“THE VISIT”: L’HORROR “UMILE” DI SHYAMALAN

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di Mariantonietta Losanno 

Rebecca e Tyler non hanno mai conosciuto i loro nonni. La loro madre ha interrotto i rapporti con i genitori molti anni prima quando, contro il loro volere, sposò un uomo che non approvavano. Dopo quindici anni, i nonni hanno provato a riallacciare i rapporti spinti dal desiderio di conoscere i loro nipoti. 

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Un documentario “amatoriale” accompagna lo spettatore in un format ormai più che abusato. Se è vero che Shyamalan sa, nonostante tutto, intrattenere e suscitare inquietudine; è vero anche che “The visit” è un prodotto (fin troppo) low budget. L’atmosfera è più bizzarra che paurosa: gli avvenimenti “strani” che si susseguono sono quasi tutti prevedibili e, in certi momenti, si accenna anche un sorriso. Eppure, Shyamalan non avrebbe bisogno di utilizzare tutti i cliché del genere (l’inizio su toni allegri, il colpo di scena e lo sviluppo inquietante); l’unica novità – se così vogliamo chiamarla, perché “persino” in “Paranormal Activity” c’era una doppia telecamera – è il documentario in presa diretta girato dai protagonisti. Il regista “gioca” con le paure più “vecchie” (facendo un’esplicita citazione ad “Hansel e Gretel”), come quella del forno, del buio, dei seminterrati. Paure che tutti i bambini hanno provato e che hanno fatto parte di tutte le favole. Si potrebbe, però, provare a leggere un senso nel significato di “visita”: l’incontro con i nonni potrebbe essere, per i ragazzi, una tappa nel loro percorso di formazione, una sorta di passaggio nell’età adulta. Grazie alla “visita” i due bambini possono superare i loro traumi causati dall’abbandono del padre, affrontare le fobie e dimostrarsi capaci di superarle. Una vera e propria morale da “favoletta”. 

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“The visit” è un film che stenta a decollare, in cui gli attimi di terrore sono smorzati eccessivamente da una comicità inaspettata e dalla prevedibilità dell’epilogo. Forse, però, il pubblico dell’horror è un pubblico troppo esigente che cerca di essere sconvolto da un qualcosa di sempre più pauroso. Un desiderio sadico, che però si addice all’idea di film horror: quella tensione che non consente di staccare gli occhi dallo schermo non è solo una pretesa del pubblico, ma dovrebbe essere un elemento imprescindibile del film. In più, ci sono una serie di incongruenze narrative (come il fatto che una madre mandi i suoi figli da soli in treno a raggiungere i nonni che non hanno mai conosciuto) che, alla lunga, portano ad una “rassegnazione”. Shyamalan promette brividi ma regala appena qualche sussulto. Manca la voglia di osare e per un regista inteso come “il maestro del Male” questo sconvolge ancora di più.