…LE SCELTE VANNO CONDIVISE CON LA “DEMOCRAZIA PARTECIPATIVA” ….
– di Nicolò Antonio Cuscunà –
Rispetto alla scadenza elettorale d’ottobre, di Caserta e delle Sue sorti potremmo affermare di non sapere più cosa scrivere, ciò non è vero. L’argomento si presta ad infinite sfumature d’incertezze, verità parziali, fandonie, inciuci, paccotti, doppi paccotti con sorpresa, mezze verità, bugie vere, bugie fasulle e bugie talmente vere da non sembrare menzogne. Si può scrivere tutto ed il contrario di tutto, tanto per quel che serve e per quel che oramai è ridotta la politica…Ci mancavano solo guitti, urlatori, apriscatolette, sardine, piscitielli ‘i cannucccia (arborelle), fascistelli gozzoviglianti nel PD, imbonitori di strada, giovani malamente consigliati, induritori d’acqua, assemblatori e procacciatori d’affari, di tutto e di più al punto da non potere arrivare più in basso del raggiunto.
Proviamo a fare il punto di ciò che bolle nella pentola di Caserta, per misurare i residui di credibilità, rispetto a ciò che accade, di uomini, partiti, movimenti, schieramenti e opinione pubblica. Vagliare quest’ultimo elemento, l’opinione pubblica, è importantissimo. L’opinione pubblica è destinataria delle scelte e dei risultati conseguenziali alle stesse. Dovrebbe essere l’opinione pubblica a fare le scelte a monte ed a valle, purtroppo così non è per specifiche deficienze partecipative. Di questo ne profittano i maneggioni e gli spazi lasciati liberi vengono sistematicamente occupati da mediocri e arroganti.
Nel Partito Democratico, la candidatura di Carlo Marino è apparsa da subito passivamente subita. Qualche flebile distinguo s’è dimostrato inutile e facile d’assorbire (A. Ciontoli – U.Greco). Restano, comunque, fermenti palpabili, vivi e tesi. Gli attriti interni risultano sversati all’esterno, come dimostrato dalla costituzione di liste d’area. Le origini dei distinguo dal PD, sono evidenti nelle distanze prese dell’associazionismo e dei movimenti civici progressisti. Le distanze sono generate dalla costante eradicazione, dei valori della sinistra riformista, democratica e sociale, posta in essere da Carlo Marino nei 5 anni di sua sindacatura. Elenchiamo alcuni esempi di scelte arroganti e solitarie. La localizzazione del mega Biodigestore di monnezza in zona Ponteselice, a due passi dalla Reggia, sovradimensionato, inquinante e stravolgente la vocazione turistica della città. A questa ubicazione si oppone l’intera città oltre ai 5 comuni confinanti e anch’essi amministrati dalla sinistra. Due anni d’occultamento del PUC (marzo 2018 – marzo 2021) -Piano Urbano Comunale- e l’attuale detenzione privatistico-affaristica con modifiche effettuate lontano dalla città. Il costante non ascolto della città e la rottura di rapporti con l’associazionismo e il volontariato, la mummificazione del Consiglio comunale, ridotto corpo estraneo alla città, nel sistema amministrativo di Carlo Marino (ex Forza Italia), risulta assente un organico programma di progetti a medio e lungo tempo di realizzazione. Personaggio irascibile e anaffettivo, incline alla navigazione in solitario ed a vista. Esempio ne è la non approvazione del bilancio consuntivo 2020”, per cui, la solitaria decisione di alienare (vendere) le proprietà comunali senza il doveroso ed indispensabile coinvolgimento del Consiglio Comunale “. L’analisi posta in essere all’operato Marino, effettuata dai circoli della sinistra non allineata, dagli estromessi al PD e dai “solati della prima elezione”, ha dato un chiaro responso: l’esperienza mariniana dev’essere interrotta per evitare alla città un futuro incerto e disastroso -ultima città capoluogo per invivibilità e assenza di servizi -Il Sole 24 Ore-. Osservatori politici riconoscono nel PD casertano un mondo a se, un corpo estraneo a tutte le anime presenti nel PD nazionale anche dopo le scissioni a sinistra e a centro. Il PD, in cui sopravvive Carlo Marino, non è paragonabile a nessun schieramento nazionale. Riprova sono la nutrita presenza cittadina di Italia Viva, annessa da Marino con poltrone e favori, Azione di Carlo Calenda allineata (?), il M5Stelle che non riconosce in Marino un tutore degli interessi della città. Altri elementi in discontinuità col modello PD Enrico Letta sono: “la connivenza di Marino con capizona mercenari padroni di voti e fascistelli di periferia intenti all’assemblaggio di listone e contrafforti a garanzia di stipendi e assunzioni parentali”. Sempre in discontinuità, col modello Marino & C., si posizionano i cattolici e repubblicani, con 6 liste concentrate sulla candidatura del dr. Giacomo Lupo Pulcino. Insomma, Marino a sinistra e centro, non poteva dividere di più di quanto ha prodotto. La sinistra estrema o identitaria, superati attriti e personalismi, ha lanciato un forte e unitario messaggio aggregante, raggiungendo l’unione elettorale nella candidatura a sindaco del valente avv. Romolo Vignola (al quale esprimiamo sensi di compiacimento e stima personale e di redazione). Operazione sapientemente composta da Michele Miccolo di Speranza per Caserta, alla quale ha unificato Io firmo per Caserta e il movimento P.E.R. -Le Persone e la Comunità-. Rimane isolato, mal consigliato e fuori dal coro, il giovane Raffaele Giovine preoccupato del dietrofront di Marino sul caso assegnazione sede dell’ex Onmi alle associazioni dell’ex canapificio, comunque, raschiatore del barile a sinistra.
