– di Ursula Franco* –
Il 23 ottobre 2014, circa 4 mesi dopo il suo arresto, Bossetti è stato intercettato in carcere
Marita Comi: Massi, come mai ti ricordi che quella sera avevi il cellulare scarico, ma non ricordi cosa hai fatto o dove sei stato? Massi, hai capito? Riesci a girare lì a Brembate per tre quarti d’ora… è tanto! Capito? Non puoi girare lì tre quarti d’ora così… a meno che non aspettavi qualcuno. Ci ho pensato, Massi… eri lì quella sera, non mi ricordo all’ora che sei venuto a casa, non mi ricordo neanche cosa hai fatto… perché all’inizio eravamo arrabbiati, comunque non te l’ho chiesto, mi è uscito dopo, non mi hai mai detto cosa hai fatto. Non me l’hai mai detto.
Le domande e le affermazioni di Marita permetterebbero a Massimo Giuseppe Bosseti di negare.
Una negazione credibile è composta da tre componenti:
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- il pronome personale “io”;
- l’avverbio di negazione “non” e il verbo al passato “ho”, “non ho”;
- l’accusa “ucciso tizio”.
La frase “io non ho ucciso Yara (o Yara Gambirasio)”, seguita dalla frase “ho detto la verità” o “sto dicendo la verità” riferita a “io non ho ucciso Yara (o Yara Gambirasio)”, è una negazione credibile. Anche “io non ho ucciso Yara (o Yara Gambirasio), ho detto la verità, sono innocente” è da considerarsi una negazione credibile. Una negazione è credibile non solo quando è composta da queste tre componenti ma anche quando è spontanea, ovvero non è pronunciata ripetendo a pappagallo le parole dell’interlocutore.
Massimo Giuseppe Bossetti: L’ho sempre detto anche al PM. Diamo il caso che sia stato io, come voi dite, come avrei potuto fare a fermarmi davanti alla palestra o per casa sua?
Massimo Bossetti non nega di aver ucciso Yara Gambirasio, anzi, quando dice “Diamo il caso che sia stato io” è lui ad aprire alla possibilità di averla uccisa. Da un innocente de facto non solo ci aspettiamo che neghi ma non ci aspettiamo che discuta della possibilità di essere l’autore del reato a lui contestato.
Nel 2007, nel corso di un’intervista, Paolo Stroppiana, che è stato processato per l’omicidio della logopedista torinese Marina Di Modica e condannato, ha detto: “So bene quale domanda le passa per la testa. Ma se davvero avessi ammazzato Marina, non verrei certo a raccontarlo a lei, non crede?”.
Marita Comi: L’hai convinta a salire, dicono.
Massimo Giuseppe Bossetti: Come se la conoscevo, a sto’ punto. Poi un’altra cosa, una ragazza si divincola, giusto?
La risposta è evasiva. Bossetti non nega in modo credibile di aver convinto Yara a salire sul suo furgone ma cerca di convincere sua moglie che la Procura si sbaglia snocciolando due argomenti diversi.
Massimo Giuseppe Bossetti: Guarda, per me, Marita.
Marita Comi: E perché slacciate?
Massimo Giuseppe Bossetti: Anche se dovrebbe essere stato io a rincorrerla in un campo, diciamo che, in quel periodo lì, pioveva o nevicava, ti ricordi?
È ancora una volta Bossetti ad aprire alla possibilità di essere l’autore dell’omicidio della giovane Yara.
Marita Comi: Quella sera lì no, però.
Massimo Giuseppe Bossetti: Eh, però il campo era bagnato, la terra impalciata e tutto. Se tu corri in un campo èè… è facile che le scarpe si… si perdano.
A 4 anni dai fatti, Bossetti mostra di sapere in quali condizioni fosse il campo di Chignolo d’Isola il 26 novembre 2010, giorno dell’omicidio di Yara Gambirasio. La sua risposta è incriminante, Bossetti è a conoscenza delle condizioni del campo la sera dell’omicidio di Yara perché è stato lui ad ucciderla.
Marita Comi: Ho capito, però dopo tre mesi.
Massimo Giuseppe Bossetti: Eh, non lo so, è un casino, io voglio uscire da qua e nessuno qua mi crede. È venuto giù in cella a chiedermi così. So’ stanco, Marita, so’ stanco, Marita. Tutte le domande che fanno. Nessuno che vuole credermi, niente, continuano a dire che nascondo qualcuno, nascondo che ho agito con qualcuno, nascondo, non so più cosa fare.
Si noti che Bossetti è incapace di negare in modo credibile di aver ucciso la Gambirasio e di dire che si stanno sbagliando su di lui. Fa invece leva sul fatto che ci sia qualcuno che sostiene che abbia agito con la complicità di un altro soggetto.
Intercettazioni del 20 novembre 2015
Marita Comi: Eri via quella sera, non mi ricordo a che ora sei venuto, non mi ricordo che cosa hai fatto e non te l’ho chiesto subito quella sera perché eravamo arrabbiati.
Massimo Giuseppe Bossetti: “Usciamo sempre a fare la spesa insieme”, ho detto io.
Bossetti, invece di rispondere, dice a Marita di aver riferito agli inquirenti della loro routine. Riferire di un’abitudine è un classico di chi desidera evitare di raccontare i fatti relativi al giorno sul quale viene sentito.
