DAL REDDITO DI CITTADINANZA AL … REDDITO DI CONIUGANZA

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–   di PepPe Røck SupPa   –                     
Viviamo tempi assurdi in cui la donna è sempre una vittima mentre l’uomo ha sempre la colpa di essere un maschio e viviamo anche in un paese in cui non ci si può fidare molto dei giudici.
Come d’altra parte siamo un paese dove diamo un reddito di cittadinanza a chi non lavora spesso superiore perfino a quello di chi davvero lavora. Eppure non tutto è perduto, perché a volte succedono cose che ti sorprendono, e ti appare perfino che una giustizia vera esista. Per esempio sentite questa: a Treviso una coppia si separa, lui guadagna 4,000€ al mese, un ottimo reddito, lei, seppur laureata in economia, niente, zero, ma ovviamente ottiene un assegno mensile di 1,100€ al mese. Quindi la donna, 37enne, dovrebbe essere serena, invece col cazzo, non le bastano affatto 1,100€ di alimenti, e chiede 1,900€ al mese, quindi la metà del reddito del marito. E qui succede l’imprevedibile, quello che non ti aspetti: il giudice non solo le nega la cifra, ma le toglie anche i 1.100€ ottenuti, con una sentenza a dir poco unica: perché è pigra, è laureata, vada a lavorare e lasci in pace suo marito. In conclusione non si è mai cercata un lavoro, e ancora come dice la sentenza, non c’è mai stato «alcun apprezzabile sacrificio della signora, durante la vita coniugale, che abbia contribuito alla formazione o all’aumento del patrimonio». 
Non facciamo altro che parlare di parità, ma la parità non può essere a senso unico. Tra l’altro i due non hanno neppure prole, quindi non si può nemmeno dire che lei fosse occupata a fare la madre, e non si è mai cercata un lavoro, insomma le bastava fare la mantenuta. Il che dovrebbe essere offensivo anche per le donne.
È un piccolo passo per un uomo, ma un grande passo per l’umanità. Insomma, non ho mai capito perché, quando due si sposano, spesso le donne ottengono assegni sproporzionati. È vero, la regola vale per entrambi i sessi, se un uomo fosse povero e la moglie ricca accadrebbe il contrario, ma diciamoci la verità, non si sente mai di uomini che percepiscano assegni dalle mogli, chissà perché. Per non parlare di quando i mariti sono molto ricchi, come nel caso del grande Silvio nazionale, che doveva versare alla Lario un milione e mezzo al mese di «alimenti» (poi anche lì un giudice annullò l’assegno). E io mi sono sempre chiesto quanto mangiasse Veronica.
Ti rispondono che devi mantenere il tenore di vita che avevi quando ti sei sposata, ma quello era il tenore di vita del marito, non il suo, perché mai dovrebbe esserti garantito lo stesso? Cosa hai sposato, un uomo o un patrimonio?
Comunque, riguardo alla coppia di Treviso, prima che pensiate male, prima che si innalzino le barricate femministe contro la povera donna privata del suo reddito, prima delle lagne sceme del «noi donne», prima che mi diate anche del solito uomo maschio maschilista, mi sono dimenticato di dirvi una cosetta: il giudice era una donna. Viva le donne.