Se a sinistra si lotta per rinnovare partecipando, nel centrodestra ufficiale si lotta per latitare e disgregare.
Presentarsi al giudizio elettorale non è semplice né da tutti. Nel XX secolo i Partiti selezionavano donne e uomini di braccia e di pensiero, questi impiegavano anni prima di salire in politica. Si apprestavano al salto di qualità, per presentarsi al giudizio politico elettorale, con timore e rispetto dovuto alla “democrazia diretta”. Quella era la democrazia sensata, partecipata e valoriale delle regole dei Partiti. Contenuti etici, filosofici, morali, religiosi, storici e umani gli elementi che muovevano partiti, uomini e programmi.
Dai candidati sindaco ad ogni costo, all’assenza di rappresentanti idonei a tale carica. Su tutti primeggia il CDX di Lega, F.d.I. e Forza Italia. A soli tre mesi dalle elezioni d’ottobre, non immaginiamo cosa sarebbe accaduto se le elezioni si fossero tenute in primavera, i partiti di Salvini, Meloni e Berlusconi sono ancora ingarbugliati in incontri nazionali, locali e di periferia. Tra Roma, Afragola e Caserta s’è perso il conto di quanti personaggi si sono cimentati nell’arte di convincersi, vicendevolmente, a sacrificarsi candidandosi a sindaco di Caserta. Sfiducia nell’esito, sfiducia tra alleati di strada, non disponibilità a trovare il capro espiatorio, indisponibilità ad abbandonare un percorso certo per l’incerto. Indisponibilità a sacrifici economici alla faccia dell’amore esternato alla città di residenza, incertezza sui futuri sviluppi dello scenario politico nazionale, non è dato intuire cosa balena nelle teste dei chiamati in causa da Salvini, Meloni e Tajani. Di certo, alcuni di questi quesiti sono alla base delle nottate insonni di proposti candidati, mancati candidati, e improponibili candidati. Eppure, c’era parso di capire che qualcuno s’apprestava a rilevare le chiavi di palazzo Castropignano dalle mani dell’uscente Carlo Marino. Evidentemente si sarà imbottigliato nel caotico traffico della città e, all’indirizzo, non è ancora pervenuto. Evidenti segnali del decadimento di certa politica personalistica priva di riferimenti etico-valoriali. In questo scenario si rafforza il dissenso propositivo del “civismo d’area”. Il civismo e Pio Del Gaudio, pur non sottraendosi a qualche incontro romano con elementi del triunvirato nazionale, prosegue per la sua strada non disdegnando il confronto con altre le realtà civiche operanti con medesimi obiettivi: il rinascimento di Caserta.
Come innanzi detto, l’opinione pubblica, i cittadini, sono i destinatari delle scelte e dei risultati conseguenziali alle stesse. I cittadini dovrebbero farsi sentire, dovrebbero liberamente esprimere il loro sentire, approvare o dissentire. Purtroppo non è così. La malapolitica è riuscita a sfiduciare l’opinione pubblica, ottenendone il disimpegno e il mancato controllo al proprio operato. Oramai è chiaro, la malapolitica avanza col disimpegno partecipativo dell’opinione pubblica. L’attuale sistema di rappresentanza elettorale non è garanzia di libertà di scelte. Partiti e movimenti sono privi di cultura di riferimento e difettano di democrazia interna. I risultati sono evidenti, le rappresentanze sono scelte dai capi, ai quali e solo a loro rispondono. I nominati sono sconosciuti e lontani dai territori di cui dovrebbero curarne gli interessi, veri corpi estranei alla democrazia orizzontale.
In questa fase storica, continuare a scegliere in base a schemi partitici superati è inconcepibile e negativo. L’Ente Comune è l’elemento più vicino alle esigenze e diritti dei cittadini, per cui la scelta del sindaco ricada in ragione delle competenze, credibilità personali e valoriali del candidato e dei consiglieri. I simboli sono mezzi d’utilizzo occasionali, usati come attrattori per creduloni e nostalgici, garantiscono solo equilibri della politica lontana dai cittadini. Partecipare e scegliere chi presenta maggiori garanzie all’esercizio di libertà, a garanzia dei propri irrinunciabili diritti. Partecipare col voto è intelligenza e determinazione, il non voto è parte strategica della “malapolitica”. L’astensione dal voto è il maggiore alleato della malapolitica. Non votando si dimostra d’essere utili idioti e ignari alleati di chi si vorrebbe combattere. Ogni uomo è responsabile delle scelte che coscientemente effettua, combattere pupari e burattini è doveroso per smettere di lamentarsi passando alla ricostruzione della politica al servizio della Res Publica.