Marita Comi: La spesa? Ma comunque siamo sempre a casa, alla sera siamo a casa. Guarda che loro mi hanno chiesto un’ora, l’ora, non mi ricordo Massi, non posso dirgli un’ora che non mi ricordo, non capisci? È per quello che non mi sento di dire bugie, Massi, devo dire solo la verità, no? La dico io e la devi dire anche tu, hai capito? Basta.
Intercettazioni del 4 dicembre 2015
Marita Comi: Quella sera lì ti ricordi cos’hai fatto?
Massimo Giuseppe Bossetti: Secondo te mi ricordo?
Bossetti, per evitare di rispondere, pone a Marita con una domanda.
Marita Comi: Io mi ricordo che quei giorni eravamo arrabbiati.
Massimo Giuseppe Bossetti: Ah, non mi parlavi.
Massimo Giuseppe Bossetti, probabilmente per lunghi anni, ha tratto piacere dal fantasticare il controllo, le sevizie e l’omicidio di una adolescente. Nei giorni che hanno preceduto l’omicidio di Yara, Bossetti stava vivendo un momento difficile con la moglie, lo testimoniano l’assenza di telefonate e di messaggi tra di loro dal 21 al 28 novembre, giorni a cavallo del 26 novembre 2010, il giorno in cui uccise la giovane Yara. Con tutta probabilità, proprio la tensione che si era creata tra i due coniugi e le difficoltà incontrate sul lavoro di cui l’uomo ha parlato durante un interrogatorio: “eh quando sono nervoso, guardi è il lavoro che a me mi porta fuori, sono legato al cento per cento col lavoro, poi ero dietro a fare i preventivi così che non mi hanno dato l’ok e la crisi che c’è oggi”, hanno avuto funzione di trigger e hanno condotto Bossetti all’act out.
Marita Comi: Questo me lo ricordo! Non gliel’ho detto.
Massimo Giuseppe Bossetti: Sono sicuro che il telefono era scarico… ho cercato di accenderlo quando ho visto Massi che girava intorno all’edicola.
Marita Comi: Ti ricordi che eri li! Vedi? Come fai a ricordarti che è quel giorno lì che hai salutato Massi? Vuol dire che ti ricordi quel giorno lì di novembre. Non mi hai mai detto che cosa hai fatto quella sera! Quel giorno, quella sera. Io non mi ricordo a che ora sei venuto a casa, non mi ricordo.
Intercettazioni del 16 ottobre 2014
Marita Comi: I Gambirasio non li ho più visti, neanche alla festa. Non gliel’ho detto io… hai capito? Io non li ho mai visti.
Massimo Giuseppe Bossetti: Li hai visti al mercato, te.
Marita Comi: Sì, ma non li ho mai visti, capito? So che siamo entrati una volta al cimitero, quello gliel’ho detto, che siamo passati dentro così.
Massimo Giuseppe Bossetti: Non li abbiamo visti.
Marita Comi: No, al cimitero, passati dentro dritti per uscire dell’altra strada, ti ricordi? Carnevale.
Massimo Giuseppe Bossetti: Abbiamo cercato la tomba di Yara ma non l’abbiamo trovata, ricordi?
Marita Comi: Siamo passati di lì, abbiamo guardato così, non c’è, poi siamo usciti subito. Non è che siamo andati in giro a cercarla, eh.
Questa conversazione intercorsa tra i due coniugi prova che iI signor Gino Crepaldi, che ha raccontato di aver visto Massimo Giuseppe Bossetti al cimitero di Brembate nel settembre 2013, è credibile.
Alcuni serial killer, per rinnovare le proprie fantasie, si recano sulla tomba delle loro vittime. Luigi Chiatti, il cosiddetto “mostro di Foligno”, rubò la fotografia dalla tomba del piccolo Simone Allegretti, un bambino di quattro anni che aveva ucciso a coltellate, e quella foto gli inquirenti la ritrovarono in un sacchetto contenente gli abiti macchiati dal sangue della sua seconda vittima, il tredicenne Lorenzo Paolucci.
Bossetti si recò al cimitero dove è sepolta Yara e tornò infinite volte sulla scena del crimine prima del ritrovamento dei resti della ragazzina. Si recò in quel campo di Chignolo D’Isola anche il giorno stesso della scoperta del cadavere, e non per “volontà di verificare le condizioni del cadavere”, come ipotizzato dagli inquirenti, ma per alimentare le proprie fantasie e rivivere l’omicidio.
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* Medico chirurgo e criminologo, allieva di Peter Hyatt, uno dei massimi esperti mondiali di Statement Analysis (tecnica di analisi di interviste ed interrogatori), si occupa soprattutto di morti accidentali e suicidi scambiati per omicidi e di errori giudiziari. Recentemente entrata nel Forensic Team della COLD CASE FOUNDATION, una Fondazione Americana che si occupa di casi irrisolti, Executive Director: FBI Profiler Gregory M. Cooper
Il processo a Bossetti è il più grave errore giudiziario degli ultimi anni. In merito ai colloqui analizzati, la pseudocriminologa ha dimenticato il fattore più importante e cioè che la moglie di Bossetti era in accordo con gli investigatori per tentare di far confessare il marito. La Comi era stata convinta in tal senso dagli investigatori perchè allettata dalla prospettiva di una pena più mite per il marito in caso di confessione. Ma il marito, essendo completamente estraneo alla vicenda, cosa avrebbe mai potuto confessare?
L’unico elemente certo sono le fantasie degli psicologhi ed altro….di certo manca tutto…copreso il DNA. perchè il diritto della difesa chiesto è stato negato ….viva l’Italia e i suoi giustizialiti io sono garantista!!!
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