– di Nicolò Antonio Cuscunà –
Non sono fruitore della città in modo continuo e diretto, la decisione di visitarla nella calura ferragostana è stata scoperta archeologica unita a infinita tristezza. Caserta, senza il caotico abitudinario traffico, le strade libere dalle asfissianti seconde e terze file di sosta selvaggia, senza auto prigioniere nelle strisce blu, riporta alla memoria, con differenze, gli anni in cui competeva con la Milano da bere. Era la città scrigno d’eleganza, faro di moda e costumi per l’intera provincia, oasi attrattiva per tranquillità e sicurezza per la vicina Napoli. Sarà stata anche provinciale per lo struscio su corso Trieste, le famose vasche da fare e rifare interminabili volte, le salette da the del bar Gorizia, del profumato caffè servito ai tavolini del bar Buffolano in piazza Dante, degli aperitivi con fornitissima pasticceria del caffè Ferrara, comunque era viva, elegante e vissuta. L’economia girava intorno alla presenza “militare”, con trattorie e pizzerie, sale cinematografiche, negozi alla moda e tanta voglia di vivere. Non si vive di ricordi né di ritorno al passato, il presente, piaccia o non, si accetta bello o brutto che sia, oppure si punta al cambiamento ricorrendo all’intelletto e non a fasulli dichiarati amori. Avendo disponibilità di tempo percorro la città che mi ha visto crescere da ragazzo a uomo pubblico; città scelta per i miei impegni pubblici e dove sono nati i miei figli e nipoti. Lungo le strade del centro mi accorgo di grandi cambiamenti, o meglio, di stravolgimenti innaturali. La scomparsa di tutti i negozi storici; abbigliamento Agovino, la galleria del centro, sale barba e capelli, negozi di ottica, orafi e dischi, tabaccherie, bar e pizzerie, con essi sono volatizzate le storiche insegne. Solo i toponimi delle strade e piazze riportano alla città che conoscevi, senza leggerli credi di trovarti altrove. Edifici sostituiti con informi colate di cemento, illuminazione fasulla come la coltre di verde non urbano. L’univocità stilistica si legge nell’abbandono in cui sono condannate le aree pubbliche. Il parco di corso Trieste, la Flora, piazza Campetti o Carlo III ridotte in aride stoppie polverose. Continuando la riscoperta della città, t’accorgi del degrado in aumenta col sudiciume. Il periplo di piazza Matteotti somiglia ad un girone infernale, degrado, abbandono e anarchia. In effetti, non cerchi Caserta del passato, cerchi la Strada Maestra, quella indicata dal capo degli Unni Attila, al secolo Carlo Marino ripropostosi distruttore della città della Reggia. Guardi, scruti e osservi ma di strada Maestra non se ne vede traccia. Al massimo si subiscono le strade basolate divelte, pericolose per le sospensioni auto e per caviglie e femori dei temerari pedoni. Di colpo ti trovi nella città dell’incremento urbano degli anni ’70/’80 (PGR – Beguinot. Monti e Sfogli). Strade ariose e larghe con spartitraffico con residui di verde, prosegui e scopri sempre degrado e sporcizia, abbandono ed incuria. Le strade della città, a scorrimento lento oppure veloce, con parcheggi o sosta sono un unicum di assenze e di vuoti di civiltà. Le strade, cornice e volto delle città, trasformate nel peggior biglietto da visita di negligenze e incapacità amministrative. Non uno spartitraffico, aiuole, slarghi, piazze, giardini, angoli o villette sono degne di tale nome. Luoghi invivibili, non frequentabili neanche da greggi ovino caprini perché ricettacolo d’immondizia e stoppie gialle e rinsecchite. Di norma questi luoghi sono provvisti d’impianti d’irrigazione, impianti non manutenuti, non funzionanti per l’assenza degli opportuni controlli degli uffici tecnici comunali. Le ditte amiche (somma urgenza e fiducia) incaricate, con determine dirigenziali, intervengono senza controlli di sicurezza e qualità ad eseguire potature, tagli e capitozzature fuori tempo e stagione. L’unica zona verde fruibile della città è in area ex Saint Gobain, area affidata per manutenzione e cura alla società che in quella zona è presente, per aver costruito in sostituzione dell’area industriale. Altro che Strada Maestra, continuo a cercarla invano. Le strade delle periferie sono ancora peggiori, le nuove asfaltate sono presentate quali gentili concessioni di solerti consiglieri. Il recupero delle periferie, quelle care a Carlo Marino (Puccianiello) ed a qualche suo fedele assessore (Santa Barbara), fanno la differenza con le restanti abbandonate. Caserta delle 23 frazioni, casali, è ridotta a periferia dove non ci sono Strade Maestre, al massimo si notano le cosiddette “isole felici dei Castrum dormitori asociali”. Vicoli abbandonati, strade dissestate e lerce, anche tracciate di fresco in sostituzione di cupe e per favorire amici costruttori. In queste abbandonate realtà, Carlo Marino & C. non potranno attendersi manifestazioni di stima elettorale. Continuando il giro per la città non trovo Strade Maestre da imboccare; né comprendo l’invito indicato dallo spot pubblicitario, con tanto di foto di Marino sorridente. Per cultura politica so per certo che la strada maestra esiste, parte da piazza Vanvitelli, precisamente dal palazzo Comunale, e s’irradia in tutta la città. Ha doppio senso di percorrenza, in uscita la percorrerà Carlo Marino, oramai ospite indesiderato in quel luogo; in entrata c’è la Democrazia Partecipata di un nuovo Consiglio Comunale. Gli inviti, ad andare via o ad entrare, li distribuiranno i casertani col voto cosciente, responsbaile e consapevole del cambiamento in meglio da dare alla città. Con Carlo Marino, vanno messi in uscita tutti i consiglieri che lo hanno sostenuto, i suoi assessori, i mestieranti della malapolitica ed i cambiacasacca. Gli unici a potere costruire la Strada Maestra della rinascita sono i casertani, il voto responsabile, gli strumenti di lavoro.
Pavido, meschino e pessimo cittadino chi insulta gli avversari col volto velato dall’anonimato. Cuscuná si puó condividere o condannare ma con lealtá e onestá intellettuale non certo con viltá e arroganza
accetto il suo pensiero, lo condivido. Resta però quanto ho scritto nella forma e nei contenuti!
Una critica che, seppur concretamente valida ed apprezzabile, è pusillanime; sì, straordinariamente ed inverecondamente marcia sia nella forma che nei contenuti e dovrebbe assumere nei toni e nelle pleoiomorfità espresse solo la plastica autocritica dell’epifenomismo correlato alla teoresi gnoseologica! In breve, è vergognosa! Continui a fare l’opinionista da spiaggia e, quando questa calura lascerà il posto all’autunno e all’inverno, vada per altri lidi e per altre vaste praterie a produrre conati emetici!
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