di Vincenzo D’Anna*
All’ombra della maestosa reggia vanvitelliana si è consumato il primo atto della tornata elettorale delle comunali. Infruttuosi gli esiti del verdetto, almeno al momento. Per conoscere, infatti, chi tra i contendenti indosserà la fascia tricolore di primo cittadino bisognerà attendere il secondo turno. Come altrove, anche a Caserta l’hanno fatta da padrona le liste “fai da te” che hanno ospitato una miriade di liberi pensatori, perlopiù a digiuno di qualsivoglia orientamento politico dichiarato. Gli unici schieramenti di partito, quelli del Pd, Italia viva, Forza Italia, Fratelli d’Italia e lo scudocrociato del Centro Democratico, hanno racimolato briciole, toccando, all’unisono, i minimi storici del consenso popolare. Uno scontro certo impari, il loro, con le altre decine di liste “civiche”, preparate dagli aspiranti sindaci a sostegno della propria candidatura. Una fotografia eloquente di quanto la politica, nel senso partitico, sia giunta ai minimi termini nel capoluogo di Terra di lavoro. Le forze tradizionali non hanno avuto neanche la giustificazione dell’assenteismo, essendosi recato ai seggi oltre il settanta per cento degli aventi diritto al voto. Insomma: una deriva ed una débâcle che non lascia margini a benevoli commenti, neanche a quelli che pure in queste ore i leader politici stanno proferendo, da Roma a Milano, arrampicandosi sugli specchi. Eloquente, anzi, è apparsa la sconfitta di una classe dirigente composta variamente da coordinatori cooptati dai vertici nazionali, parlamentari e dalla corte di consiglieri regionali e provinciali di quegli stessi partiti diventati un simulacro di quegli schieramenti che fino a qualche lustro fa operavano tra Caserta e provincia. In questa babele si è incuneata una pletora di aspiranti consiglieri comunali: politici in pectore, depositari del qualunquismo ideologico e dell’improvvisazione auto referenziale. “Mal comune mezzo gaudio”, recita l’adagio popolare, che comunque non assolve nessuno e non cambia il giudizio di fondo che la ricostruzione politica ed etica della classe dirigente casertana, sia ancora molto di là da venire. Tuttavia una regola antica e sempre valida, quella che prevede che si debba operare col materiale umano di cui si dispone, consentirà di riempire comunque gli scranni di palazzo Castropignano, sede del civico consesso. Quale possa essere, poi, la qualità e la stabilità amministrativa innanzi a tali presupposti, non è difficile da prevedere. Chiunque occupi la poltrona di sindaco sara tirato per la giacca da molti parvenu e bellimbusti risultati eletti in civiche della cui connotazione politica e programmatica nessuno conosce i contorni. In proposito sovviene l’aforisma della farina (i voti) e delle zeppole (le opere). Molti tra gli eletti hanno certo portato voti (la farina) ma è altrettanto certo che le zeppole non le sapranno fare, mancando in loro qualsivoglia preparazione di stampo politico-amministrativo. Ma tant’è! Un grande filosofo tedesco Friedrich Hegel soleva ripetere che tutto ciò che è reale può considerarsi anche razionale e viceversa. In base a questa profonda considerazione i casertani potranno comunque usufruire di un’amministrazione comunale della quale certo, in futuro si lamenteranno, immemori della circostanza che in democrazia eletti ed elettori si somigliano. Nasce da questo legame la legittimazione degli eletti a governare la città nonostante i limiti che si portano appresso e che, svanita l’enfasi del successo, potrà rivelarsi anche dannosa per la risoluzione dei problemi che storicamente affliggono il capoluogo. Siamo spinti a dire queste amare parole non per denigrare gli eletti quanto per ricordare a coloro che votano quanto risulti importante ricostruire un tessuto politico e partitico che possa offrire loro candidati in grado di avere una minima cognizione di causa dei doveri ai quali devono adempiere. Quanto poi agli esiti elettorali registrati nel corso del primo turno della competizione, c’è da rilevare una sostanziale parità tra Carlo Marino ed il più giovane antagonista che ne insidia il successo, Gianpiero Zinzi. A decidere sarà il gioco delle alleanze con le liste concorrenti escluse dal ballottaggio. In particolare il posizionamento dell’ex sindaco Pio Del Gaudio e del suo elettorato. Se il gioco delle affinità politiche pregresse consentirà la riunificazione del centrodestra, allora favorito risulterà Gianpiero Zinzi, ancorché pesi il pregresso, ovvero l’aver, quest’ultimo, determinato, in passato, la caduta della amministrazione a guida moderata. Se prevarranno, invece, i rancori ed una visione non politica, Carlo Marino potrà avere vita facile. Per paradosso, tutti e tre i dominus, Marino, Del Gaudio e Zinzi provengono, ancorché in tempi diversi, da una stessa area di stampo moderato e questo, sul piano squisitamente politico, depone per l’affermazione di un sindaco con le stimate del moderato. La politica è pur sempre l’arte del divenire e questo resta l’unico alone di mistero sull’esito della contesa.
*già parlamentare