– di Ursula Franco* –
Un caso di omicidio resta irrisolto a causa di indagini lacunose o per le errate inferenze degli inquirenti quando le indagini siano sufficienti ad individuarne l’autore. Nel primo caso non sempre si può rimediare, pertanto non è detto che un cold case si possa risolvere.
Una conferma del coinvolgimento o meno di un soggetto e della veridicità di ciò che affermano eventuali testimoni, anche a distanza di decenni, viene dall’analisi del loro linguaggio con la Statement Analysis.
Riguardo al caso di specie si impongono alcune riflessioni.
La breve dichiarazione dell’indagata
Negare in modo credibile è gratis. Da Anna Lucia Cecere, indagata per l’omicidio di Nada Cella, a 25 anni dai fatti, ci saremmo aspettati che negasse in modo credibile di aver ucciso la segretaria di Chiavari, ci saremmo aspettati che emettesse 6 parole, che dicesse “Io non ho ucciso Nada Cella” ed invece la Cecere ha detto: “Fatemi pure il Dna, fate gli accertamenti che volete, non ho nulla a che vedere con quella ragazza. Non ho niente da nascondere”.
Come abbiamo visto la scorsa settimana, la Cecere non solo non ha negato in modo credibile di aver ucciso la Cella ma ha minimizzato quando ha detto “non ho nulla a che vedere con quella ragazza”. La Cecere è infatti indagata per l’omicidio di Nadia Cella non per “avere a che fare con quella ragazza”. Ma poi, “quella ragazza” chi? Ls Cecere ha definito la vittima, che ha un nome ed un cognome precisi, “quella ragazza” e ha fatto precedere a queste due parole la preposizione “con” per prenderne le distanze. Secondo il Dr. Peter Hyatt, uno dei massimi esperti mondiali di Statement Analysis: “if someone has criminal guilt, the brain has an incredible way of surviving: minimizes, justifies, rationalizes anything to not be face to face with their guilt” (Il cervello di un colpevole ha un modo incredibile di sopravvivere: minimizza, giustifica, razionalizza qualsiasi cosa per non trovarsi faccia a faccia con la propria colpa).”
Aggiungo che, a distanza di tanti anni, anche chi ha commesso un omicidio può negare in modo credibile di aver ucciso. E allora vi chiederete come si possa capire se menta o meno. “No man can lie twice” (nessuno è capace di mentire due volte) è una regola della Statement Analysis ovvero nessuno è capace di mentire e poi di riferirsi alla propria menzogna affermando di aver detto la verità. In poche parole, se un soggetto nega in modo credibile di aver commesso un omicidio, se non l’ha commesso, alla nostra domanda “Perché dovrei crederti?” risponderà “Perché sto dicendo la verità” o “Perché ho detto la verità”, se invece è l’autore dell’omicidio e ha quindi falsificato la negazione, risponderà con frasi del tipo “Perché non dico bugie”.
I messaggi della Cecere
In un messaggio alla Dottoressa Pesce Delfino, Anna Lucia Cecere ha detto: “Senti, non fare la finta tonta, eh, hai capito con me? ora faccio riaprire il caso, stai tranquilla, anzi ho saputo adesso da Chiavari, ho parlato ora con la polizia di Chiavari che forse è stato già riaperto il caso. Stai tranquilla, ti ci trascino per i capelli, eh, poi ti faccio fare le domandine e gli indovinelli. Indovina, indovinello, quale zoccola è venuta a casa mia?”
Perché la frase “ti ci trascino per i capelli” è particolarmente interessante?
Perché potrebbe essere “leakage (rilascio involontario di informazioni che stazionano nella mente di chi parla)”, infatti, chi uccise Nada Cella, dopo averla colpita con un oggetto contundente alla testa, la prese per i capelli per sbatterle la testa a terra.
In un altro messaggio alla Dottoressa Pesce Delfino, la Cecere ha detto:
“Non c’è niente di male però… b… inizia tu a dire la verità, brutta stronza, bugiarda, eh, che cosa sei venuta a fare oggi a casa mia? Lo posso sapere? Chi ti manda? Su cosa stai indagando? Domani finisci sui giornali, ti faccio vedere io.”
Si noti “inizia tu a dire la verità”, una frase rivelatrice del fatto che un altro soggetto nasconde la verità.
Alcune dichiarazioni di Federica Sciarelli e di Silvana Smaniotto, madre di Nada Cella, Silvana, andate in onda di recente durante una puntata di “Chi l’ha visto?”:
Sciarelli: (…) che cosa succede che… che Nada però in quello studio non ci voleva più andare, quindi c’era qualche cosa che succedeva nello studio del commercialista Soracco perché lei dice alla mamma, si confida ma confida solo questo “Io lì a lavorare non ci voglio più andare”, poi sarà trovata morta in quello studio del commercialista.
