di Mariantonietta Losanno
“Un attimo di vera beatitudine! È forse poco per riempire tutta la vita di un uomo?”, chiede Dostoevskij ne “Le notti bianche”. “Due amanti” per tre personaggi: James Gray, tra dramma dramma sentimentale e ritratto neorealista del sentimento amoroso, ci trasporta in una storia comune ma mai banale, che sembra focalizzarsi sull’Amore, ma analizza – in realtà – l’alienazione e la solitudine. La vicenda è molto semplice, anzi semplicissima. New York: Leonard è indeciso tra seguire la strada tracciata per lui dai suoi genitori e sposare Sandra, la ragazza che la sua famiglia ha scelto perché rappresenta una certezza; oppure “ribellarsi” e ascoltare i sentimenti che prova per la sua nuova vicina di casa, Michelle, di cui si è perdutamente innamorato. Verrebbe da chiedersi: tutto qui? James Gray “illude” il suo pubblico facendogli credere di trovarsi di fronte ad una favola d’amore in cui c’è l’amore “giusto” e quello “sbagliato”, covando – in realtà – aspirazioni molto più alte e profonde: una delle fonti di ispirazione del film, infatti, è il racconto di Dostoevskij (“Le notti bianche”) su un uomo che insegue un amore platonico e un’ossessione per una donna conosciuta per strada. Un’opera in cui prevalgono la nostalgia per quello che non abbiamo mai vissuto e il rimpianto per le occasioni sprecate; un racconto che si muove tra la realtà e l’immaginazione e che si domanda cosa sia la felicità e quanto costi cercarla. James Gray nasconde nel suo intreccio a dir poco minimale, dunque, le sue reali intenzioni di suggerire una riflessione filosofica sull’amore, sul desiderio e sulla disillusione. In questo modo, senza forzare nulla, riesce anche a narrare l’educazione sentimentale di un uomo profondamente solo e succube delle sue manie.
Leonard è così incapace di imporsi e di trovare una direzione nella vita da sembrare, a volte, persino “invisibile”: è emblematico, infatti, il fatto che la sua presenza non si noti neppure nel titolo. Nei “two lovers” Leonard non è incluso, eppure è da lui che si sviluppano le storie ed è lui, teoricamente, la parte “attiva”. Leonard è un uomo costretto a lottare tra il bisogno di sentirsi accettato (e, quindi, di ricevere approvazione) e la necessità di fuggire da una solitudine autodistruttiva. James Gray ci mostra come spesso l’amore sia “ingiusto” e quanto il concetto di felicità possa apparire come un’idea astratta ed irrealizzabile. Nel frattempo in cui Leonard si ostina a “decidere” quale tipo di amore ricevere, si distanzia da se stesso: prima ancora di scegliere come e chi amare, dovrebbe concentrarsi su quanto un’educazione autoritaria possa averlo influenzato. Gray analizza l’irrequietezza dell’uomo di fronte alla solitudine. La sensazione di inadeguatezza, i continui silenzi e gli sguardi persi concorrono a creare un’atmosfera cupa, sofferta e rassegnata. La macchina da presa indaga gli sguardi di solitudine – come quello di Monica Vitti in “Deserto rosso” – da cui emerge una sensazione claustrofobica ed asfissiante.
La scelta di Leonard dovrebbe essere capire se cominciare a vivere o continuare a sopravvivere. L’indecisione tra le due donne, in realtà, resta sullo sfondo; il regista “si serve” delle due donne per porre il protagonista (e lo spettatore stesso) di fronte alla realtà. Una donna rappresenta un “bozzolo” rassicurante, l’altra una passione imprevedibile. Leonard è incastrato in un meccanismo di dolore da cui pensa di poter uscire legandosi ad un’altra persona. Come ne “Gli amanti” di Magritte, i “due amanti” di Gray aspirano all’amore, restando costantemente in conflitto tra il desiderio viscerale di unione e l’impossibilità che accada. Quel velo che separa i due innamorati sia per Magritte che per James Gray esorcizza il dolore e l’angoscia. Solo che per il primo si ricollega ad un lutto e per il secondo alla solitudine. Leonard è un sognatore arreso, che “si nasconde persino alla luce del giorno” (come descriveva Dostoevskij): in un mondo dominato dall’incertezza, “Two lovers” illustra con sensibilità il peso dell’ambiente familiare ed è un esempio di cinema che “sa guardare” i moti contraddittori dell’esistenza.
“Un giorno tu ti sveglierai e vedrai una bella giornata. Ci sarà il sole, e tutto sarà nuovo, cambiato, limpido. Quello che prima ti sembrava impossibile diventerà semplice, normale. Non ci credi? Io sono sicuro. E presto. Anche domani.” (“Le notti bianche” – Dostoevskij)