– di Davide Fusco –
‘U Chionzo, Ciccemeniello, ‘A Zi Vittoria, Fetone. Un tempo i sannicolesi chiamavano i propri compaesani con questi ed altri cuntranomme (soprannomi). La città era un villaggio con numerosi casi d’omonimia. I D’Andrea, i Leone e i Feola proliferavano. Per cui tutti erano identificati con un soprannome personale o ereditato dalla famiglia d’appartenenza. Chi l’ereditava non sempre era contento. Spesso, infatti,u cuntranomme segnalava il difetto d’un lontano avo. A volte era fisico (Nasone, ‘U Zannuto); altre del carattere (Arigna, ‘U Spaccone); in qualche caso segnalava una scarsa igiene (‘A Muccosa). Altre volte u cuntranomme non riguardava difetti ma la pratica di antichi mestieri (‘U Funaro, ‘U Tagliamonte, ‘U Mannese); altri, infine, sono avvolti nel misterioso fascino dell’inspiegabilità (Mignimagne, Pilli Pall). Ciascuno ha alle spalle una storia degna d’esser raccolta e posta in quell’immortale scrigno che è la scrittura. È ciò che intende fare questa rubrica. Il trenta d’ogni mese uscirà col racconto d’un cuntranomme della San Nicola che fu. Aiutaci a raccoglierli contattandoci a d.fusco92@libero.it
O’ Pessican
E’ aprile 1907. Vincenzo D’Ambrosio è a bordo della Neckar. È stanco d’una vita di stenti. Ha deciso: lascerà la moglie e i cinque figli a San Nicola per cercar fortuna in America. Il 21 aprile un compagno di viaggio avvista la statua della libertà. La Neckar approda a Ellis Island, isolotto nel porto di New York che dal 1892 funge da stazione di smistamento degli immigrati. Vincenzo D’Ambrosio scende, medici e funzionari federali l’esaminano e lo giudicano idoneo all’ingresso negli Stati Uniti. Un gruppo di poliziotti l’accompagna al molo del traghetto per Manhattan.
Vaga per gli Stati Uniti fino a sconfinare in Messico. In due anni riesce ad accumulare un gruzzoletto tale da poter tornare. Nel 1909 è di nuovo a San Nicola. Acquista un terreno nei pressi dell’emiciclo ovest della rotonda. Qualche anno dopo, racconta il secondogenito Domenico ai nipoti, torna in Messico. Altri due anni, altro gruzzoletto. Torna e acquista un nuovo terreno lì dove un tempo sorgeva la casa di riposo chiamata Battiloro. Il contadino che nel 1907 partì con una valigia piena di sole speranze s’era trasformato in un possidente. Ciò non sfuggì ai compaesani. Per indicare la provenienza della sua fortuna presero tutti a chiamarlo o’ Messican. Come e perché la P avesse poi preso il posto della M è un mistero che i nostri avi portarono per sempre via con sè.
‘A Ross
Negli anni 20 Fu affibbiato alla signora Laura Motta. Era una donna imponente, alta, robusta e rossa. Abitava col marito Giovanni Zampella in un ampio portone a metà via Venti Settembre. Avevano 8 bocche da sfamare e svariate terre da coltivare. Erano tempi in cui alle donne, in paese, era consentito andare in piazza soltanto per la messa domenicale. E pure i coniugi gestirono sempre gli affari assieme. Anzi, quando c’era da fare una compravendita se ne incaricava sempre la signora Laura. Sapeva bene che il marito aveva un carattere troppo mite per le trattative. Lei, invece, era rigida, inamovibile. Chi ne ha memoria racconta che strapparle sconti era impossibile. Il che da una vaga idea del perché del suo cuntranomme. A’ ross non solo per il colore dei capelli, ma soprattutto per la natura sanguigna del suo carattere. La vita le serbò sorprese amare: il primogenito Agostino fu fucilato dai tedeschi nel 1944; lei, invece, si spense nel 1979, un anno prima di quel maledetto 17 novembre 1980 in cui il figlio Salvatore e la nipotina Natalina rimasero schiacciati sotto un pesante albero d’uva fragola. Dopo tutti questi anni qualche attempato in paese continua ad usare il suo cuntranomme per indicarne figli e nipoti.