NEPOTISMO AMORALE

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–   di Vincenzo D’Anna  –                                          

Che Caserta conti quanto il “due di briscola” nelle scelte (politiche e programmatiche) della Regione Campania è cosa, purtroppo, risaputa. Non da oggi, s’intende, ma da gran lungo tempo e, più in generale, da quando la classe politica di Terra di Lavoro è stata falcidiata, spesso con finalità politiche, da certa magistratura. In particolare da quella categoria di togati che per anni ha esercitato un potere para politico nella propria giurisdizione. Pesano, su questo versante, i silenzi ipocriti e codini sia di certa stampa inginocchiata ai voleri della Procura che dagli stessi protagonisti che oggi calcano la scena, per assoluta mancanza di nerbo e di capacità. Insomma: niente di nuovo all’ombra della reggia Vanvitelliana, ove i fatti della politica si riducono al tramestio quotidiano della politica politicante. Perlopiù gente assurta alla notorietà, dopo essere stata nelle quarte file di un teatro ove si recita a soggetto il vecchio e logoro copione del clientelismo e del familismo amorale e più in generale dell’accaparramento dei voti. Uno stato di cose che caratterizza da secoli l’agire politico nel meridione d’Italia come tratto distintivo di un elettorato che sceglie più per convenienza che per convincimento. Cento e passa Comuni, quelli che compongono la provincia che fu Terra di Lavoro, nei quali i sindaci sono merce preziosa per orientare l’elettorato e che si accasano alla corte dei consiglieri regionali per ottenere finanziamenti ed altre utilità per la propria comunità. Nulla di male se, mischiate a queste richieste, non vi fosse perennemente presente anche la cura del particolare per i grandi elettori dei primi cittadini e, tra questi, quella dei loro familiari. Una rete ben oleata che, col passare delle generazioni, cambia solo le facce dei potenti e giammai l’andazzo di una prassi politica che è spesso fonte di interessi particolari. E tuttavia questo non basta per giustificare la costante presenza degli interventi della magistratura, che spesso colpisce i non accreditati presso le tutele ideologiche assonanti con quelle degli inquirenti politicizzati. Per dirla tutta: l’azione giudiziaria si rivolge, in molti casi, verso coloro i quali vengono individuati come esponenti di un ceto politico – quello di centrodestra – ritenuto, ontologicamente, criminogeno, per l’inveterata abitudine di praticare logiche politiche illegali. Il fenomeno del clientelismo e dello sperpero del denaro del contribuente, per quanto diffuso come portato culturale, viene essenzialmente monitorato sul versante degli esponenti di ideologie che si pongono in antitesi con quelle che inneggiano all’opera moralisteggiante dei giudici che strizzano l’occhio alla sinistra. Il caso Palamara ho svelato anche i contorni di questo inconfessato legame che gira attorno ai favoritismi politici per occupare i vertici delle procure, ancorché sul caso sia stata prontamente messa la sordina, nel mentre restano riservate le bobine di intercettazioni di taluni magistrati che tuttora reggono importanti Procure della Repubblica. Tornando al ragionamento politico iniziale, c’è da ribadire quanto già scritto su questo stesso sito, ovvero che la frammentazione organizzata da De Luca nel mare di liste civiche che ne ha accompagnato la rielezione a governatore della Campania ha favorito – grazie al premio di maggioranza – l’elezione di persone incapaci di un benché minimo ed autonomo contrasto alle volontà salernitane che dominano le scelte nel palazzo di via Santa Lucia. Gente che ritenendo di avere un debito di gratitudine nei confronti di quanti li hanno agevolati ad essere eletti, si accontentano di campare alla giornata. Una manciata di finanziamenti a pioggia erogata per il tramite di questo o di quel consigliere regionale dal dominus politico di turno è la contropartita al silenzio imbelle di quanti gestiscono i fondi ricevuti per blandire sindaci e comunità locali. Insomma la vecchia guerra personalizzata tra re travicelli organizzatisi con quadrate legioni di amministratori municipali per riceverne le preferenze in futuro. Brilla, tra cotanto grigiore e muta sudditanza, la stella dell’on. Giovanni Zannini che ha la schiera più organizzata e numerosa di grandi elettori e che ha fortemente condizionato e determinato gli esiti del rinnovo del Consiglio provinciale e la riconferma di Giorgio Magliocca, ex enfant prodige del centrodestra ma vocato agli ibridi politici ed al trasversalismo per rimanere in sella. Così è stato anche per Carlo Marino nel Comune capoluogo, con l’orgia di liste fai da te e con l’elezione di persone che guardano alla politica del contingente. Il centrosinistra offre un’immagine speculare, con l’aggravante di essere protagonista di una stagione di nepotismo come quella che viene fuori dalle graduatorie dei vincitori dei concorsi regionali con assunzioni di parenti di uomini politici di stretta osservanza deluchiana. Un familismo amorale che ben rende concreta quanto sia vuoto il contenitore della politica casertana.

*già parlamentare