Silvana Smaniotto, madre di Nada Cella: Ultimamente però non voleva più andare nell’ufficio, quindi qualcosa c’era, diceva che non voleva più andare perché non le piaceva il lavoro. Per me era una scusa. Adesso penso che sia stata una scusa per venire via. Però non so il motivo, è questa la cosa che più mi attanaglia (…) Una sera abbiamo arrivate a casa eee era… s’è messa a mangiare, poi ha posato le posate, s’è messa a piangere e ha detto: “Io non voglio più andare in quell’ufficio” e io c’ho detto: “Ma perché? – no – “Cos’è successo? – ho detto – magari l’ha ripresa, l’ha sgridata, può succedere, no, dico: “Hai sbagliato qualcosa e lui…?”, “No, no” – ha detto: “No, no, non ci voglio più andare”, “Ma perché? Ci sarà un perché?”, “Non mi piace il lavoro” – m’ha detto, e poi… è andata in bagno e io gli sono andata dietro non… ha detto: “Non ne parliamo più, basta… piuttosto vado a fare delle pulizie” – ha detto.
Sciarelli: Allora che cosa succedeva lì in quello studio? Perché Nada diceva no basta non ce la faccio più?
Alcune dichiarazioni della madre di Nada Cella, Silvana, andate in onda durante una puntata di “Quarto Grado”:
Giornalista: Lei era a conoscenza del fatto che ci… circolavano voci che ci fosse un’infatuazione da parte di Soracco verso sua figlia?
Silvana Smaniotto, madre di Nada Cella: No, io… non lo sapevo, non lo sapevo e lei nnnn… non ha mai… non ha mai… detto questa cosa qua, però di… una sera era tornata da lavoro, io avevo preparato da mangiare e lei… s’è messa a piangere eee ha detto: “Io non voglio più andare in quell’ufficio” e io son rimasta un po’ basita, no, perché, ma dico “Ma cosa è successo? T’ha sgridato? Hai sbagliato qualcosa? – dico – “Ma è normale eh”, “No, no” – m’ha detto – “Non… no, non è successo niente ma io non ci voglio più andare”, “Ma allora perché” – c’ho detto – “non ci v…”, “Perché non mi piace quel lavoro” – ha detto.
C’è qualcosa che accomuna Marco Soracco e Nada Cella, né la Cella né il Soracco erano esperti di disturbi gravi di personalità pertanto né la giovane segretaria né il commercialista potevano immaginare che qualcuno che conoscevano potesse odiare la Cella e soprattutto desiderare la sua morte. ll fatto che il Soracco non abbia indicato agli inquirenti la pista giusta da seguire e che la Cella non abbia riferito alla madre nulla di significativo che potesse indirizzare le indagini si spiega facilmente, il movente ha a che fare con il disturbo antisociale di personalità di chi ha commesso l’omicidio non con fatti concreti. Soracco ha portato la croce del sospetto per più di 25 anni e, come i familiari della Cella, è una vittima di un’indagine infelice.
La telefonata dell’anonima alla Bacchioni
Marco Soracco consegnò agli inquirenti la registrazione di una telefonata di una donna anonima, telefonata alla quale rispose sua madre Marisa Bacchioni, durante tale telefonata del 9 agosto 1996 l’anonima fornì alcune indicazioni sui movimenti dell’attuale indagata relativi alla mattina dell’omicidio di Nada Cella.
Di seguito la trascrizione di alcuni stralci di quella telefonata:
Anonima: Venivo giù in macchina, sì, da Carasco. Ha capito?
Marisa Bacchioni: Sì.
Anonima: Eh e l’ho vista che ha… che era sporca, ha infilato tutto nel motorino, io l’ho… l’ho salutata non m’ha guardato e infatti ci dico la verità 15 giorni fa l’ho incontrata in carruggio, che andavo alla posta, non m’ha nemmeno guardato, è scivolata di là, verso sera.
Anonima: Si conoscono, si conoscono, signora, è che stanno tutte zitte perché eravamo diverse, io non faccio i nomi perché c’eravamo diverse, io non so perché le altre non parlano ma n’eravamo in 5, signora (…).
Anonima: Ma pensi un po’ che io il sospetto mi è venuto… al pomeriggio, quando l’ho saputo…
Marisa Bacchioni: Sì.
Anonima: ho detto “Madonna quella stamattina di sicuro (incomprensibile), però anche… poi abbiamo parlato con qualche ragazza fra noi, ha detto: “Sì” – dice – “Ce l’ha l’ardire perché quando dice che spacca la testa in due” (…).
Quand’anche l’anonima non fosse attendibile, si tratta comunque di una telefonata utile ai fini investigativi per il comportamento tenuto dalla Bacchioni. Il suo comportamento permette infatti di escludere un coinvolgimento e del Saracco e della stessa Bacchioni e della di lei sorella. La Bacchioni, infatti, ascoltò l’anonima senza dir nulla per rinforzarne i convincimenti. Se a commettere l’omicidio fosse stato suo figlio o lei o sua sorella, quale miglior occasione le si sarebbe potuta presentare per allontanare i sospetti?
Infine è interessante che le conoscenti dell’indagata (con tutta probabilità compagne d’Istituto) l’abbiano sentita dire che avrebbe spaccato la testa in due a qualcuno.
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* Medico Chirurgo, Criminologo, Statement Analyst. E’ allieva di Peter Hyatt, uno dei massimi esperti mondiali di Statement Analysis (tecnica di analisi di interviste ed interrogatori), si occupa soprattutto di morti accidentali e suicidi scambiati per omicidi e di errori giudiziari. Fa parte del Forensic Team della COLD CASE FOUNDATION, una Fondazione Americana che si occupa di casi irrisolti, Executive Director: FBI Profiler Gregory M. Cooper.