SE FOSSI UNA DONNA DI KABUL, ORA…

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Riceviamo e pubblichiamo un pensiero di una nostra lettrice, Chiara Riccio, rivolto alle donne afganeDonneAfghane2 SE FOSSI UNA DONNA DI KABUL, ORA...

“Se fossi una donna di Kabul, ora, vedrei frantumarsi in un milione di pezzi quell’illusione alla quale la mia ingenuità aveva ceduto, cioè che la guerra fosse finita.
Se fossi una donna di Kabul, ora, metterei da parte il sogno di diventare un medico o una maestra.
Se fossi una donna di Kabul, ora, non avrei la minima possibilità di sentire la sensazione del sole o le carezze del vento sulla mia giovane pelle liscia, adesso soffocata solo dalla pesantezza di un burqa.
Se fossi una donna di Kabul, ora, avrei uno stupratore ad attendermi dietro l’angolo. E se fossi una madre di Kabul, ora, avrei il costante terrore che mia figlia mi venga strappata dalle braccia, per essere consegnata ad un destino che le avevo giurato di evitarle a costo della vita il giorno in cui l’ho partorita.
E se fossi una moglie di Kabul, ora, guarderei dalla finestra brandelli umani che volano, per un istante li confonderei con degli uccelli: subito dopo mi soffocherebbe l’angoscia che sia di mio marito quel corpo esanime.
Se fossi una donna di Kabul… Ma non lo sono.
Sono una donna italiana, indosso un bikini in spiaggia alternando un selfie ad una imprecazione contro me stessa per non aver buttato giù quei chili di troppo, e la mia pelle oggi può godere del pizzicore della salsedine.
Sono una donna italiana, posso lamentarmi del rientro al lavoro dopo le ferie, della sessione universitaria andata male.
Sono una donna italiana, bere una birra con i miei amici stasera.
Sono una donna italiana, ho letto su Facebook che in Afghanistan sta succedendo qualcosa di orribile.
Rabbrividisco, che angoscia. Ma per fortuna, io sono in Italia: chiudo Facebook, sono già troppo stressata per rattristarmi ulteriormente”.