconferenza Vittorio Palombo, presidente del Centro Tartufi Molise, attivo da più di 20 anni, e Cristian Rossi, presidente di Adat, l’Associazione difesa ambiente e tartufo, operativa dal 2008.
Ortis fa esplicito riferimento all’articolo 6 della proposta di legge, che riporta – nell’elenco delle specie che possono essere raccolte e destinate al consumo – il nome specifico soltanto di quelle umbre e piemontesi. Una scelta ad excludendum, senza alcuna ricaduta positiva sull’economia dei territori, mediante un utilizzo della nomenclatura scientifica “assolutamente improprio – dichiara il senatore – perché rischierebbe di tagliare fuori le altre realtà presenti nel vasto territorio nazionale, penalizzando soprattutto quelle del Sud e istituendo di fatto un monopolio per mere ragioni geografiche. Anche in Molise, in Calabria e in tante altre regioni d’Italia si raccolgono e coltivano tartufi pregiati, che rappresentano un settore dell’agricoltura economicamente importantissimo, in termini di potenziale di sviluppo e di forza lavoro già impiegata. Associare il tartufo solo a determinate regioni è un concetto sbagliato, se si pensa che solo il Molise produce dal 40 al 60 per cento del tartufo nazionale, che viene infatti venduto anche ad Alba”.
“Con la nostra azione politica – continua Ortis – io e la collega Abate stiamo cercando di proteggere il nostro tartufo e tutta la produzione d’eccellenza. Se questa legge dovesse passare così com’è – conclude – significherebbe a lungo termine penalizzare le filiere produttive che possono avere un riconoscimento derivante da un lavoro di squadra, non da una legge”.