– di Nicolò Antonio Cuscunà –
Nell’attesa che un nuovo vertice nazionale del CDX scelga i candidati a sindaco delle grandi città, i medi e bassi vertici di periferia gozzovigliano, sonnecchiano fingendo attivismo manicheo. L’avere trovato la quadra su Damilano per Torino e Maresca per Napoli non li scarica di responsabilità rispetto al futuro da prospettare e garantire agli abitanti non solo di Roma ma di Milano, Bologna, Salerno, Caserta e decine di grandi e piccoli comuni d’Italia. L’opinione pubblica, ancorché distratta dalla pandemia, crisi economica e sociale, non glissa sui problemi più immediatamente vicini al proprio vivere e dai quali dipende il proprio futuro. Dal governo delle città dipende in primis la “serena qualità della vita di ognuno”, qualità sempre più richiesta, desiderata e attesa. Sono sufficienti queste banali riflessioni per interrogare vertici apicali e periferici dei partiti, e nella fattispecie del CDX, sul perché ritardi e omertosi silenzi rispetto alla scelta di chi sarà indicato alla candidatura per amministrare la città.
Colpevoli ritardi.
Dall’ultimo incontro romano tra Lega, F.d.I., F.I., Udc, Cambiamo, Noi con l’Italia e Rinascimento Sgarbi, sembra abbiano concordato sull’indicazione di candidature civiche, del mondo del lavoro, professioni e associazionismo. Scelta di ripiego o strategica? Perché un politico non può amministrare la città? Queste domande sono doverose e spontanee da porre ai leader nazionali e ai capetti di periferia. Dalla lettura dei fatti, da Roma a Caserta, passando per Cefalù e Vattalapesca in provincia di cane che fugge, nei partiti e movimenti c’è crisi d’identità e di classe dirigente. La crisi dei partiti, non più formativi e selettivi, ha generato vuoti di rappresentanza di qualità e credibilità. Per cui, nella consapevolezza dei propri errori, Salvini, Meloni, Tajani o Sgarbi dovranno farsi carico di scelte oculate e non sbagliare. I cittadini di Roma o Caserta, disperati dai disastri Raggi -M5S- e Marino -PD-, non perdonerebbero errori, dei quali vendicarsi nelle elezioni politiche.
Nello specifico della città vanvitelliana Caserta, il CDX ha solo l’imbarazzo della scelta in controtendenza ai casi nazionali. La classe dirigente locale di F.I., Lega e Fratelli patrioti ha tra le proprie fila fiori di valenti politici-amministratori. Per i gravosi impegni europei l’on. Valentino Grant potrebbe cedere il posto al pluriesperto – figlio d’arte – consigliere regionale avv. Giampiero Zinzi. Il quale, per amore cui sappiamo essere legato alla città capoluogo, crediamo non disdegnerebbe lasciare il comodo posto in regione per sacrificarsi sulla sedia scomodo e difficile di sindaco dopo Carlo Marino. Fratelli d’Italia addirittura ha solo l’imbarazzo della scelta, infatti, potrebbe con facilità candidare tre pezzi da novanta: l’amministratore di lungocorso, funzionario ministeriale, dirigente provinciale del partito avv. Marco Cerreto, oltre al già sindaco di Santa Maria a Vico dr. on. regionale Alfonso Piscitelli, non ultima per elevato profilo politico e dirigenziale, la senatrice Giovanna Petrenga, senza tralasciare il già sindaco di Castel Morrone, ex assessore comunale di Caserta e provinciale, nonché valente medico dr. Pietro Riello. Il parterre è di elevatissimo profilo politico-amministrativo, non si comprendono i ritardi, i tentennamenti a palesare i propri intendimenti. Sicuramente pesa, sul dichiarare la propria disponibilità, il non facile mestiere di sindaco, per di più in una città resa invivibile dal sindaco uscente (PD) Carlo Marino. Molto più semplice, sicuro e remunerativo è svolgere i carichi di lavoro lavorando a palazzo Santa Lucia, a palazzo Madama o a Bruxelles, che risolvere i problemi quotidiani di una città ridotta ai minimi di vivibilità come lo è Caserta.
Non vorremmo entrare nel merito, di fatto, i politici nazionali e locali non possono chiedere cimenti ardui o impossibili a personalità del civismo, o camuffati tali, rinunciando a doverosi sacrifici. La vita è fatta di gioie e dolori, non è possibile percorrere strade senza correre il rischio d’inciampare in una buca (asfissianti e pericolose per le strade di Caserta), non si raccolgono rose senza il rischio di pungersi le dita.
Ripiegare sul civismo è ammettere debolezza ed inconsistenza, oltre al rischio di venire sconfitti. I casertani non perdonerebbero la condanna ad altri 5 anni di nulla e arrogante despotismo mariniano.