– di Vincenzo D’Anna* –
Carlo Marx, che di profezie (filosofiche) ne ha azzeccate veramente poche, scrisse che la “religione era l’oppio dei popoli”. Intendeva dire che la fede in un mondo migliore, ultraterreno, condiziona gli esseri umani ad essere succubi ed accondiscendenti verso i mali sociali e le ingiustizie del mondo nel quale essi vivono. Non è andato molto lontano dal vero, ma in un altro senso, stante agli accadimenti tragici degli ultimi decenni tutto basati sulla violenza e la faziosità che ha per base la fede. Il fideismo in se stesso, rappresenta, infatti, una forma di ottusità culturale che travalicando i dettami stessi del credo religioso, pretende di applicarlo letteralmente anche nell’attualità socio politica. Una mescolanza tra sacro e profano, tra trascendente ed immanente che è, di per se stessa, blasfema, perché coniuga cose tra loro diverse e che dovrebbero, invece, rimanere nelle chiese senza entrare nei consessi politici alimentando le contrapposizioni etniche. La lettura e l’interpretazione dei dogmi e dei precetti dovrebbe rimanere in mano agli esegeti, ovvero a coloro che sanno interpretare e contestualizzare le sacre scritture. Quando, invece, si uilizza la fede per farne strumento di altri e diversi scopi, questa diventa un’arma in grado di creare odio e violenza. Su tale base religiosa prima che etnica, è stato incendiato l’intero Medio Oriente dove, uno dei conflitti più lunghi e cruenti, dopo quello arabo-israeliano, è stato il conflitto libanese, durato oltre quindici anni e che, in queste ore, sta trovando un’inaspettata recrudescenza. Il Libano era un’isola felice, un paese democratico e ricco. Vi convivevano, in pace, musulmani, cristiani maroniti e copti, uniti nella cooperazione. Allorquando quella Nazione fu “invasa” dai guerriglieri e dai profughi palestinesi dell’OLP, sostenuti dalla vicina Siria governata dal dittatore Hafiz al Assad, propugnatore della grande Siria, gli equilibri secolari furono distrutti, innescando una guerra di potere e di sopraffazione senza quartiere. Oggi, dopo un ventennio di ricostruzione, sotto l’egida dei caschi blu dell’ONU, una crisi di governo che dura da mesi ha rimesso in moto le frange più oltranziste. A cominciare da quella filo palestinese che si sente mal rappresentata dal governo Cristiano maronita. Di queste ore sono anche i sommovimenti di popolo che investono l’isola di Cuba nel corso dei quali la polizia ha selvaggiamente caricato i dimostranti, che invocavano libertà, incarcerando centinaia di cittadini scesi in piazza e finanche i bambini. Dalla morte di Fidel Castro l’isola è stata affidata in linea familiare al fratello Raul ed oggi è governata da Miguel Díaz-Canel, un fedelissimo seguace della rivoluzione socialista. Dopo il fallimento del regime di Chavez in Venezuela tocca ad uno degli ultimi santuari delle rivoluzione sociale marxista in Sud America. Come in Medio Oriente anche a Cuba prevale, da decenni la violenza fideistica, ancorché di tipo ideologico. Una circostanza che non può che portare agli stessi esiti della violenza su base etnica e religiosa. Quindi il filosofo ed economista di Treviri avrebbe dovuto aggiungere, al suo epigramma, che l’ideologia, quando è resa fede, diventa essa stessa oppio dei popoli. Su questa base anche il marxismo ha più volte postulato l’esistenza della possibilità di una società perfetta, un paradiso terreno che si è sempre rivelato un rispettabile inferno. Qualunque stato di coercizione della libertà e dei diritti naturali dei cittadini, a qualsiasi titolo e per qualsiasi motivazione, laico politica, etnica oppure religiosa, prima o poi presenta i tratti del governo tirannico, della violenza, della negazione di ogni libertà. Sono stati e sono tuttora milioni i musulmani irretiti dalla propaganda fideistica, oppure mossi dall’odio razziale e dalla religione, così come milioni furono coloro i quali credettero che fosse possibile edificare la “società perfetta”. In quest’ultimo caso, tutto socio economico e politico, le tragedie si sono consumate non solo attraverso le guerre ma anche attraverso l’epurazione dei dissidenti, la soppressione degli avversari politici, i morti per fame e per stenti causati dalla presunzione e dalla programmazione dello Stato onnipotente. Innanzi al riproporsi di queste condizioni di scontro ed alle cause di fondo che le determinano, appare evidente che gli uomini liberi non hanno saputo insegnare agli altri la morale della storia, anche attraverso la persuasione che utilizza il sostegno e la cooperazione tra i popoli. Da sinistra, ove continuano ed essere orbi dei misfatti del socialismo reale, mancando un eroe socialista da dichiarare martire del regime capitalistico, non si ode alcunché. Eppure sono sempre state mosse pesanti critiche alla teoria americana di intervento americano per “esportare la democrazia”. Non era una pessima idea, questa, se accompagnata dalla pace e dall’emancipazione socio economica dopo aver eradicato il terrorismo . Per quanto si voglia irridere il regime capitalistico, esso è di gran lunga migliore di quello dei “barbuti” di Castro e dei Muezzin che incitano la guerra santa minareti auspici i feroci ayatollah.