DOCENTE DI ISTITUTO SUPERIORE DEMANSIONATA A PERSONALE ATA, ACCOLTO IL RICORSO E REINTEGRATA

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AVERSA – Importante vittoria dinanzi al Giudice del Lavoro per una docente di un istituto superiore di Aversa e per il suo avvocato Antonio Rosario De Crescenzo.

La donna, una cinquenne residente nella città normanna, era stata illegittimamente demansionata e ricollocata in altro profilo impiegatizio, a fronte del giudizio di “inidoneità” precedentemente espresso dalla competente Commissione Medica di verifica.

Dopo essere stata sottoposta al procedimento di verifica della idoneità psicofisica previsto per i dipendenti pubblici, conclusosi con un giudizio di “inidoneità” permanente relativa alla funzione di docente, la donna veniva destinata ad altre mansioni e, nello specifico, ricollocata nei profili del personale A.T.A. Successivamente, però, l’Amministrazione datoriale aveva provveduto d’ufficio a collocare la dipendente in aspettativa per infermità.

Per la docente non era rimasto altro da fare che rivolgersi all’avv. De Crescenzo, amministrativista e giuslavorista con studio a Caserta, per proporre ricorso dinanzi al Tribunale di Napoli Nord, articolato secondo diverse censure di illegittimità, e contestare la scelta della P.A., nonché lo stesso giudizio di inidoneità espresso dalla Commissione medica di verifica, poiché ritenuto contraddittorio, incoerente ed abnorme alla luce della patologia sofferta dal ricorrente.

Il Giudice del Lavoro, Fabiana Colameo, con sentenza n. 3585/2021, ha ritenuto fondate le motivazioni dedotte con il ricorso dell’avv. De Crescenzo, tenuto conto anche dell’esito della Consulenza Tecnica d’Ufficio, per cui ha condannato il Ministero dell’Istruzione a riassegnare il dipendente alle mansioni di docente.

Inoltre, il Tribunale ha accertato e dichiarato la computabilità, ad ogni effetto di legge, del periodo di aspettativa per “infermità” scaturito dal provvedimento impugnato quale ordinario periodo di assenza per malattia e, per l’effetto, ha condannato il Ministero dell’Istruzione a corrispondere al ricorrente la retribuzione integrale senza alcuna decurtazione per tale periodo di assenza dal lavoro, oltre alla refusione delle spese processuali.