LA MALEDIZIONE DELLE CAVE

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Di Pasquale Iorio

Come intitolò un giornale locale nel 2012 a Caserta e Maddaloni continua la maledizione delle cave. Ogni volta che lo sguardo va in quella direzione, ci appare uno spettacolo sempre più spettrale: intere colline sono state divorate e sfregiate dai cosiddetti “cavaioli”, che nonostante i divieti di legge continuano imperterriti la loro opera predatoria. In questo scenario desta ancor più preoccupazione ed allarme la notizia che il Genio Civile abbia prorogato di due anni la licenza alla cava Luserta, un vero mostro predatore collocato proprio sulla cima delle colline, nei pressi del santuario di S. Michele e della Fondazione Leo Amici. Lo sfregio delle cave è diventato enorme. E’ sotto gli occhi di tutti. Ora quelle colline non ci proteggono più come una volta. E purtroppo la situazione viene aggravata dai mutamenti climatici. La corta visione politica e la scarsa sensibilità ambientale degli amministratori continua a produrre danni incalcolabili: un dissesto idrogeologico senza pari. Non basta la chiusura delle attività dei due cementifici (Cementir e Moccia dei veri “mostri industriali” nel pieno della conurbazione casertana), bisogna impedire che in vari punti si continui a scavare ed estrarre calcare (come si può vedere a occhio nudo), bisogna fermare del tutto queste attività, che da decenni ci divorano la vita e la salute. Per queste ragioni dobbiamo chiedere con forza alle più alte autorità dello Stato e della Regione – anche al Governo – di bloccare questa folle corsa verso la distruzione dell‘eco-sistema in una delle aree a più alta densità urbana e produttiva. Da parte delle associazioni ambientali e comitati dei cittadini più volte è stato riproposto all’attenzione dell’opinione pubblica lo scempio già prodotto con la devastazione delle cave con un’opera di distruzione ecologica, che ha già prodotto una situazione di dissesto ambientale per molti versi irreversibile. Un incredibile silenzio, accompagnato da disattenzione (spesso connivenza), caratterizza le istituzioni locali e le forze politiche, che rimangono inerti e “distratte” di fronte a questo immane disastro. Ora è arrivato il momento di ribellarsi e di indignarsi, di riprendere l’iniziativa per lanciare un appello, rivolto in primo luogo alle massime autorità istituzionali (dalla Regione Campania alla Provincia fino ai Sindaci di Caserta, Casagiove  e Maddaloni). In particolare chiediamo ai candidati sindaci un impegno serio per il varo del Parco dei Colli Tifatini. Al riguardo, come è avvenuto in tante altre realtà, si possono progettare interventi per riutilizzare le cave destinandole ad altre attività di tipo sociale e produttivo, in primo luogo per ripristinare i siti naturali, con opere di “ripascimento” (come sta avvenendo in qualche caso). In merito l’università (a partire dal Polo Scientifico) può dare un contributo decisivo per rilanciare un dibattito ed un confronto su nuove idee di crescita sostenibile per il nostro territorio. Tra l’altro le cave incidono negativamente anche sui lavori del nuovo Policlinico, da anni bloccato. A Caserta, come sta avvenendo per alcuni beni comuni, è necessario riprendere un movimento di lotta, non tanto di denuncia, quanto di proposte e progetti con la mobilitazione delle principali associazioni giovanili ed ambientaliste: dal FTS Casertano a Legambiente, all’Arci e Acli, dal Forum dei Giovani a Italia Nostra, da CSA Ex Canapificio a Città Viva, dal WWF alla LIPU, da Agenda 21 ai Siti Reali, in collaborazione con le scuole e l’università, ma anche con le forze sociali e del mondo del lavoro (a partire dai sindacati).