L’UMANITÀ APPESA ALLA SPIKE

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–   di Vincenzo D’Anna*   –     

Sono molte le cose della vita a suscitare negli uomini ansia e paura, soprattutto se rientrano nel novero di quelle ignote. Alla base del turbamento psicologico c’è sicuramente il timore che queste possano provocarci danni fisici, oppure pregiudicare le aspettative di una vita che desideriamo tranquilla e sicura. Il progresso tecnologico ha enormemente incoraggiato l’idea che l’umanità intera potesse ritenersi affrancata dai pericoli e dalle malattie che l’hanno flagellata per secoli. Sono infatti lontani i tempi delle epidemie, delle carestie, delle catastrofi ambientali, delle guerre. Fattori che incidevano sia sulla qualità che sulla durata dell’esistenza degli esseri umani. Man mano che il progresso e le scoperte scientifiche (queste sostenute, mediante l’uso di macchine e strumenti) sono andati avanti, si è diffusa nell’uomo l’idea di essersi finalmente messo al riparo dai pericoli. In sintesi: che ci fossero gli strumenti giusti per fronteggiare, arginare se non distruggere malattie e privazioni. Tuttavia così non è stato. Anzi, il progresso e le nuove conoscenze hanno finito per creare nuovi problemi ai quali porre rimedio. Dall’energia atomica, all’inquinamento atmosferico, fino allo sfruttamento selvaggio delle risorse naturali (ed al conseguente squilibrio dell’eco-sistema), si sono originati altri motivi di perplessità e di insicurezza sociale. La degradazione chimica di sostanze utilizzate in agricoltura e nell’industria ha finito con l’intossicare interi continenti. Il mare si è trasformato in un ricettacolo di inquinanti organici e sintetici, l’atmosfera in un “polmone” annerito dalle emissioni selvagge di anidride carbonica e polveri sottili. Il nuovo elenco dei pericoli e delle minacce per l’umanità si è chiuso con l’insorgere di nuove malattie dovute sia agli inquinanti che all’alto contenuto calorico dei cibi raffinati ed edulcorati, se non sofisticati, da parte chi li produce. Pensavate mancassero all’appello le epidemie? Invece no. Con l’aviaria prima ed il Covid poi, anche questa sicurezza è venuta meno. Anzi, quest’ultimo flagello sembra essere il maggiore pericolo per una larga parte della comunità umana. Non tanto per l’elevato numero di vittime che si sono avute (ben oltre il milione), quanto per i sommovimenti sociali e le limitazioni alla libertà dei singoli individui che il dilagare del contagio ha provocato sulla faccia della Terra. Si aggiunga come corollario di quest’ultima condizione lo squilibrio economico registrato a livello mondiale a causa della diffusione della pandemia di Sars Cov2, con il riverbero sulla piena occupazione e la produzione di beni e servizi, ed il quadro è tracciato. Insomma, viviamo in un mondo ormai globalizzato, con sistemi economici che vanno oltre le singole nazioni, ma il cui ingranaggio si è inceppato a causa di un virus saltato da una specie animale all’uomo. Del Covid sapevamo poco o niente e quindi per mesi lo abbiamo affrontato a tentoni, quasi brancolando nel buio come fecero le comunità umane nei secoli scorsi innanzi al colera, alla peste bubbonica ed al vaiolo. Col passar del tempo, però, la scienza, sollecitata e finanziata dai governi, ha cominciato a squarciare il velo dell’ignoranza commettendo, tuttavia, errori inevitabili per chi si affida alle prove empiriche. Siamo quindi venuti a capo di molte conoscenze sul determinismo con cui si diffonde la malattia, l’eziopatogenesi del morbo, i rimedi profilattici e terapeutici per limitare i danni. La fretta dettata dallo stato di necessità non ha consentito di sperimentare appieno quei rimedi e non pochi dubbi e perplessità sono sorti in larghi strati della popolazione. Acclarato che il rimedio sia una terapia genica, assimilabile ad un vaccino, molti hanno temuto danni futuri indotti da questa terapia. In effetti non avevano tutti i torti. Atteso, infatti, che ormai sembra acclarato che le complicanze mortali siano indotte da diffusa trombo embolia, si teme che il rimedio possa causare complicanze a medio o lungo termine. È ormai certo il presupposto che la proteina Spike, prodotta dallo stimolo genetico introdotti nel nostro organismo, non sia innocua né neutra, anzi sopravviva in circolo per mesi, in concentrazioni superiori agli anticorpi che pure induce a produrre. Pare che la proteina non neutra danneggi gli endoteli vasali inducendo, in taluni casi avversi, lesioni e danni vascolari. Se questa evidenza si limita a creare danni a pochi soggetti nel mare magno di miliardi di persone vaccinate, resterà un rischio da correre comune a tutte le altre pratiche mediche. Viceversa se nel medio lungo periodo i casi avversi si rivelassero significativi ed includessero anche altre patologie, l’intera umanità sarebbe a rischio di complicanze. Che il mondo intero potessero essere appeso ad una proteina virale dal peso di nano grammi, è un grande paradosso ed al tempo stesso un grande ammonimento per l’albagia dell’Uomo che si crede Dio.

*già parlamentare