MADDALONI, OSPEDALE COVID: CAMPOLATTANO SI RIVOLGE AL DIRETTORE ASL FERDINANDO RUSSO

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MADDALONI – «Dal primo giugno – ha dichiarato il consigliere provinciale e consigliere comunale di Maddaloni Angelo Campolattano – sarebbe dovuta partire la riconversione parziale dei posti letto dell’ospedale Covid di Maddaloni con il ripristino di alcuni reparti alla luce della riduzione del numero dei positivi e dell’incremento della campagna vaccinale. A partire, da quella data sarebbero dovuti essere attivi dieci posti letto di riabilitazione respiratoria e dieci posti letto tra day hospital e Pacc. Va detto che la direzione generale dell’Asl ha ridotto, visto l’alleggerimento della pressione del virus, il numero dei posti letto Covid da 70 a 40 dei quali solo 25 sono occupati attualmente. La riconversione dei posti letto Covid con il ritorno parziale all’attività ordinaria dell’ospedale rappresenta un punto focale per garantire presente e futuro alla nostra struttura ospedaliera e per salvaguardare i livelli occupazionali dei tanti lavoratori “stabilmente precari” che lavorano al suo interno. Risulta invece che, proprio alla vigilia del ripristino dei venti posti letto, la direzione dell’ospedale abbia posto una pregiudiziale su tale operazione rispetto alla coabitazione dei pazienti Covid con quelli ordinari. In tal senso la normativa è estremamente chiara, nel senso che, qualora le strutture garantiscano percorsi separati tra pazienti Covid e pazienti ordinari è possibile la loro coabitazione. Tenuto conto che tale condizione sussiste nell’ospedale di Maddaloni, non ci sono problemi affinché si possa procedere all’apertura di tali reparti. Chiediamo pertanto al direttore generale dell’Asl dott. Ferdinando Russo se rispetto alla decisione di riconvertire i venti posti letto siano intervenuti fattori ostativi a tale operazione e se si quali. L’ospedale di Maddaloni, non è mai superfluo ripeterlo, è una struttura strategica per un territorio ampio di oltre centomila abitanti che si spinge nel beneventano e nell’area nolana. Dopo il sacrificio fatto in un momento storico terribile, è giusto restituirlo a queste comunità nel pieno delle sue funzioni. Per farlo è necessario che il travaso avvenga in maniera graduale, man mano che l’emergenza Covid si affievolisce fino a sparire. Questo lo dobbiamo ad una comunità che ha fatto dei sacrifici e ai lavoratori delle cooperative che da decenni garantiscono assistenza agli ammalati, ma che incredibilmente, mantengono lo status di precari. Le dimissioni, auspicabili, di tutti i pazienti Covid in caso di mancata apertura di nuovi reparti per loro vorrebbe dire finire in mezzo ad una strada».