– di Ursula Franco* –
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Massimo Giuseppe Bossetti, all’indomani della sentenza della Corte Suprema che ha confermato la condanna all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio, ha inviato la seguente missiva al giornalista Enrico Fedocci:Bossetti è stato accusato di aver ucciso Yara Gambirasio ed è stato condannato in via definitiva per il suo omicidio.
In questa lettera non ha negato in modo credibile di aver ucciso la giovane Yara e, quando ha scritto “un innocente condannato al carcere a vita senza MAI potersi difendere”, ha fatto riferimento non a sé ma ad un anonimo “innocente condannato”. Bossetti non è stato capace di scrivere “io sono innocente e sono stato condannato al carcere a vita senza essermi potuto difendere”, ha invece sperato nell’interpretazione delle sue parole da parte dell’interlocutore.
Anche l’affermazione “Questa non è una cosa da paese civile” è riferita all’anonimo “innocente condannato al carcere a vita senza MAI potersi difendere”.
“Io sono INNOCENTE e lo griderò finché avrò voce” non è una negazione credibile.
Dirsi innocenti non equivale a negare di aver commesso un omicidio. È un modo di negare il risultato giudiziario non l’azione omicidiaria.
Bossetti, come molti colpevoli, è capace di dire “Io sono INNOCENTE” ma non è mai stato capace di negare di aver commesso l’omicidio né durante gli interrogatori né durante le udienze del processo a suo carico né durante i colloqui in carcere con i familiari.
Bossetti non ha mai detto “Io non ho ucciso Yara, sto dicendo la verità” le 9 parole che ci saremmo aspettati che un soggetto innocente de facto accusato di aver commesso l’omicidio della Gambirasio avrebbe detto a chi indagava, ai propri familiari, ai giornalisti e ai propri avvocati.
In casi come questo, gli analisti americani dicono: “If someone is unable or unwilling to say that he didn’t do it, we are not permitted to say so for him” (Se qualcuno è incapace o non vuole dire di non averlo fatto, noi non abbiamo il permesso di farlo per lui).
Relativamente alla grafia, si noti l’enfasi sulle parole “MAI”, “INNOCENTE” e “INNOCENZA!!”, Bossetti non solo scrive le tre parole in stampatello ma sottolinea “MAI” e “INNOCENZA” e aggiunge in finale due punti esclamativi.
L’enfasi segnala un bisogno di persuadere che gli innocenti non hanno.
Bossetti ha ancora una volta mostrato di non potersi avvalersi della protezione del cosiddetto “muro della verità” che è una potente ed impenetrabile barriera psicologica che posseggono coloro che dicono il vero e che gli permette di non far ricorso all’enfasi e di limitarsi a scrivere/pronunciare poche parole, quelle giuste.
Se un soggetto accusato di aver ucciso Mario Rossi afferma, senza aggiungere altro, “Io non ho ucciso Mario Rossi”, è molto probabile che non abbia commesso l’omicidio. Se poi la stessa persona, riferendosi alla sua negazione, aggiunge, “Sto dicendo la verità”, in accordo con le statistiche, nel 99.9% dei casi è un innocente de facto, ovvero non ha commesso il delitto. Aggiungo che non è inusuale che a distanza di anni dai fatti un omicida sia capace di negare. Esiste un modo per capire se il Cherubini sta dicendo la verità o sta falsificando. Uno dei principi fondanti della Statement Analysis suona così: “No man can lie twice” ovvero “Nessuno può mentire due volte”, nel senso che nessuno è capace di riferirsi ad una propria bugia dicendo che è la verità.
Sulla base di questo principio, ad un soggetto che nega, se non è stato lui a riferirsi spontaneamente alle proprie parole con “sto dicendo la verità”, chiediamo: “Perché dovrei crederle?”
Solo un “innocente de facto” è infatti capace di rispondere: “Perché sto dicendo la verità”.
Chi falsifica invece fornisce generalmente risposte del tipo: “Perché non dico bugie”, “Non ti mentirei” etc.
Si noti che Bossetti scrive “MAI smetterò di lottare (…)”. Chiediamoci il perché Bossetti ritenga la sua una lotta senza fine.
In conclusione, Bossetti non è stato capace di negare di aver ucciso la povera Yara Gambirasio neanche in questa missiva e ha sperato che le sue parole fossero interpretate come una negazione dell’azione omicidiaria dal giornalista e dai suoi sostenitori.
Già nel febbraio 2015 Bossetti aveva spedito una lettera alla redazione di Tgcom24/News Mediaset:Bossetti, invece di far ricorso a 9 parole “Io non ho ucciso Yara, questa è la verità” che non avrebbero lasciato spazio al dubbio, ha scelto di scriverne 74 per convincere i suoi interlocutori di qualcosa che è incapace di negare.
All’epoca di questa missiva Bossetti era accusato di aver ucciso Yara non di aver fatto male a qualcuno.
“Non hò mai fatto male a nessuno” è una affermazione di intento manipolatorio, non fa infatti riferimento né all’evento specifico né alla vittima, non è pertanto una negazione credibile, è anzi una formula spesso usata da chi ha commesso l’omicidio del quale è accusato.
“Vi prego di credermi” è una formula diffusa tra i bugiardi abituali.
Celeste Saieva, condannata all’ergastolo per l’omicidio del marito Michele Cangialosi, nel corso di un’intervista ha detto a Franca Leosini: “(…) ma non è così e credimi, me ne sbatto di chi crede e di chi non ci crede ma non ho mai neanche minimamente pensato di fargli del male (…)”, si notino. le similitudini.
Perché scrivere “ho sempre vissuto amando mia moglie e i miei figli”? Chi sente il bisogno di rappresentarsi come un “bravo ragazzo”? Sente il bisogno di rappresentarsi come un “bravo ragazzo” chi è consapevole di avere la necessità di una riabilitazione.
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* Medico chirurgo e criminologo, allieva di Peter Hyatt, uno dei massimi esperti mondiali di Statement Analysis (tecnica di analisi di interviste ed interrogatori), si occupa soprattutto di morti accidentali e suicidi scambiati per omicidi e di errori giudiziari. Recentemente entrata nel Forensic Team della COLD CASE FOUNDATION, una Fondazione Americana che si occupa di casi irrisolti, Executive Director: FBI Profiler Gregory M. Cooper